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Voto maggiorato e voto plurimo: per Assonime si possono alzare fino a 10 volte ma per statuto e non per obbligo di legge

Contro il forum shopping e la sindrome olandese la Presidente di Assonime si schiera a favore dell’allargamento del voto plurimo e maggiorato ma per libera scelta statutaria delle società e non per obbligo di legge

Voto maggiorato e voto plurimo: per Assonime si possono alzare fino a 10 volte ma per statuto e non per obbligo di legge

Il fenomeno del forum shopping – ovvero dell’incorporazione di società italiane in altri Paesi dell’UE – è un problema serio per l’economia italiana, che aggrava lo strutturale sottosviluppo del nostro mercato dei capitali, in una fase in cui questo sarebbe chiamato a svolgere un ruolo centrale nel sostenere le imprese nei progetti di investimento necessari per affrontare le trasformazioni ecologica e digitale e le sfide su autonomia strategica e accorciamento delle catene di fornitura poste dalla crisi geopolitica.

Perché le grandi imprese italiane vanno all’estero

Problema che rischia di diventare drammatico quando coinvolge imprese industriali di particolare rilevanza (un tempo si sarebbero definite “campioni nazionali”), sia per il valore strategico delle loro attività, sia per la loro potenzialità di crescita. Peraltro, i trasferimenti all’estero di società industriali, comporta il rischio che, qualora ad essi (come spesso accade) segua lo spostamento all’estero anche del mercato di quotazione, il listino italiano diventi ancora più concentrato sulle società finanziarie e, in particolar modo, sulle banche, rendendolo più esposto alle fluttuazioni dei loro prezzi di mercato. 

L’abbandono del sistema italiano, seppure nelle forme limitate del trasferimento della sede sociale (oggi particolarmente facilitata dall’istituto eurocomunitario della trasformazione societaria transfrontaliera introdotta dalla Direttiva UE 2121 del 2019 e recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs 19 del 2023) o del mercato di quotazione (listing shopping), ha infatti una ricaduta sistemica che cresce con il passare del tempo: con la sede sociale o il mercato di quotazione si trasferisce un’intera fetta dell’eco-sistema, costituito dalle attività di alta qualità e a elevato valore aggiunto, che si realizzano sia all’interno delle imprese interessate sia nel mondo dei fornitori di servizi professionali che gravitano intorno a queste imprese.

La fuga delle società dall’Italia: è un problema di regole di governance più che di fisco

La fuga delle società dall’Italia non dipende tanto dall’arbitraggio fiscale ma dalle regole di governance e di vigilanza.

Le ragioni del trasferimento in Olanda dei molte società quotate italiane non risiedono tanto in valutazioni di arbitraggio fiscale, sebbene l’onerosità e la scarsa prevedibilità del fisco italiano sulle imprese sia senz’altro un problema serio, ne tanto meno nell’esigenza strategica di assumere una maggiore vocazione internazionale, sebbene indubbiamente altri sistemi paese, quali l’Olanda, offrono chiari vantaggi competitivi rispetto al sistema italiano. 

Piuttosto è proprio il forum shopping, cioè la possibilità di adottare le regole societarie e il modello di vigilanza del paese di destinazione, a rappresentare il driver primario delle scelte di ricollocazione societaria. Regole societarie e modello di vigilanza che, benché totalmente in linea con l’armonizzazione europea e quindi non certamente definibili come “paradisi societari”, sono percepite più in linea con le esigenze di crescita delle imprese rispetto a quelle italiane.

Tra queste c’è senz’altro quelle sul voto maggiorato, che consentono di configurare l’uso di questo strumento con molta più flessibilità e ampiezza, ma anche:

  • le regole sul sistema di nomina degli amministratori, lasciato fondamentalmente all’autonomia statutaria, 
  • quelle sui quorum per l’assemblea straordinaria, che prevedono  la maggioranza semplice qualora sia presente più della metà del capitale sociale, come d’altra consentono le direttive europee, 
  • quelle sulle OPA, che consentono più efficaci sugli strumenti di difesa dalle scalate ostili,
  • le procedure di approvazione dei prospetti, che consentono una maggiore celerità e prevedibilità dei tempi, condizione necessaria per poter cogliere le opportune “finestre di mercato”, e una riduzione dei costi attraverso prospetti più snelli (in media 200 pagine contro una media di 400 pagine in Italia).

