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Vino, Amarone alla conquista di Usa e Canada

Grande offensiva promozionale delle “Famiglie dell’Amarone d’arte”, un’associazione che riunisce tredici fra le più prestigiose cantine che rappresentano il Gotha della produzione di eccellenza dell’Amarone.

L’Amarone della Valpolicella, uno dei fiori all’occhiello della enologia italiana, lancia una grande offensiva promozionale verso gli Stati Uniti e il Canada con l’obiettivo di ampliare i volumi della sua penetrazione nei promettenti mercati del nord America. In linea generale gli Stati Uniti con un valore superiore ai 130 miliardi di euro sono il primo acquirente al mondo di prodotti agroalimentari. Seguiti dall’Unione Europea con 112 Miliardi. A quattro distanze di lunghezze si colloca il Canada con 32 miliardi di euro. I dati che si riferiscono all’Amarone in particolare hanno fatto registrare l’anno scorso un incremento delle esportazioni verso gli Stati Uniti dell’11 per cento e del 7 per cento verso il Canada.

Il momento è dunque favorevole per ampliare le quote di mercato per i nostri produttori veneti. A lanciare l’offensiva promozionale a stelle e strisce saranno “Le famiglie dell’Amarone d’arte”, una associazione che riunisce tredici fra le più prestigiose cantine che rappresentano il Gotha della produzione di eccellenza dell’Amarone. Produttori storici del territorio che rispondono ai nomi di Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato che hanno indetto due importanti presentazioni di Amarone a Montreal e a New York alle quali parteciperanno i più importanti buyers e i massimi esperti di enologia dei due paesi.

Le Famiglie dell’Amarone d’Arte – spiega Pierangelo Tommasi, vicepresidente dell’Associazione, controllano 2mila ettari di vigneto dei circa 8mila del territorio. Inoltre, l’Amarone della Valpolicella Docg rappresenta un segmento importantissimo dell’export vitivinicolo italiano, basti pensare che ogni anno nel mondo vengono vendute circa 13 milioni di bottiglie di Amarone Docg e di queste 2,2 milioni rappresentano l’eccellenza e provengono dalle 13 cantine dell’Associazione. L’ Amarone delle Famiglie inoltre si posiziona su una fascia di prezzo premium e super premium e nei canali più esclusivi”.

Dati importanti per un vino fra i più prestigiosi del Made in Italy – per la cronaca una bottiglia blasonata può arrivare a toccare anche i 700 euro di costo. – ma che ha una storia sorprendente. Pochi sanno infatti che l’Amarone data la sua nascita a meno di un secolo fa, allorché nella primavera del 1936, un mezzadro della Cantina sociale Valpolicella, Adelino Lucchese, spillando casualmente un Recioto Amaro, vino dolce, che aveva avuto un lunga fermentazione in botte, se ne uscì con una esclamazione entusiastica: “Questo non è un Amaro, è un Amarone”.

Cosa era successo? È che in quegli anni, che precedettero la guerra mondiale, con l’Italia e la Germania che inviano mezzi e uomini in Spagna a sostenere il generalissimo Franco nella guerra civile spagnola, chi aveva nascosto qualche botticella di Recioto spesso trascurava di andare a controllarla. Così quel vino ebbe il tempo di fermentare trasformando gli zuccheri in alcol e di mutarsi da dolce in secco. Un amarone appunto. Quel contadino inconsapevolmente aveva tenuto a battesimo una parola magica che ha reso il territorio del nordest italiano famoso in tutto il mondo oltre ad arricchire il patrimonio vinicolo italiano di uno dei suoi prodotti di eccellenza. Oggi lo si ottiene dall’appassimento delle uve raccolte manualmente e conservate in cassette di legno fino alla fine di gennaio o inizi di febbraio per far scemare la quantità d’acqua degli acini.

Il Consorzio dell’Amarone è diventato una grande realtà economica nazionale. Riunisce 199 imbottigliatori e altrettanti vinificatori di cui 7 cantine cooperative e 1636 aziende agricole produttrici di uva. Negli ultimi 10 anni le uve atte a produrre Amarone e Recioto sono aumentate esponenzialmente: dal 2000 ad oggi, infatti, la quantità di uva a riposo è aumentata più del doppio e dal 2010 ad oggi del 27.5 per cento.

Nei prossimi 2 anni dovrebbero entrare in produzione 500 nuovi ettari che andranno ad aggiungersi agli 8.030 ettari esistenti su cui si stima una produzione totale di 963.600 quintali di uva che dovrebbero assicurare una produzione di circa 25,7 milioni di bottiglie di Amarone e Recioto. A completare il quadro va sottolineato che i vini della Denominazione Valpolicella muovono un volume d’affari di circa 565 milioni di euro/anno e, fatta eccezione per il Recioto, si registra una forte propensione all’export. Il 65% della produzione di Amarone viene infatti esportata e recentemente le maggiori crescite dell’export a valore si sono registrate in Cina, Svezia, Germania e Inghilterra.

Tra l’altro per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, la vendemmia di quest’anno preannuncia eccellenti risultati in grado di garantire un prodotto di assoluto livello. Lo spiega bene Maria Sabrina Tedeschi, presidente dell’associazione de “Le Famiglie dell’Amarone d’Arte”. “In Valpolicella – afferma – la vendemmia 2017 è di buona qualità, le nostre uve sono perfettamente sane e hanno un livello qualitativo che possiamo paragonare a quello dell’annata 2015. A pochi giorni dall’inizio della vinificazione dei primi vini Valpolicella, le premesse sono assolutamente positive e ci lasciano ben sperare in una buona annata”.

E prosegue: “Nel nostro territorio la vendemmia è iniziata con un’accurata cernita delle uve per la produzione di Amarone e Recioto della Valpolicella e anche se è ancora presto per fare stime quantitative, possiamo affermare che qualora dovessimo registrare un calo, quest’ultimo sarà sensibilmente inferiore alle previsioni diffuse nei giorni scorsi; la Valpolicella, infatti, non ha subito gelate primaverili e le piante hanno avuto uno sviluppo vegetativo nella norma. I dati – conclude la presidente – ci confermano ancora una volta l’importanza dei terreni più vocati, quelli di collina dove da sempre si coltivano le uve e dove le Famiglie dell’Amarone d’Arte hanno da sempre investito. In collina, infatti, la vigna si adegua meglio a situazioni estreme, come quelle dell’annata 2017”.

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