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Vino: 200 milioni di litri invenduti in cantina causa pandemia

Si tratta per lo più di produzioni di alta qualità. Chi non soffre è invece il mercato del falso. La UE stoppa la vendita del falso Chianti Classico con il marchio del Gallo. Le imitazioni del Made in Italy nel mondo hanno superato il valore di 100 miliardi di euro

Vino: 200 milioni di litri invenduti in cantina causa pandemia

Crollano i consumi fuori casa, in Italia e all’estero, di vino italiano per effetto della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche determinata dalla Pandemia.  Circa 200 milioni di litri di vino in più rispetto allo scorso anno giacciono invenduti nelle cantine italiane con gravi difficoltà per il settore vitivinicolo italiano in particolar modo quello legato ai vini a denominazioni di origine e indicazione geografica, a maggior valore aggiunto.

La conseguenza delle misure di contenimento adottate per far fronte all’emergenza Covid è infatti la presenza in cantina al 31 marzo 2021 di 5,6 miliardi di litri di vino secondo un’analisi effettuata sull’ultimo aggiornamento reso disponibile dal Ministero delle Politiche Agricole.

Si tratta di produzioni di alta qualità in un Paese come l’Italia che è leader mondiale davanti alla Francia con la produzione tricolore è destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 % per i vini da tavola.

In gioco – avverte la Coldiretti – c’è il futuro del primo settore dell’export agroalimentare Made in Italy che sviluppa un fatturato da 11 miliardi di euro  e genera opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in campi, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle bioenergie, da quella degli accessori, come cavatappi, dai vivai agli imballaggi, dall’enoturismo alla cosmetica fino al mercato del benessere.

Ma non è solo il settore del vino a vivere un momento di forte preoccupazione. Sono salite infatti a 1,1 milioni di tonnellate i cibi ed i vini invenduti dall’inizio della pandemia per i crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi.

Si stima che 330mila tonnellate di carne bovina, 270mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati nell’ultimo anno sulle tavole dei locali costretti ad un logorante stop and go senza la possibilità di programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili.

Chiusure forzate, limitazioni negli orari di apertura, divieti agli spostamenti, drastico calo delle presenze turistiche e la diffusione capillare dello smart working – sottolinea la Coldiretti – hanno devastato i bilanci dei servizi di ristorazione e tagliato drammaticamente i livelli occupazionali ma le conseguenze si fanno anche sentire direttamente sui fornitori.

Alle difficoltà oggettive di vendita, consumi e distribuzione si unisce poi il danno provocato dal falso made in Italy nel mondo che rimpingua le tasche di dei falsari del commercio per deprimere quelle dei coltivatori e dei venditori italiani.

L’ultima notizia in ordine di tempo è però fortunatamente positiva per noi riguarda lo stop al falso Chianti deciso dal Tribunale dell’Ue che ha vietato l’utilizzo del simbolo del Gallo per vini diversi dal Chianti sventato l’ennesimo tentativo di appropriarsi indebitamente di marchi storici nazionali il cui prestigio è stato costruito dal lavoro di intere generazioni. Decisione molto importante in una situazione in cui sul mercato globale le imitazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy hanno superato il valore di 100 miliardi nell’anno del Covid.

La pretesa di utilizzare gli stessi simboli per prodotti profondamente diversi è per la Coldiretti inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori. Nel mondo si stima, infatti, che più due prodotti agroalimentari Made in Italy su tre siano falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. A taroccare il cibo italiano sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all’ Australia, dal Sud America agli Stati Uniti ma esempi clamorosi si trovano i Europa dove è diffusa la vendita di wine kit con un preparato solubile in polvere che, stante a quanto dichiarato sulle confezioni, permetterebbe di riprodurre i più noti vini italiani, quali il Brunello o il Barolo.

Oltre al vino tra i prodotti agroalimentari più taroccati ci sono i formaggi, i salumi e le conserve. Dalla lotta alle imitazioni del falso Made in Italy a tavola nel mondo si possono creare ben 300mila posti di lavoro in Italia.

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