Il sistema societario italiano è meno competitivo di quello olandese: va riformato

Sono tutti aspetti dove il sistema italiano si presenta non solo meno competitivo rispetto all’Olanda, ma disallineato anche rispetto agli altri principali paesi europei e non, per un sistematico ricorso al gold-plating, normativo e nelle prassi di vigilanza, nelle aree coperte dall’armonizzazione europea, e per un accumularsi di norme peculiari, adottate in fasi di particolare delicatezza per il mercato italiano, e che oggi potrebbero essere riconsiderate.

L’obiettivo dovrebbe essere non certo quello di compromettere la tutela del risparmio, ma al contrario di concentrare questa tutela sui fenomeni veramente rilevanti: creare un sistema normativo che riduca il rischio di trasferimento all’estero delle nostre società consentirebbe infatti di salvaguardare quelle componenti virtuose del nostro sistema che, applicandosi alle sole società italiane, sono invece vanificate con il trasferimento all’estero. 

Si pensi alle operazioni con parti correlate che ha in Italia una disciplina giustamente molto più rigorosa che negli altri paesi europei, tra cui l’Olanda. O al Codice di Corporate Governance che in Italia richiede standard comportamentali e di trasparenza non presenti negli altri paesi e non certamente in Olanda.

Né appare giustificata la preoccupazione sulla perdita di contendibilità del controllo che si avrebbe con il potenziamento del voto maggiorato e plurimo. Questi strumenti verrebbero utilizzati infatti soprattutto da parte di società che già non sono contendibili, per cui l’unico effetto sarebbe di passare da una situazione di società non contendibili che rinunciano a crescere a una situazione in cui queste società, restando non contendibili, possono crescere. Sarà poi il mercato a valutare l’effettiva capacità di tradurre questa potenzialità in crescita effettiva.

Non a caso, peraltro, le 9 società industriali italiane che hanno fatto forum shopping in Olanda hanno visto premiata questa strategia vedendo in media moltiplicarsi per 3 il valore complessivo di Borsa (da 50 mld a oltre 150 mld) e pur rimanendo in larga maggioranza quotate sulla piazza di Milano. Le attività di forum shopping in Olanda si associano ad un maggiore attivismo sul fronte delle acquisizioni da parte delle società che vi trasferiscono la sede sociale. Un evidenza che sembra andare a braccetto con la maggiore valorizzazione sul mercato proprio in virtù del fatto che queste società ad azionariato familiare grazie ai meccanismi come il voto maggiorato rafforzano e moltiplicano le opzioni strategiche di crescita venendo così spesso premiate dal mercato.

Assonime ritiene quindi che il problema dell’abbandono del sistema italiano da parte delle imprese, non possa essere sottovalutato e che le preoccupazioni rispetto a una scarsa competitività del mercato dei capitali italiano siano fondate e richiedano interventi correttivi urgenti. 

Questo problema può essere affrontato attraverso una riforma strutturale del quadro normativo e degli approcci di vigilanza, rispetto al quale le recenti iniziative del Governo sono solo un primo passo, importante ma non esaustivo. 

Voto maggiorato e voto plurimo: come cambiarli

L’attuale disciplina del voto maggiorato e plurimo, introdotta nel 2014, ha costituito un primo passo per l’ordinamento italiano verso il superamento del principio “un’azione-un voto” e la promozione di una maggiore competitività del mercato domestico. 

