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Torna l’ora legale, forse per l’ultima volta

Stanotte abbiamo spostato in avanti le lancette dell’orologio ma, secondo le indicazioni del Parlamento Ue (che il Consiglio deve ancora ratificare), quest’anno ogni Paese sarà chiamato a scegliere se tenere per sempre l’ora legale o quella solare: Italia orientata verso la prima ma ci sono pro e contro.

Torna l’ora legale, forse per l’ultima volta

Nella notte tra sabato 28 e domenica 29 marzo, cioè come avviene regolarmente (esclusi i periodi bellici) da oltre un secolo nell’ultimo weekend del mese di marzo, è tornata l’ora legale. Lancette dunque in avanti di un’ora (per gli appassionati: sì, si dorme un’ora “in meno”) e giornate più lunghe fino alla fine di ottobre. Questa volta però potrebbe essere l’ultima, almeno in Europa. Intendiamoci: l’ora legale non viene abolita, anzi, potrebbe diventare quella adottata ufficialmente e per sempre. Quello che invece viene abolito (per ora solo come indicazione, il Consiglio europeo deve ancora ratificare le decisione) è il doppio cambio di orario nell’arco dello stesso anno.

Insomma da quest’anno, molto probabilmente, ogni Paese europeo verrà chiamato a scegliere tra ora legale e ora solare. Questo dopo che già nel 2017 alcuni Paesi nordici (ai quali l’ora legale allunga ulteriormente le già lunghissime giornate estive) hanno chiesto al Parlamento Ue di abolire l’obbligo di ora legale e che un sondaggio popolare indetto nel 2018 dallo stesso organo di Strasburgo ha effettivamente evidenziato che i 6 milioni di europei che hanno risposto sono per l’84% favorevoli all’abolizione del doppio cambiamento annuale di orario.

In Italia hanno votato solo in 1.840 e il responso è stato più equilibrato: il 66% è favorevole ad un orario unico tutto l’anno, e infatti il governo italiano l’anno scorso ha risposto di non voler cambiare proprio nulla, finché non sarà formalmente costretto. In questa ultima ipotesi, a differenza dei Paesi nordici, l’opinione prevalente è che opteremmo per mantenere sempre l’ora legale, cioè le giornate lunghe che come è noto ci consentono risparmi nei consumi elettrici che il gestore della rete, Terna, ha quantificato nel 2019 allo 0,5% annuo, pari a circa 100 milioni di euro, con minori emissioni in atmosfera di CO2 per 250 mila tonnellate (cioè le emissioni prodotte ogni anno da circa 190 mila famiglie italiane).

Una cifra importante (dal 2004 abbiamo risparmiato oltre 1,6 miliardi di euro e 9,6 miliardi di kWh di elettricità, pari alla richiesta annua di una regione come la Sardegna) ma destinata a scendere, visto che il risparmio sull’illuminazione contribuisce in piccolissima parte al risparmio energetico totale, grazie ai bassi consumi delle sempre più utilizzate lampadine a Led. I consumi maggiori ormai vengono da computer e climatizzatori, sui quali l’ora legale non incide. Inoltre, va considerato che l’ora legale anche d’inverno ritarderebbe di un’ora il sorgere del sole, aumentando probabilmente i consumi al mattino, visto che le persone andrebbero a lavorare quasi in piena notte.

Il dibattito è sempre più acceso, tra pro e contro. Sempre più studi scientifici stanno dimostrando che in ogni caso, a prescindere da quale regime orario scegliere, i continui cambi sono dannosi per la salute e per la società. Ad esempio: una ricerca dell’università del Colorado che ha preso in esame 732.000 incidenti morali tra il 1997 e il 2017 ha dimostrato che nella settimana dopo lo scatto in avanti delle lancette i morti sulle strade negli Usa crescono del 6%. In Nuova Zelanda questo dato si allargherebbe al 16%, mentre l’università del Michigan ha rilevato un aumento del 5,6% degli incidenti sul lavoro. E’ il solito discorso, noto da tempo, dei ritmi circadiani, che se alterati sono una minaccia per la salute pubblica.

“L’intensità e il colore della luce durante il giorno non sincronizzano solo il ciclo veglia-sonno – ha spiegato ad esempio il cronobiologo Roberto Manfredini – ma anche l’attività di organi come il fegato e il pancreas, e dei sistemi immunitario ed ormonale”. Col rischio di malattie cardiovascolari, che anche esse sono più frequenti del 5% nella prima settimana dopo il cambio di orario. Non solo: in Finlandia uno studio ha individuato una crescita dell’8% degli ictus, mentre non poteva mancare nemmeno la depressione, i cui casi negli Usa si impennano dell’11% con il ritorno all’ora solare in autunno, per l’improvvisa riduzione dell’esposizione alla luce naturale.

Se invece l’abolizione non dovesse passare, ci sarebbero comunque degli accorgimenti da prendere, secondo gli esperti. Sarebbe infatti una buona idea anticipare i cambi di orario alla notte tra venerdì e sabato, così da dare alla maggior parte delle persone, che nel weekend non lavorano, un giorno in più per adattarsi, mentre un buon sistema per prepararsi senza troppo stress è quello di andare a letto, nella settimana che precede il cambio, ogni giorno 10 minuti prima o dopo, a seconda di come verrà spostata la lancetta.

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