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Upb: “Segnali di ripresa per l’economia italiana ma rischi medio termine”

Oltre al conflitto in Ucraina gli elementi potenzialmente avversi riguardano i tempi di attuazione del PNRR, le tensioni finanziarie globali, la persistenza dell’inflazione e i rischi climatici e ambientali

Upb: “Segnali di ripresa per l’economia italiana ma rischi medio termine”

L’economia italiana mostra segnali di moderata ripresa nel primo trimestre del 2023, dopo il rallentamento degli ultimi tre mesi dello scorso anno, mentre l’inflazione è in calo anche se le componenti di fondo che incidono sul “carrello della spesa” restano elevate. L’occupazione si rafforza, soprattutto grazie ai contratti a tempo indeterminato, ma continuano a manifestarsi squilibri tra la domanda e l’offerta di lavoro che frenano la produzione. Lo rileva l’Ufficio parlamentare di bilancio nella Nota congiunturale di aprile aggiungendo che l’incertezza si riduce nel breve termine per il sistema italiano, mentre nel medio periodo prevalgono i rischi al ribasso sulla crescita e al rialzo sull’inflazione. Oltre alla guerra in Ucraina e le tensioni finanziarie globali, gli elementi potenzialmente avversi riguardano i tempi di attuazione del PNRR, la persistenza dell’inflazione e i rischi climatici e ambientali.

Economia globale resiliente nonostante la guerra in Ucraina

I Paesi europei hanno ridotto la dipendenza dalle importazioni di gas russo, sia diversificando le fonti di approvvigionamento sia riducendo i consumi complessivi. La dipendenza dell’Ue dalla Russia è passata in pochi mesi da quasi il 50% di metà 2021 a poco meno del 13% a novembre 2022. Grazie anche a un inverno piuttosto mite, le tensioni sul mercato del gas si sono gradualmente ridotte e a fine marzo il prezzo per Mwh era tornato intorno ai 40 euro, in linea con le quotazioni di fine luglio 2021.

I dati congiunturali dell’Upb sull’attività economica globale delineano un rallentamento nel quarto trimestre del 2022 e allo stesso tempo prospettano un miglioramento nella prima parte dell’anno in corso.

L’inflazione cala ma resta un problema

Il calo dei prezzi delle materie prime energetiche ha favorito la flessione dell’inflazione in Europa: dal picco registrato lo scorso ottobre, quando i prezzi nell’area dell’euro erano aumentati del 10,6%, l’inflazione è costantemente diminuita. Secondo le stime preliminari di Eurostat in marzo l’inflazione è scesa al 6,9%, con un calo di oltre un punto e mezzo percentuale sul mese precedente; la componente dei beni energetici è stata negativa, per la prima volta dal febbraio 2021. Tuttavia, il progressivo aumento dei prezzi si è ora diffuso, in particolare quelli alimentari. Il rallentamento non è però sufficiente a fermare la politica monetaria aggressiva delle banche centrali. Anche le politiche di bilancio degli Stati membri dell’Ue si orienteranno verso un riassorbimento degli squilibri, accumulati in seguito alla pandemia da Covid-19 e al conflitto in Ucraina.

Nel 2022 Italia cresce più dei principali partner europei

Lo scorso anno il Pil italiano è cresciuto oltre le attese, con un aumento a consuntivo del 3,7%, maggiore rispetto ai principali paesi europei per il secondo anno consecutivo, proseguendo così la fase di recupero post pandemia. La crescita è stata trainata soprattutto in particolare dalla domanda interna privata, ossia dai consumi delle famiglie e dagli investimenti fissi lordi, e anche dalle esportazioni.

Tuttavia, l’ultimo trimestre del 2022 ha registrato una lieve flessione (-0,1% rispetto alla media dei mesi estivi). Nel 2022 i consumi privati sono cresciuti di quasi il 5% in più rispetto al 2021. Dopo il balzo in avanti nei trimestri centrali dell’anno, la spesa delle famiglie è diminuita in misura non trascurabile in autunno (-1,6%), risentendo del crollo del potere d’acquisto delle famiglie causata dai rincari dei prezzi.

Aumentano gli occupati ma gli squilibri domanda-offerta frenano la produzione 

Sulla base delle informazioni preliminari, nel bimestre gennaio-febbraio del 2023 l’occupazione avrebbe continuato a espandersi (0,3% rispetto ai tre mesi precedenti) sospinta in particolare dal traino degli occupati a tempo indeterminato e degli autonomi. Il tasso di occupazione (15-64 anni) è salito ai massimi storici (60,8%), anche per effetto del calo della popolazione attiva, ma ancora distante dai valori prevalenti dell’area dell’euro. Al miglioramento ha contribuito anche la ripresa della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, tornata più o meno ai valori precedenti la pandemia.

Lo squilibrio tra domanda e offerta rimane però ampio e costituisce un freno alla produzione. Secondo la rilevazione Istat sulla capacità utilizzata e sugli ostacoli alla produzione delle imprese manifatturiere, diminuisce la quota di imprese che ha fronteggiato ostacoli nel complesso, ma tra questi si intensifica la scarsità di manodopera.

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