Ad oggi il voto maggiorato è stato adottato da un numero significativo di società quotate (70), mentre il voto plurimo ha riscontrato un successo decisamente più limitato (6 società quotate). Pur nella ancora limitata possibilità di rafforzamento dei diritti di voto consentita attualmente, le società di recente quotazione guardano comunque con interesse a questo strumento di crescita: quasi due terzi delle società quotate negli ultimi cinque anni ha adottato il voto maggiorato (18) o il voto plurimo (4).

Uno degli aspetti più limitanti dell’attuale disciplina del voto maggiorato e del voto plurimo appare essere l’eccessiva limitazione del fattore di moltiplicazione (rispettivamente 1:2 nel maggiorato e 1:3 nel plurimo) che non appare sufficiente a incentivare una società a forte concentrazione proprietaria a collocare una parte significativa del capitale sociale tra il pubblico e, dunque, a sostenerne la crescita.

Alla luce di queste considerazioni, Assonime ha condiviso la proposta contenuta all’articolo 13 del DDL di modificare l’attuale disciplina del voto plurimo (art. 2351 c.c.) elevando a 10 il fattore di moltiplicazione che può essere introdotto dalle società non quotate in vista della quotazione: si tratta di una misura concretamente funzionale a favorire la quotazione di imprese che ancora stentano a utilizzare proficuamente il mercato dei capitali e che appare coerente con le esigenze di maggiore competitività del nostro ordinamento sopra indicate e con le indicazioni del Libro Verde del MEF.

Al contempo si ritiene però opportuno completare questa proposta con una misura ad essa complementare, volta a rispondere alle esigenze non soltanto delle società di prossima quotazione ma anche di quelle già quotate sul mercato regolamentato domestico. Queste ultime – in assenza di un opportuno rafforzamento dei diritti di voto – si vedono precluse potenziali operazioni straordinarie funzionali alla crescita e alla creazione di valore nel lungo termine, a meno di realizzarle – come la prassi insegna – attraverso la migrazione verso ordinamenti che già offrono questi strumenti di potenziamento del voto. Peraltro, la recente armonizzazione delle regole europee in materia di trasformazione societaria transfrontaliera (recepita in Italia con il d. Lgs 19 del 2023) ha di fatto reso del tutto libera la scelta del diritto societario a cui assoggettare le società rendendo molto accessibili questi istituti di potenziamento del voto presenti in altri ordinamenti europei.

In base a queste considerazioni, Assonime si è espressa in favore di un ampliamento del contenuto dell’articolo 13 del DDL, attualmente incentrato unicamente sulla disciplina del voto plurimo, con una proposta di riforma del voto maggiorato, aumentando il fattore di moltiplicazione dall’attuale 1:2 a un massimo di 1:10, allineandosi così al proposto potenziamento del voto plurimo.

Questa proposta risponde alla concreta esigenza di fornire anche alle società già quotate la possibilità di fruire di un quadro normativo più competitivo, capace di agevolarne la crescita attraverso uno strumento che, al contempo, assicura anche la parità di trattamento degli azionisti. Come noto, infatti, la maggiorazione dei diritti di voto non costituisce una categoria di azioni ma è collegata alla detenzione delle azioni (loyalty shares) ed è, in quanto tale, disponibile a tutti i soci.

Allargare il voto maggiorato e il voto plurimo attraverso il sistema dell’opt-in e non dell’opt-out

L’ulteriore rafforzamento del voto maggiorato con un ampliamento del fattore di moltiplicazione da 2 a 10, potrebbe essere introdotto attraverso una norma che consenta alle società di prevedere statutariamente (opt-in) la possibilità di incrementare la maggiorazione del voto in relazione all’allungamento del periodo di detenzione delle azioni con un rapporto incrementale ad esempio di 1 voto ogni 12 mesi di detenzione, fino a un massimo di 10 voti per azione, lasciando in tal modo totale autonomia statutaria alle società in merito alla sua introduzione (a differenza del modello francese dove fu introdotto ex lege con clausole di opt out) e introducendo sempre per le legge importanti paletti per un suo esercizio nel rispetto di un principio di tutela delle minoranze.

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