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Transizione ecologica, anche i dipendenti pubblici in campo

L’urgenza di un piano nazionale di qualificazione per i dipendenti degli Enti locali per i progetti che entreranno nel Recovery plan e non solo. L’esempio di collaborazione tra Regione Lombardia e GSE, può servire da modello.

Transizione ecologica, anche i dipendenti pubblici in campo

Bisognerà coinvolgerli. Forse più di quanto il Ministro Brunetta dice di voler fare. I dipendenti pubblici dovranno avere uno spazio largo nella trasformazione green del Paese. La transizione ecologica, centrale nel programma del governo Draghi, si compirà solo se la macchina statale sarà in condizione di afferrarne l’importanza partecipandovi direttamente. Brunetta ha ragione quando sostiene che il merito va premiato in ogni settore e che l’efficienza della macchina pubblica deve tornare ad essere un valore. Occorre trovare, però, presto il modo per farlo, magari stimolando i capaci ad essere più bravi e i meno attrezzati a voler eccellere. 

Di fronte alla sfida di un cambiamento così radicale come quello che arriverà dal Recovery in tema di sostenibilità ambientale, i dipendenti pubblici sono, infatti, chiamati ad una prova decisiva. I tempi di attuazione delle scelte che troveranno posto nel Piano per Bruxelles sono determinati a monte, al 2026. Poi ci sarà dell’altro. Ma la stragrande maggioranza delle opzioni presentate in Europa dipenderanno da timbri, visti, pareri, delibere.

Ora, se è vero che bisogna mettere mano allo snellimento di procedure e profili autorizzativi – al centro come in periferia- è altrettanto evidente che gli Enti locali sono in larga parte sguarniti di professionalità e competenze su efficienza energetica, risparmi, fonti rinnovabili. La politica deve prenderne atto, sebbene Brunetta abbia annunciato nuovi concorsi pubblici per i giovani. Se il Paese non dovesse farcela per deficit di competenza, sarebbe davvero una sciagurata sconfitta. E dopo aver destinato alla new economy la bellezza di 80 miliardi di euro. Anzi  Nomisma e il gruppo di management Rekeep hanno chiesto al governo di stanziare 39,1 miliardi solo per la riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare non residenziale. I settori evoluti dell’energia sono recepiti (quando lo sono) nella macchina statale con ritardi paurosi. Il complesso di norme, regolamenti ,circolari, sentenze hanno l’effetto di bloccare sul nascere tutte le buone iniziative industriali ecosostenibili. A ben guardare la stessa complicata vicenda dell’ex Ilva di Taranto – tra ordinanze comunali, ricorsi, sentenza del TAR , del Consiglio di Stato – discende da una mescolanza di decisioni facenti capo a poteri pubblici. 

Il punto vero è che non si può affrontare una svolta epocale senza aumentare la preparazione dei dipendenti pubblici. Per costruire  un impianto eolico oggi ci vogliono fino a cinque anni. Convertire una scuola  ad energie pulite richiede dai due a quattro anni  con dirigenti, impiegati, assessori e sindaci a sbrogliare decine di documenti, per giunta  angustiati dall’incubo della firma. Una soluzione a tale pena burocratica l’hanno trovata a Milano. La Regione Lombardia ha firmato con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) un accordo che prevede, tra le altre cose, percorsi di formazione per i dipendenti degli Enti locali «deputati alla gestione dell’edilizia sanitaria pubblica, nche in virtù dell’emergenza COVID». Un ambito un po’ speciale in questo 2021 per promuovere le rinnovabili negli edifici pubblici, ma che ha buoni risultati alle spalle. Negli anni passati i corsi di formazione di efficientamento energetico degli edifici per  professionisti e  tecnici comunali hanno interessato 550 Enti pubblici lombardi e circa 2.000 tra funzionari e professionisti del settore. È solo un’esempio, localizzato. Ma l’Italia è ricca di Centri studi, Università, Enti pubblici in grado di fare da formatori. Cosa impedisce, allora, ai Ministeri interessati, alle Regioni, ai Comuni di impostare subito un piano nazionale di formazione a larghissimo raggio affinché i principali capitoli della transizione ecologica abbiano «sul campo» una PA preparata, competente ed efficiente ? Giusto per non pensare (i Cinquestelle più di tutti prendano nota) che tutto si è risolto con un Ministero nuovo di zecca o strutture centralizzate a Roma. Dopo il via libera dell’Unione Europea i progetti bisognerà realizzarli nei territori. 

« In tema di infrastrutture – ha detto Draghi in Parlamento – occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita ». Ha visto lungo il premier e gliene va dato atto. Per questo é sufficiente ricordarselo  per darsi da fare.

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