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Allergie e intolleranze: attenzione ai pericoli dei tanti falsi test

Si sta diffondendo sempre più la credenza che le intolleranze facciano ingrassare. Il nutrizionista dell’Università di Pisa mette in guardia dall’abuso de tanti test in corcolazione che rischiano di far elimare dalla dieta alimenti che possano portare a deficit.

Allergie e intolleranze: attenzione ai pericoli dei tanti falsi test

Negli anni sempre più persone si sono convinte di essere allergiche o intolleranti ad alcuni alimenti solo perché accusano «gonfiore addominale o scarsa digeribilità». Tutto ciò potrebbe tranquillamente essere attribuito a un regime alimentare scorretto.

E’ anche vero però che il consumatore medio deve fare i conti con riviste non di settore (anche se a volte anche le riviste di settore si affidano a personaggi discutibili) acquistabili a pochi euro, che cavalcano la convinzione che le intolleranze, non meglio specificate, possano fare ingrassare.

In realtà essendo l’intolleranza un disturbo non immunomediato che prevede la non assimilazione di alcuni nutrienti, non può tradursi in una causa di aumento di peso. In altre parole, le reazioni alle intolleranze non subiscono quel processo di aggressione da parte del nostro sistema immunitario come succede, invece, per le allergie.

Le maggiori società scientifiche del settore nutrizionale (ADI, ANDID, FNOMCeO, SID, SINU, SIO, SIAAIC, AAGO, SIAIP, SINUPE, AMD, AAIITO) hanno anche redatto un decalogo per gestire le intolleranze alimentari, scaricabile dal sito del Ministero della Salute dove, come specificato nella prima informazione, si legge che «le intolleranze non sono responsabili di sovrappeso o obesità».

Chi controbatte, affermando «ho eliminato pane, pasta, vino, bevande zuccherate» non deve stupirsi più di tanto, essendo questi gli alimenti che consumiamo maggiormente all’interno della giornata e di cui spesso e volentieri abusiamo. Dobbiamo anche essere onesti con noi stessi affermando che la condizione in cui ci troviamo non sia necessariamente un fattore interno, come una intolleranza, ma un qualcosa di esterno, come un regime alimentare sconclusionato, anche se è preferibile poiché non prevalgono eventuali sensi di colpa.

E’ perfettamente umano appligliarsi a dei test che finalmente possono trovare la fonte del nostro disagio, soprattutto dopo essere passati da medici e gastroenterologi che non sono riusciti a trovare una causa, scansionando decine e decine di alimenti in una volta sola, a volte con un po’ di saliva, o con un test di un capello, o addirittura sul sangue. Purtroppo questi test vengono pubblicizzati anche nelle farmacie, e mai verrebbe da pensare che nelle farmacie si possano fare test inutili, eppure è proprio così.

Come si legge nel documento di FNOMCeO (Ordine dei Medici e degli Odontoiatri) “Allergie e intolleranze alimentari”, «i test in vitro di rapida esecuzione rappresentano un mercato in continua espansione e vengono offerti al pubblico sotto nomi diversi e molto accattivanti, sia nelle farmacie sia nei laboratori privati o a volte anche convenzionati […] il prezzo varia da 70 fino a 200 euro […] il fatto di essere un esame “sul sangue” genera nell’utente la convinzione di aver effettuato un esame diagnostico di alta affidabilità e riproducibilità.». Alcuni di questi test non validati che possiamo trovare sono: il vega-test, test citotossico, test kinesiologico, dosaggio delle IGg4, test del capello e tanti altri».

Un qualsiasi test per dimostrarsi valido deve essere affidabile, ovvero dare sempre la stessa risposta analizzando tre campioni della stessa persona, poiché sennò sarebbero solamente dei valori a caso (alcuni dei test citati non riescono a riprodurre nemmeno lo stesso risultato sul solito campione), e avere una validità clinica.

Ad oggi, purtroppo, non esistono test in grado di fare uno screening di massa per diagnosticare le intolleranze alimentari. Le persone accusano disagi e non ne capiscono il motivo: sono un gruppo di persone in costante crescita e molto vulnerabile. Gli operatori della salute, farmacisti compresi, non dovrebbero incoraggiare l’uso di questi test senza alcuna validità scientifica, che oltre a costare parecchi soldi, rischiano di far eliminare alimenti che potrebbero portare a deficit e carenze facilmente evitabili e inutili.

Quindi? Queste intolleranze esistono? Si può dire di essere intolleranti al lievito o all’olio di oliva? Decisamente no. Le intolleranze conosciute sono poche, ma è comunque possibile avere delle reazioni avverse specifiche per alcune persone. Il pomodoro è possibile che scateni delle reazioni simili alle intolleranze, ma questo potrebbe essere dato dal fatto che contiene salicilati e alcune persone possono reagire in maniera più severa. E’ un’intolleranza? Direi di no, e non ci sono test che possano rivelare questa cosa.

Attualmente è possibile verificare da soli se ci può essere una possibile intolleranza eliminando dalla dieta un determinato alimento per poi reintrodurlo in maniera controllata. E’ un test chiamato Test di Provocazione Orale (TPO). Si possono trovare anche test genetici, ma solo nel caso della celiachia o dell’intolleranza al lattosio possono avere valenza, poiché si può evidenziare una particolare mutazione. Tuttavia, per le altre generiche intolleranze, neanche definite in maniera precisa, non può esserci alcun test genetico poiché non vengono specificate quali molecole dell’alimento sono dannose, se non l’alimento stesso, e questo non può essere vero.

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