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Vaccini: disastro delle Regioni leghiste, la cura è Poste Spa

Alcune Regioni hanno sviluppato sistemi di prenotazione efficaci, altre si sono affidate alla piattaforma di Poste Italiane, ma la maggior parte continua ad avere difficoltà. Il governo vuole imporre una svolta ma i governatori frenano

Vaccini: disastro delle Regioni leghiste,  la cura è Poste Spa

A che punto è l’Italia con il nuovo piano vaccini? La situazione è in divenire e probabilmente la vera campagna di massa non inizierà prima di aprile. Intanto, però, lo scandalo Aria in Lombardia aiuta a capire lo scenario attuale, perché evidenzia quanto sia diverso il quadro da Regione a Regione.

Ad oggi, in media, il nostro Paese ha inoculato l’82,4% dei vaccini ricevuti. Le Regioni sotto media sono sette: Friuli Venezia Giulia (82%), Umbria (81,6%), Veneto (80,1%), Lombardia (78,3%), Calabria (71,5%), Liguria (71%) e Sardegna (70,6%). Cos’hanno in comune queste amministrazioni? Sono tutte guidate da governatori leghisti, a parte la Liguria (dove comunque il Carroccio appoggiò il forzista Giovanni Toti al punto di ritirare il proprio candidato). Una realtà che stride con le parole di Matteo Salvini: “Se qualcuno sbaglia, viene licenziato e cambia mestiere”, ha sentenziato lunedì il segretario della Lega in riferimento al caso Aria.

Ma, al di là dei risvolti politici, perché alcune Regioni arrancano sui vaccini, mentre altre se la cavano? Le ragioni profonde variano a seconda dei territori: in Lombardia, ad esempio, le radici del disastro vanno ricercate nello smantellamento della medicina territoriale operato negli anni di Formigoni e di Maroni. A voler schematizzare, però, il motivo principale riguarda l’efficacia delle piattaforme di prenotazione.

Alcune Regioni, come Lazio ed Emilia Romagna, sono riuscite ad allestire un sistema informatico che funziona. In sei (Sicilia, Calabria, Marche, Abruzzo, Basilicata e, dopo il benservito ad Aria, anche la Lombardia) si sono affidate invece alla piattaforma di Poste Italiane, che ha una capacità di penetrazione più capillare di molti enti locali, per due ragioni. Primo, per sua natura il servizio postale lavora su numeri di massa (ogni paesino ha il suo ufficio), compatibili con quelli di una campagna vaccinale estesa. Secondo, il modello di Poste ha il vantaggio di essere ibrido (digitale e fisico): la prenotazione dei vaccini può avvenire online o via call center, ma anche attraverso bancomat e portalettere.

Ecco allora spiegato perché il governo Draghi cerca di correre ai ripari in aiuto alle Regioni in difficoltà, invitandole ad di utilizzare la piattaforma nazionale di Poste Spa. Le Regioni però frenano e rivendicano la propria autonomia in materia sanitaria, garantita dalla riforma costituzionale del 2001. L’unica strada praticabile è quella delle raccomandazioni, affidate alle capacità diplomatiche della ministra Maria Stella Gelmini. Il Governo ha già consigliato a diverse Regioni di affidarsi alle Poste, ma – a quanto pare – la maggior parte degli amministratori non intende ammettere di aver bisogno d’aiuto. La campagna nazionale delle vaccinazioni, tuttavia, è troppo importante anche in vista del vertice europeo di metà settimana e il governo terrà alta la guardia anche a garanzia dei cittadini dei territori interessati

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