Condividi

Turchia, la crescita rallenta (Pil +2,5% nel 2021): pesano inflazione e deprezzamento della lira

La politica monetaria di Erdogan ha prodotto una forte svalutazione (-45% nel 2021), che pesa su consumi (+3%) e investimenti (-2,5%) delle famiglie – Allarme grano con la guerra

Turchia, la crescita rallenta (Pil +2,5% nel 2021): pesano inflazione e deprezzamento della lira

La Turchia – la cui Nazionale di calcio incontra stasera l’Italia in una partita ormai inutile per le qualificazioni ai Mondiali in Qatar – è cresciuta sul piano economico del 10,3% nel 2021, spiega Atradius, grazie a politiche monetarie, creditizie e fiscali espansive introdotte in risposta alla pandemia, e al rimbalzo della domanda dell’export. I consumi privati e gli investimenti sono aumentati rispettivamente dell’11,7% e del 6,4%, mentre le esportazioni sono cresciute di ben 22,4 punti percentuali.  I ricavi nel settore del turismo sono raddoppiati rispetto al 2020, fino a 25 miliardi di dollari.

Turchia: nel 2022 il Pil rallenta

Tuttavia, nel 2022 la crescita del PIL dovrebbe rallentare al 2,5%, seguita da un’espansione del 2,6% nel 2023. L’allentamento della politica monetaria ha portato a un forte deprezzamento della lira alla fine dello scorso anno, che a sua volta ha causato un’impennata dell’inflazione (48,7% a gennaio 2021). Il persistere di un’inflazione elevata (prevista al 37% nel 2022) e l’aumento dei costi di rinnovo dei prestiti sovvenzionati mettono a dura prova i bilanci delle famiglie. Il consumo privato si espanderà solo del 3% quest’anno, mentre gli investimenti dovrebbero contrarsi del 2,5%. Tuttavia, la crescita delle esportazioni dovrebbe rimanere robusta oltre +9%.

Gli effetti della guerra in Ucraina sulla Turchia

Inoltre, l’economia turca non sarà esente dalle ricadute della guerra in Ucraina, i cui effetti si faranno sentire nel breve termine dall’instabilità sui mercati internazionali per l’aumento dei prezzi delle commodities. Secondo ISPI, il balzo del prezzo del petrolio farà aumentare il deficit della bilancia commerciale, visto che il Paese dipende quasi interamente dalle importazioni per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Con oltre il 33% degli approvvigionamenti di gas, la Russia è il primo fornitore della Turchia. Inoltre, la Russia è il terzo partner commerciale, dopo Germania e Cina, con un import-export di 34,7 miliardi di dollari nel 2021, e il secondo fornitore dopo la Cina con importazioni turche che sfiorano i 29 mld, mentre le esportazioni turche sono poco meno di 6 miliardi.

Il crollo della lira turca

Il forte deprezzamento della lira alla fine del 2021 aumenta il peso sulle imprese con una grande esposizione al debito denominato in valuta estera. Molte compagnie pagano alti tassi di interesse per i prestiti e soffrono per il valore più debole della valuta locale sui rimborsi del debito estero. La lira debole aumenta anche il rischio di credito per le imprese che operano in settori orientati alle importazioni, mentre mancano le esportazioni o le entrate in valuta estera. I prezzi alla produzione hanno iniziato ad aumentare, colpendo principalmente le industrie ad alta intensità energetica e i settori che dipendono dalle importazioni di materie prime e componenti.

L’inflazione in Turchia

Un significativo rialzo dei prezzi al consumo si è registrato nei trasporti (+75,75%), e nei generi alimentari e bevande non alcoliche (+64,47%), andando a intaccare ulteriormente il potere d’acquisto di ampie fasce della popolazione turca. Anche l’aumento del prezzo del grano avrà un impatto non solo sul deficit di conto corrente ma anche sui prezzi al consumo di farina e derivati. Infatti, nonostante la Turchia produca circa la metà del grano che consuma, da Russia e Ucraina proviene il 78% delle sue importazioni.

I problemi della Banca centrale

Il tasso di cambio della lira turca ha già mostrato una notevole volatilità nel 2018 e nel 2019, e i grandi deflussi di capitali dai mercati emergenti nel primo trimestre del 2020 hanno portato a un forte deprezzamento. Il trend di svalutazione è continuato nei mesi successivi. Per evitare un ciclo di svalutazione della valuta-alta inflazione, la Banca Centrale aveva adottato una posizione di politica monetaria più ortodossa, aumentando il tasso di interesse di riferimento più volte fino a marzo 2021. Tuttavia, nello stesso mese il presidente Erdogan ne ha fatto rimettere il mandato al governatore, sollevando seri dubbi sull’indipendenza dell’autorità monetaria e del principale istituto di credito.

La nuova politica monetaria

Con l’obiettivo di sostenere la crescita del credito e di stimolare gli investimenti, il governo ha invertito di nuovo la politica monetaria. Da settembre 2021, il tasso di interesse è stato tagliato di 500 punti base al 14%. Questo ha reso il tasso di interesse reale profondamente negativo. Di conseguenza nel 2021 la lira turca si è fortemente svalutata rispetto al dollaro: del 45% dall’inizio dell’anno e del 38% da settembre 2021. Ecco allora che il brusco calo del tasso di cambio ha portato a un deterioramento delle finanze pubbliche, dal momento che più del 50% del debito pubblico è emesso in valuta estera (era meno del 40% nel 2017).

Commenta