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Con Yoox il lusso italiano cede un altro pezzo da novanta

Con Yoox dunque continua il cambio di bandiera del lusso italiano. I traslochi sono cominciati nel 1999 e da allora non si sono mai più fermati – Ma se c’è chi se ne va, c’è anche chi resta e porta il Made in Italy in vetta al mondo.

Con Yoox il lusso italiano cede un altro pezzo da novanta

Yoox Net a Porter “trasloca” in Svizzera e segue le orme di altre grandi aziende del lusso italiano che ormai da tempo hanno cambiato bandiera realizzando un esodo lungo più di vent’anni.

La notizia è ormai nota: il colosso Richemont, già azionista di maggioranza di Ynap con il 50% delle azioni e il 24% dei diritti di voto, ha annunciato ieri (22 gennaio) il lancio di un’Opa totalitaria a 38 euro per azione con un premio del 25,6% rispetto alla chiusura di venerdì 19 gennaio e un premio del 27% rispetto al prezzo medio ponderato nei tre mesi. Tanto è bastato per mandare in visibilio Piazza Affari e portare in poche ore il titolo al prezzo dell’offerta. Nella seduta di ieri, le azioni dell’azienda italiana di e-commerce hanno concluso le contrattazioni con un rialzo del 24,1% a 37,56 euro, stesso prezzo trattato oggi.

Con Yoox dunque continua la grande fuga del lusso italiano..I cambi di bandiera sono cominciati nel 1999 e da allora non si sono mai più fermati

La prima società a finire in mani straniere è stata Gucci che, nel 1999 appunto, dopo aver resistito all’opa ostile di Bernard Arnault è finita nelle mani del multimiliardario francese François Pinault che, tramite Kering, possiede oggi alcune delle più importanti griffe della moda mondiale: Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta, Boucheron.

L’elenco dello shopping francese in Italia è lungo: dopo Gucci è toccato anche a Bottega Veneta (2001) e Pomellato (2012) passare sotto il controllo di Pinault, mentre Emilio Pucci, Fendi, Bulgari, Loro Piana e Cova sono state acquisite, una dopo l’altra, dalla transalpina di Lvmh, andando ad arricchire l’ormai incontrastabile lusso francese.

Ma la moda italiana non è apprezzata solo a Parigi. A dimostrarlo c’è Valentino, che nel 2011 è stata acquisita dal fondo Mayhoola di proprietà della famiglia reale del Qatar. Nel 2014 è stato il turno di Krizia che però è diventata cinese passando sotto il controllo del colosso cinese Shenzhen Marisfrolg. Ad uno ad uno dunque, quasi tutti i fiori all’occhiello del lusso italiano hanno preferito andare oltreconfine, affidandosi alla sapiente guida delle grandi multinazionali straniere.

Nonostante questa tendenza sia ormai sotto gli occhi di tutti il lusso italiano non può ancora darsi per vinto. A resistere e a rappresentare in tutto il mondo il primato del “Made in Italy”, restano marchi di primo livello: da Prada a Cucinelli, da Armani a Dolce e Gabbana, passando per Moncler, Tod’s, Ferragamo, Damiani la lista di chi resta, fortunatamente, è altrettanto lunga e fornita.

In questo contesto, occorre tener conto anche di un’altra caratteristica fondamentale: non trattandosi di asset strategici non sempre i passaggi di proprietà rappresentano un impoverimento per il settore, ma al contrario né favoriscono la crescita e l’internazionalizzazione. Parlando in parole povere: se la bandiera cambia, la qualità italiana resta e fa bene a tutto il Paese.

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