Nel 2025, l’economia italiana si muove in un contesto internazionale più che mai incerto, dominato da tensioni commerciali e geopolitiche che mettono alla prova la crescita e la stabilità finanziaria del Paese. È il quadro tracciato dal Rapporto sulla politica di bilancio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), presentato oggi in Senato dalla presidente Lilia Cavallari, che con un mix di prudenza e realismo ha disegnato le prospettive italiane nel quadro globale.
Nonostante i venti contrari, la presidente Cavallari ha voluto infondere un po’ di ottimismo sobrio: la crescita italiana “non è ineluttabile” e può essere sostenuta da una più decisa attuazione delle riforme e degli investimenti, anche oltre l’orizzonte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), nonché da un mercato del lavoro più dinamico, a patto di aumentare la partecipazione e attrarre lavoratori qualificati.
Un’economia globale “poco tranquilla”
La guerra commerciale, in particolare quella avviata dagli Stati Uniti, continua ad alzare i dazi e a creare nuove barriere che pesano su molti settori produttivi, anche in Italia. Cavallari ha sottolineato come questo scenario sia “in peggioramento rapido” e che, sebbene gli impatti negativi varino da settore a settore e da paese a paese, la previsione è chiara: nessuno rimane immune.
Le stime dell’impatto economico delle nuove barriere commerciali indicano effetti avversi, fortemente differenziati, e la loro quantificazione è soggetta a margini di aleatorietà, legati alla durata dei dazi, alle ritorsioni di altri paesi e alle reazioni di mercati, imprese, famiglie e banche centrali. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito il contesto “molto complicato” e segnala come l’elevato costo dell’incertezza abbia ridimensionato le stime di crescita per i prossimi anni, pur ribadendo che il target di crescita del Pil per il 2025 rimane “pienamente raggiungibile e auspicabilmente superabile”.
Nel nostro Paese, i comparti più colpiti sono farmaceutica, industria estrattiva e produzione di autoveicoli, con conseguenze anche sull’occupazione in settori tradizionalmente forti come metalmeccanica e tessile, e ricadute su servizi professionali come studi legali, ingegneria, architettura, contabilità e gestione del personale. L’Upb stima che l’effetto combinato di queste tensioni ridurrà il Pil di circa 0,2 punti nel 2026 e di 0,1 punti nel 2027.
Upb: crescita moderata ma non inevitabilmente debole
Nel 2024, la crescita del Pil si è attestata allo 0,7%, sotto la media dell’Eurozona (0,9%), accompagnata da un modesto aumento dei consumi (+0,4%) e da un rallentamento degli investimenti (+0,5%). L’inflazione si è mantenuta intorno all’1%, con una risalita verso il 2% negli ultimi mesi. L’occupazione è cresciuta dell’1,6%, con un tasso di disoccupazione sceso al 6,5%. Le retribuzioni contrattuali sono aumentate del 3%, superando l’inflazione ma restando inferiori ai livelli del 2021 in termini reali.
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nel dettaglio, prevede per il 2025 una crescita moderata dell’economia italiana, in linea con il Mef, con un’accelerazione timida negli anni successivi. Ma attenzione: il quadro resta incerto e segnato da rischi prevalentemente al ribasso.
Sul fronte interno, permangono forti incertezze sull’attuazione del Pnrr, che deve concludersi entro il 2026. Fino a quella data, l’attività economica sarà supportata dal progressivo calo delle pressioni inflazionistiche, dalla tenuta dell’occupazione e dalla spinta degli investimenti legati al Piano.
Il deflatore dei consumi è atteso in crescita al 2,2% nel 2025, con un rallentamento moderato negli anni a seguire. Resta alta la vulnerabilità a shock esterni come guerre, tensioni geopolitiche e, in particolare, il protezionismo commerciale, che potrebbero compromettere la stabilità e la crescita del Paese.
Finanza pubblica: prudenza e responsabilità
Sul fronte della finanza pubblica, la linea di prudenza e responsabilità ha dato i suoi frutti: nel 2024 il deficit è sceso al 3,4% del Pil, quasi dimezzato rispetto al 7,2% del 2023, e il saldo primario è tornato positivo (0,4%). Questo grazie anche a un calo dei costi del Superbonus e a entrate fiscali più alte, soprattutto dall’Irpef. Tuttavia, il debito pubblico è tornato a salire al 135,3% a causa dei crediti fiscali edilizi accumulati.
L’Upb sottolinea inoltre che la nuova struttura Irpef, pur stabilizzando il taglio del cuneo fiscale, ha aumentato il fiscal drag. In pratica, l’aumento dei salari legato all’inflazione spinge molti lavoratori a pagare più tasse, perché passano a scaglioni Irpef più alti. Questo riduce il potere d’acquisto reale, soprattutto per dipendenti e famiglie della classe media, rischiando di frenare consumi e domanda interna. Un effetto boomerang che può rallentare la crescita economica.
La manovra 2025 e i nodi fiscali
La manovra finanziaria dello scorso anno ha sfruttato quasi tutti gli spazi disponibili per la spesa, introducendo misure strutturali come la decontribuzione per i lavoratori dipendenti e l’accorpamento delle aliquote Irpef almeno per il 2024. L’Upb avverte però che sarà cruciale mantenere un’azione decisa contro l’evasione fiscale, che in Italia resta tra le più alte in Europa, pur con significativi miglioramenti recenti, specialmente in ambito Iva.
Pnrr e investimenti, fra ritardi e speranze
Un’altra incognita rilevante è l’attuazione del Pnrr. Secondo l’Upb, c’è un “rischio significativo” che parte della spesa prevista venga rinviata al 2027, con effetti che nel breve periodo rallenterebbero la crescita (meno 0,3 punti nel 2026) ma che si compenserebbero con una ripresa l’anno successivo. Nel complesso, la crescita cumulata fino al 2028 resterebbe invariata.
Difesa: più spesa, ma con un occhio al debito
Nel panorama europeo, la Commissione ha spinto per un aumento degli investimenti in difesa, e l’Italia ha risposto con una legge di bilancio 2025 che prevede un aumento consistente della spesa: +3,9 miliardi nel 2025, per arrivare a oltre 31 miliardi annui in futuro. Nonostante ciò, la spesa difensiva italiana rimane sotto la media Ue se si considerano i criteri standard, e ben lontana da quella di alcuni Paesi dell’Est Europa. L’Upb avverte che l’aumento dovrà essere bilanciato con la sostenibilità del debito pubblico, ora al 135,3% del Pil, per evitare di compromettere la stabilità finanziaria.
Le sfide strutturali: ambiente e demografia
Due rilevanti sfide strutturali non vanno sottovalutate: le tendenze demografiche, con una contrazione delle nascite e migrazioni interne che accentuano i divari territoriali (calo nel Mezzogiorno, crescita al Nord), e il cambiamento climatico, che colpisce in modo eterogeneo le diverse aree del Paese. L’Italia, come gli altri Paesi mediterranei, è tra i più esposti agli effetti del climate change e ha spazi fiscali limitati per adattarsi, aggravando le disuguaglianze regionali.