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Auto elettrica, Biden preme l’acceleratore mentre l’Italia procede a marcia indietro

Mentre negli Usa si punta al 67% di auto elettriche nel 2032, l’Italia starebbe pensando di dare più incentivi all’auto termica e meno all’elettrica

Auto elettrica, Biden preme l’acceleratore mentre l’Italia procede a marcia indietro

Nella corsa all’elettrico, Europa e Usa mettono il turbo mentre l’Italia fa marcia indietro. Dopo l’Ue con il via libera al bando ai veicoli a benzina e diesel dal 2035, l’Environmental Protection Agency, l’agenzia federale per la protezione ambientale, ha presentato una serie di restrizioni per ridurre le emissioni inquinanti delle auto: entro il 2032 dovrà essere elettrico il 67% delle nuove auto passeggeri, il 46% degli autocarri di media portata, il 25% di quelli pesanti e il 50% dei bus. E cosa fa l’Italia? Fatica a tenere il passo. Eppure il 2035 non è poi così lontano. E più che a dare spinta al mercato dell’elettrico, il Governo italiano starebbe pensando a un restyling dell’Ecobunus (incentivi veicoli non inquinanti) dato che i fondi stanziati per incentivare il passaggio da motore endotermico ad auto elettrica (o ibrida) sono rimasti in buona parte inutilizzati e l’idea sarebbe di convogliarli sui motori endotermici a bassa emissione.

Due fattori spingono la mobilità elettrica americana

Gli obiettivi sono molto ambiziosi in un Paese in cui la diffusione delle auto elettriche è ancora molto ridotta: nel 2022 i Bev rappresentavano solo il 5,8% del mercato automobilistico americano. Per incoraggiare il passaggio all’elettrico, il l’amministrazione di Joe Biden ha distribuito incentivi per gli acquirenti di auto green. Grazie all’Inflation Reduction Act (Ira) – il piano di sussidi verdi da 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Biden per l’industria e la tecnologia pulita – i cittadini americani che acquistano un nuovo veicolo elettrico possono beneficiare di uno sconto fino a 7.500 dollari. Ma a spingere la mobilità elettrica americana anche la politica taglia-prezzi di Elon Musk su tutti i modelli di Tesla. La casa automobilistica del miliardario rappresenta infatti la fetta più grande della torta elettrica a stelle e strisce.

Se saranno approvate l’anno prossimo, come previsto, saranno le norme più aggressive nella storia dell’industria automobilistica americana e consentiranno al presidente di rivestire il ruolo del paladino della lotta all’inquinamento agli occhi, soprattutto, dei giovani elettori.

Preoccupazioni sulle nuove regole di Biden

L’annunciata stretta però ha suscitato il plauso degli ambientalisti e i timori del settore (fatta eccezione per il pioniere dell’elettrico Elon Musk). Nonostante i forti investimenti nei veicoli elettrici, si teme che la transizione prevista vada troppo in fretta e possa causare una perdita di profitti e posti di lavoro. Altri timori riguardano ovviamente la domanda per un tipo di auto più costosa, per la fornitura delle batterie e la velocità con cui si possa realizzare una rete capillare di punti di ricarica.

La situazione in Europa

Allargando lo sguardo all’Unione Europea, la diffusione di auto ibride o a batteria varia molto sul Continente. Nell’ultimo trimestre del 2022, il mercato europeo delle auto elettriche ha segnato complessivamente un +31,6%. A trainare la crescita è soprattutto la Germania con 198mila nuove immatricolazioni (+66,1%). Francia e Gran Bretagna non sono molto staccate da Berlino. E anche la Norvegia a Svezia, la Svizzera, l’Olanda e la Finlandia hanno registrato percentuali significative per le immatricolazioni di motori green. Meglio di noi fa anche la Spagna, paese dietro sia per tradizione automobilistica che per potenza economica. Il risultato? Abbiamo uno dei parchi circolanti più grandi e vecchi d’Europa e le vendite di auto elettriche rimangono al palo.

Perché l’elettrico non esplode anche in Italia?

In primo luogo, gli incentivi introdotti dai governi per favorire la sostituzione dei motori a benzina e diesel. Le auto elettriche sono ancora troppo costose per la classe media. Nel 2023 l’incentivo è di soli 4 .000 euro se sfruttiamo la rottamazione o se non si ha una vecchia auto di 2.000 euro. Una soglia piuttosto bassa se pensiamo alla media delle auto elettriche, notoriamente piuttosto care. E a tutto questo bisogna aggiungere una crisi economica acuita dall’elevato livello dell’inflazione, che sta intaccando non poco il potere d’acquisto delle famiglie italiane.

Ciliegina sulla torta la presenza di una rete capillare di punti di ricarica, che ancora limitano il raggio d’azione dell’auto elettrica: il numero di colonnine di ricarica è ancora troppo basso soprattutto nelle zone periferiche e sulle Isole.

Ecobonus: gli incentivi che disincentivano

Il ministro per le Imprese e il made in Italy Adolfo Urso ha avanzato l’ipotesi di una possibile rimodulazione degli incentivi attualmente disponibili per l’acquisto di auto a basse emissioni. Urso ha sottolineato come “la risposta del mercato ai contributi sia stata eterogenea, con gli incentivi destinati alle auto con motore endotermico utilizzati in breve tempo, mentre quelli per l’elettrico puro non hanno avuto un buon riscontro: nel 2022 sono rimaste inutilizzate risorse per 127 milioni di euro”. Anche per quanto riguarda il 2023, “i 150 milioni destinati all’acquisto di vetture endotermiche con emissioni tra 61 e 135 g/km di CO2 sono terminati in poche settimane, mentre dei 425 milioni complessivamente stanziati per le auto elettriche e ibride sono stati a oggi utilizzati soltanto 33 milioni, pari a meno dell’8%”, ha proseguito il ministro.

Alla luce di questi risultati, per Urso “si pone ora la necessità di predisporre una rimodulazione degli incentivi per utilizzarli al meglio anche al fine di svecchiare il parco circolante che è altamente inquinante”.

Ciò che però non sappiamo è se l’eventuale rimodulazione dell’Ecobonus entrerebbe in vigore già nel 2023 oppure nei prossimi anni. L’unica certezza è che mentre tutti corrono sull’elettrico l’Italia fa un passo in avanti e cinque indietro. Viene, dunque, da chiedersi se saremmo pronti a fare il grando salto entro il 2035. Ma la risposta del Ministro delle Imprese e del Made in Italy non è delle più incoraggianti.

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