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Affitti brevi: dalla cedolare secca al 26% alla sentenza del Consiglio di Stato, fino al limite di 2 notti, ecco tutte le novità 

Prima un decreto legge, poi la Manovra 2024 e la sentenza del Consiglio di Stato sugli obblighi per le piattaforme online – Arriva una rivoluzione per gli affitti brevi, ecco tutto ciò che c’è da sapere

Affitti brevi: dalla cedolare secca al 26% alla sentenza del Consiglio di Stato, fino al limite di 2 notti, ecco tutte le novità 

Il 2023 per gli affitti brevi rappresenta l’anno della rivoluzione. Sono infatti tanti i cambiamenti arrivati negli ultimi mesi che impattano su un settore che a sua volta sta modificando radicalmente l’assetto dei centri storici delle città turistiche italiane. Prima il disegno di legge, poi trasformato in decreto legge, che obbliga i proprietari a dotarsi di codice identificativo e impone il limite delle due notti di pernottamento nelle città metropolitane. Poi, quasi in contemporanea l’unica con l’altra, sono arrivate la sentenza n. 9188 del Consiglio di Stato, che ribadisce che i portali di prenotazione devono riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca sugli affitti brevi, e la Manovra che alza l’aliquota della cedolare secca dal 21 al 26%. Insomma, tante novità tutte insieme volte a regolamentare un settore da tempo sotto i riflettori.

Manovra e affitti brevi: la cedolare secca sale al 26%

Dal 1° gennaio 2024 i proprietari di immobili locati con affitto breve o turistico dovranno pagare tasse più alte. Lo prevede la Manovra 2024 che – secondo quanto si legge nella bozza che arriverà nei prossimi giorni in Parlamento – aumenta l’aliquota della cedolare secca dal 21 al 26%. L’incremento riguarda solo gli affitti brevi e non le altre categorie di locazione.

Secondo Aigab (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi), la cedolare al 26% si tradurrà in 850 euro di tasse in più per 600mila famiglie. Si tratta – commenta l’associazione – di un intervento “che impoverisce la classe media per accontentare gli albergatori”. Contraria anche Confedilizia, secondo cui la norma “porterebbe pochi spiccioli nelle casse dello Stato (se quello del maggior gettito fosse l’intento) e neppure sarebbe in grado di disincentivare gli affitti brevi (se l’obiettivo fosse questo). L’unico effetto della norma sarebbe la crescita del sommerso”. Opposta, ovviamente, la posizione di Federalberghi, che invece plaude all’iniziativa del Governo.  

In questo contesto, occorre ricordare che dal 2021, la cedolare secca è prevista solo se si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti. Oltre questa soglia, l’attività si considera svolta in forma imprenditoriale. Il ddl/dl di settembre riduce il tetto a due case: da tre si deve aprire la partita Iva.

Affitti brevi: la sentenza del Consiglio di Stato

La sentenza n. 9188 del 24 ottobre 2023 del Consiglio di Stato recepisce le indicazioni arrivate dalla Corte di Giustizia Ue e conferma che spetta ai portali di prenotazione l’onere di riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca sugli affitti brevi. Già lo scorso anno, i giudici di Lussemburgo, avevano dato torto (in parte) ad AirBnb che aveva presentato ricorso contro il regime fiscale italiano per gli affitti brevi introdotto nel 2017 che stabiliva che lo Stato può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate e soprattutto di applicare la ritenuta d’imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale. Dal 1° gennaio 2023 inoltre i codici fiscali dei locatori, i redditi percepiti e i dati catastali degli immobili affittati devono essere comunicati all’agenzia delle Entrate.

Il decreto legge sugli affitti brevi

A inizio settembre era un disegno di legge. A fine settembre è diventato un decreto legge, ma la sostanza non cambia. Il Governo ha intenzione di imporre una stretta sugli affitti brevi al fine di fornire una disciplina uniforme a livello nazionale per le locazioni per finalità turistiche, ma anche per contrastare l’abusivismo e il sommerso.

Il provvedimento prevede che nei comuni capoluogo delle città metropolitane il contratto di locazione per finalità turistiche avente ad oggetto uno o più immobili ad uso abitativo, l’affitto breve insomma, non possa avere una durata inferiore alle 2 notti a meno che ad affittare l’immobile non sia una famiglia con almeno tre figli. Tradotto: se nel nucleo familiare che affitta ci sono almeno 3 figli, via libera all’affitto anche per una notte. In caso contrario devono essere almeno 2. 

Non solo, il ministero del Turismo assegnerà a ciascun immobile un codice identificativo nazionale (Cin) che si otterrà presentando apposita domanda per via telematica. Il locatore dovrà già avere il codice identificativo regionale (Cir) rilasciato dalla regione competente o un codice identificativo rilasciato dal comune competente.

Come detto, infine i proprietari di più di due case messe in affitto dovranno aprire la partita Iva per continuare l’attività.

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