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Ue-Uk, 9 modi per dirsi addio dopo Brexit

Dopo la vittoria del “Leave” al referendum del 23 giugno, si aprono scenari inesplorati: ecco 9 ipotesi su come potrebbero andare le trattative per il divorzio fra Londra e Bruxelles.

Ue-Uk, 9 modi per dirsi addio dopo Brexit

Quando comincerà il divorzio fra Regno Unito e Unione Europea? Quanto durerà? Quale scenario dobbiamo aspettarci? Sono queste le principali domande lasciate aperte dal referendum sulla Brexit, la consultazione che lo scorso 23 giugno ha sancito, a sorpresa, la vittoria del “Leave”. Per il momento le possibilità sul tavolo sono diverse. Eccone nove.

1. DUE ANNI DI TRATTATIVE

Il premier dimissionario David Cameron ha demandato la responsabilità del negoziato al suo successore (probabilmente Boris Johnson), che però non sarà eletto prima di ottobre. L’Ue vuole iniziare il processo il prima possibile, ma per dare il via libera formale è necessario che l’UK richieda l’applicazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona. A quel punto inizieranno due anni di tempo per concludere la trattativa, estendibili soltanto con l’accordo degli altri 27 Paesi membri.

2. LA MARCIA INDIETRO

Il referendum sulla Brexit del 23 giugno non era vincolante, ma consultivo. Ciò significa che, in teoria, il Parlamento di Londra – magari dopo nuove elezioni – potrebbe anche non ratificare il risultato, ignorando del tutto la consultazione. In questo modo si potrebbero mettere a tacere le minacce di secessione da parte della Scozia e dell’Irlanda del Nord. Resterebbe però da valutare quale effetto avrebbe una retromarcia così clamorosa sull’opinione pubblica.

3. LA TRATTATIVA SENZA FINE

I politici pro-Brexit vogliono trattare con Bruxelles, ma senza far scattare subito il conto alla rovescia dei due anni. Secondo loro, il calcolo dei 24 mesi dovrebbe cominciare solo dopo il raggiungimento di un nuovo accordo onnicomprensivo, che richiederebbe circa 5 anni. Sembra molto difficile che Bruxelles accetti una prospettiva simile, perché vorrebbe dire porre l’Ue in una posizione negoziale debole, restare sine die in un clima d’incertezza e incoraggiare i movimenti euroscettici di tutto il continente.

4. IL VETO SCOZZESE

La settimana scorsa il premier scozzese Nicola Sturgeon ha minacciato di porre un non meglio precisato veto sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. L’alternativa è indire un referendum sulla secessione da Londra analogo a quello di 2 anni, ma con molte più probabilità di successo: la Scozia ha votato contro la Brexit (i No hanno raggiunto il 60%) e potrebbe rimanere all’interno dell’Unione da Paese indipendente. Anche questo sarebbe però più facile a dirsi che a farsi: innanzitutto perché Edimburgo vorrebbe continuare a usare la sterlina, ma anche perché, per aderire, gli scozzesi dovrebbero mettersi in lista d’attesa dietro chi ha già avviato le pratiche (come la Serbia).

5. IL RICATTO

Alcuni sostenitori della Brexit hanno inteso il referendum essenzialmente come uno strumento di ricatto nei confronti dell’Ue, una leva per riuscire a spuntare privilegi superiori a quelli di cui Londra già gode e rimanere così all’interno dell’Unione, ma in condizioni di maggior favore. Se l’Europa accettasse un compromesso di questo tipo, si esporrebbe a iniziative simili da parte di altri Paesi membri. Ad ogni modo, in passato è già circolata l’ipotesi di una “partnership speciale” per la Gran Bretagna.

6. IL MODELLO NORVEGESE

Una delle ipotesi circolata con maggior insistenza prevede che, una volta uscito dall’Ue, il Regno unito aderisca all’area economica europea (Eea) o all’associazione europea di libero scambio (Efta), di cui fanno parte Paesi come Norvegia, Svizzera o Islanda. Il problema è che questi Stati contribuiscono al bilancio Ue e tengono le frontiere aperte al transito dei cittadini comunitari. Due versanti su cui i leader pro-Brexit non potrebbero cedere, visto che durante la campagna referendaria si sono scagliati proprio contro i trasferimenti all’Ue e gli immigrati comunitari.

7. USCIRE DALLA PORTA E RIENTRARE DALLA FINESTRA

Alcuni giuristi (soprattutto britannici) ritengono che, a suo piacimento, Londra potrebbe ritrattare in ogni momento l’atto di uscita dall’Ue. Altri sostengono invece che sarebbe necessario il consenso a maggioranza, se non addirittura all’unanimità, degli altri 27 Paesi membri.

8. SECONDA POSSIBILITÀ

Dopo qualche anno di divorzio, se la separazione non funzionasse, la Gran Bretagna potrebbe rientrare nell’Unione europea. Certo, a quel punto la trattativa per il rientro sarebbe senz’altro sfavorevole per Londra, che dovrebbe rinunciare ai privilegi che oggi le sono concessi.

9. LO STRAPPO

È lo scenario più drammatico e, per fortuna, anche uno dei meno verosimili. In sostanza, una volta attivato il famoso articolo 50, l’UK potrebbe decidere di uscire dall’Ue anche prima della scadenza dei due anni, senza aver chiuso alcuna trattativa. Sarebbe un disastro economico per tutti, dal momento che le rappresaglie sarebbero inevitabili, soprattutto sul fronte commerciale e amministrativo.

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