Condividi

Usa-Cina: Trump vuole alzare dazi da 10 a 25% su merci per 200 miliardi

La notizia, anticipata da Bloomberg, è stata poi confermata dal rappresentante commerciale statunitense, Robert Lighthizer – L’obiettivo sarebbe ” incoraggiare la Cina a modificare le sue politiche e il suo comportamento lesivi e ad adottare politiche che portino a mercati più giusti”

Usa-Cina: Trump vuole alzare dazi da 10 a 25% su merci per 200 miliardi

Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di alzare dal 10 al 25% i dazi proposti lo scorso giugno su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi, ossia sul 40% circa dei beni che la nazione asiatica invia ogni anno in quella americana. La notizia, anticipata da Bloomberg, è stata poi confermata dal rappresentante commerciale statunitense, Robert Lighthizer.

Questa settimana, spiega Lighthizer in una nota, il presidente Donald Trump gli ha chiesto di prendere in considerazione il rialzo delle tariffe doganali che andrebbe a colpire i prodotti già individuati il 10 luglio scorso. Per questo è stata posticipata al 5 settembre dal 30 agosto prossimi la scadenza del periodo di analisi su questi ipotetici dazi. In una call organizzata mercoledì nel pomeriggio americano dall’Office of the United States Trade Representative (Ustr), funzionari Usa di alto livello hanno spiegato che la “comunicazione resta aperta” sull’asse Washington-Pechino ma non sono previsti specifici round di discussioni.

Gli Usa stanno cercando di capire “quali strumenti appropriati usare per fare cambiare alla Cina il suo comportamento” in campo commerciale, giudicato “terribile e ingiusto”. Non è chiaro quale sia stato il fattore che ha spinto il presidente americano a chiedere allo Ustr di ipotizzare il rialzo dei dazi in questione. Forse la recente svalutazione dello yuan, pari al 6% negli ultimi due mesi, anche questa una contromisura adottata da Pechino per difendersi dalle minacce Usa. Il 24 luglio scorso l’Fmi aveva sostenuto che un tale andamento non mostra segni di manipolazione ma è semmai frutto di una serie di fattori tra cui l’indebolimento dell’economia locale. Di certo in Usa – come del resto in tutto il G20 – si vuole che una nazione “si astenga dall’indebolire la sua valuta per trarre vantaggio sui partner commerciali”, ha spiegato un funzionario americano.

A chi sostiene che i potenziali dazi finiscano per ledere i consumatori americani, i funzionari dell’amministrazione Trump hanno detto che “la cosa peggiore per i consumatori, per i lavoratori e per le aziende statunitensi è che la Cina continui a fare quello che sta facendo ledendo non solo gli Usa” ma anche il resto del mondo. L’obiettivo della Casa Bianca è ottenere un campo da gioco “equo” e mettere fine a un “mercato globale distorto dalle pratiche cinesi”. Bisogna vedere a che prezzo si arriverà, eventualmente, su quel campo.

Stando a Lighthizer, gli Usa “sono stati molto chiari sui cambiamenti specifici che la Cina dovrebbe compiere. Purtroppo, invece che cambiare il suo comportamento deleterio, la Cina ha compiuto ritorsioni illegali contro i lavoratori, gli agricoltori e le aziende americane”. Il riferimento è ai dazi fatti scattare il 6 luglio scorso da Pechino su una serie di prodotti Made in Usa, tra cui la soia. Quelle tariffe doganali però sono state una risposta ai dazi del 25% introdotti in quel giorno da Washington su prodotti tecnologici cinesi per 34 miliardi. In quel contesto ne sono rimasti in ballo altri per 16 miliardi, “ancora oggetto di analisi”, ha spiegato una fonte Usa.

L’incremento al 25% dal 10% dei dazi su import cinese per 200 miliardi, ha concluso Lighthizer, “è pensato per dare all’amministrazione opzioni addizionali per incoraggiare la Cina a modificare le sue politiche e il suo comportamento lesivi e ad adottare politiche che portino a mercati più giusti e alla prosperità per tutti i nostri cittadini”. Peccato che solo poche ore prima Pechino avesse chiarito che “il pressing e le minacce” Usa non sono affatto gradite.

Commenta