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Una nuova infografica sull’editoria digitale per Unicusano

Informazioni, numeri e statistiche sul mercato dell’informazione digitale nell’infografica firmata Università Niccolò Cusano, la telematica che ha nel digitale uno dei suoi punti di forza

Una nuova infografica sull’editoria digitale per Unicusano

Unicusano è un’Università che ha fatto dell’Innovazione il suo punto di forza. Lo studio delle nuove tecnologie di informazione e dei media e la loro applicazione costante è stato sicuramente uno dei tratti che ha reso questo Ateneo che appunto è “telematico” un ente universitario di primo livello capace di competere con realtà più grandi e da lunghissimo tempo radicate sul territorio in un Paese che fino a poco tempo fa guardava con diffidenza tutto ciò che era telematico.

Proprio sul web l’Università Niccolò Cusano ci mostra invece, in un’infografica accattivante e semplice da capire, uno studio che dimostra come questa diffidenza rispetto al mondo telematico sia finita e gli italiani sono sempre più digital anche per quanto riguarda l’editoria.

In collaborazione con Edicusano, casa editrice dell’Ateneo che ha all’attivo diverse pubblicazioni scientifiche ed offre la possibilità, oggi molto difficile quando si tratta di editori seri e con una posizione sul mercato, ad autori emergenti di sottoporre i loro manoscritti per essere valutati, l’università ci offre uno spaccato dell’Editoria Online e del cammino fatto fino ad adesso.

Come si informano gli Italiani nel 2018?

Parlare del lavoro fatto da Amazon negli Stati Uniti che in tempi non sospetti ha iniziato proprio dalla vendita di libri su internet quando internet era una cosa per pochi, che dall’offrire self publishing ha aggiunto anche il servizio editoriale di scouting e promozione di autori, sbarcando anche sulla carta stampata, fa sempre bene. Si tratta di un ripasso di come l’eCommerce numero uno, amato e odiato allo stesso tempo, abbia contribuito a rivoluzionare il mondo dell’editoria e del modo in cui leggiamo.

Eppure, dire Amazon o New York Times e dei loro tanto celebrati modelli di business online serve per dare un quadro generale ma oggi può essere molto più interessante sapere cosa accade in Italia.

L’editoria digitale in Italia

Il nostro Paese al momento infatti è un terreno interessante in cui grandi player nazionali ed internazionali si scontrano nel mondo dei contenuti, in un’epoca in cui le reti mobili hanno finalmente permesso di archiviare la parola digital divide ed in cui nuove testate online nascono ogni giorno così come decine di blog di fake news e pseudoscienze si contendono l’attenzione dei lettori più sprovveduti incontrando una domanda di informazione digitale che è presente ma che ancora non è soddisfatta pienamente dagli editori più serio. Basti pensare che ad oggi l’80% dei progetti editoriali italiani esistono solo sul canale web e che l’80% delle persone che dichiarano di informarsi frequentemente lo fanno soprattutto usando il web. Dati interessanti che si scontrano con un altro dato: il fatto che solo il 13% degli editori monetizza direttamente i contenuti mentre il resto del mercato si basa sugli introiti pubblicitari.

Questo dato non è una bella notizia: monetizzare con la pubblicità richiede un traffico massiccio costante, quindi va a detrimento della qualità e dell’originalità. Si deve preferire il titolo accattivante ed ambiguo per fare click-baiting (cioè usare “un’esca” per ottenere click), si deve preferire il gossip sui protagonisti della notizia piuttosto che i fatti stessi, con risultati a volte scarsi a volte letteralmente tragicomici di testate online anche con un certo nome che si affannano a pubblicare decine di articoli spesso simili fra loro con titoli diversi e immagini fuorvianti per le anteprime da condividere sui social.

Il modello freemium o premium cioè far pagare per alcuni contenuti è una strada percorsa da molti nel mondo e che in Italia ha portato a maggiori ricavi per quotidiani come il Foglio ed il Corriere della Sera offrendo anche maggiore libertà rispetto ai modelli “Cattura-attenzione” utilizzati da chi deve affannarsi per monetizzare in pubblicità.

Il problema quindi, come dimostrato dai casi già citati, non è che in Italia non esiste una domanda di informazione di qualità ma piuttosto che l’offerta sia scarsa.

Una lezione importante per i media tradizionali che vogliono sopravvivere e magari trionfare in questo periodo di cambiamenti e transizioni tra digital e cartaceo.

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