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Tlc: il Recovery Plan può rilanciare il polo delle torri, ma non subito

La focalizzazione del Piano Draghi sulla digitalizzazione e la volontà del ministro Colao di accelerare sulla diffusione di Internet in tutto il Paese creano le premesse per riportare sulla scena il polo delle torri di trasmissione dei segnali radiotelevisivi, ma per ora la strada è in salita

Tlc: il Recovery Plan può rilanciare il polo delle torri, ma non subito

Il tema della possibile nascita di un polo delle torri di trasmissione dei segnali radiotelevisivi, periodicamente, torna di attualità e FIRSTonline, che da tempo, segue con attenzione questo argomento. Ora, con il Pnrr pressoché pronto per essere consegnato a Bruxelles, ci potremmo trovare di fronte a una nuova fase che rende questa materia di grande attualità. Ci sono in ballo tanti miliardi di investimenti in digitalizzazione, innovazione e competitività tecnologica e le infrastrutture di rete come le torri, qualora fossero adeguatamente considerate, potrebbero giocare un ruolo di grande rilievo.

Si tratta di un tema che si può leggere attraverso diverse linee: la prima è di carattere strettamente finanziario, di mere operazioni di M&A tra aziende interessate a rafforzare la propria presenza nel business. La seconda si riferisce a criteri di efficienza e razionalità del sistema, di convenienza e opportunità per il soggetto principale, il Paese, a dotarsi di una rete unica per la diffusione dei segnali radiotelevisivi. La terza chiave di lettura, infine, riguarda lo sviluppo dei sistemi tecnologici interni a tutto il perimetro delle telecomunicazioni. In particolare, i passaggi che legano questi tre ambiti sono costituiti dall’avvento del 5G e dalla possibile realizzazione della rete unica per la BUL.

L’obiettivo del Governo è dotare il Paese di un sistema di connessione a Internet stabile, veloce ed equamente distribuito su tutto il territorio nazionale. Come ha dichiarato recentemente il ministro Vittorio Colao, è impellente fare presto, garantire la neutralità tecnologica tra rete e 5G e assicurare l’equilibrio di mercato. Tutto questo, inoltre, si collega al prossimo avvio della fase più delicata del refarming delle frequenze, prevista già dal prossimo settembre.

Ecco allora che in questo quadro il tema “polo delle torri” potrebbe non essere più solo un argomento di alchimia finanziaria tra soggetti che a vario titolo operano su questo specifico mercato. Si tratta potenzialmente di costituire un soggetto in grado di supportare lo sviluppo di una parte della “società unica” che non poggerebbe solo sul cavo ma anche sulla diffusione attraverso il FWA (Fixed Wireless Access) e la rete delle torri potrebbe essere uno snodo strategico per questo disegno. Non si tratta tanto delle cosiddette “torri di alta quota”, in quanto non saranno su quei tralicci che viaggeranno i segnali in 5G, quanto più di un reticolo di piccole torri disseminate su tutto il territorio nazionale in grado di fornire una connettività ultraveloce a circa 20 Gb/s, con una bassissima latenza (inferiore a un millisecondo) e altissima densità di accesso per chilometro quadrato (dalle 100 attuali del 4G a oltre un miliardo).

Tutto questo non avrà solo impatto sullo sviluppo dei sistemi industriali, sull’efficienza della Pubblica amministrazione, sulla scuola, sui servizi sanitari e quant’altro, ma andrà ad incidere profondamente anche nei settori della produzione e diffusione di contenuti audiovisivi. Ed è a questo punto che si entra nell’ambito dei sempre complessi rapporti tra i due principali soggetti che operano in Italia: Rai e Mediaset.

La prima è titolare in concessione delle frequenze e controlla, con circa il 64%, Rai Way la società che gestisce e mantiene la rete di diffusione delle stesse. La seconda invece, dopo il delisting degli anni scorsi, entra in gioco con quanto le rimane di Ei Towers, la società che possiede oltre 2.300 torri, una rete per la trasmissione dei servizi di telefonia mobile (circa 1.700 torri) e una dorsale in fibra ottica di oltre 6mila chilometri. Ambedue le società potrebbero trovare una ratio nel possibile processo di accorpamento delle loro strutture, almeno finché il digitale terrestre rimarrà la prevalente forma di diffusione dei segnali radiotelevisivi (ma è noto che entro il 2030 potrebbe avvenire un altro switch off). Si tratta però di capire dove possano trovare le reciproche convenienze.

Nei giorni scorsi ha suscitato una certa curiosità quanto scritto a questo proposito su Repubblica da Sara Bennewitz: “…molti sono pronti a scommettere che, una volta insediati i nuovi vertici Rai, sarà approvata una legge che consente alla Tv pubblica di scendere sotto il 51% di Rai Way”. Abbiamo cercato di saperne di più su questa presunta “legge” e, ufficiosamente, sembra che al Mise non ne sappiano nulla e rinviano, per competenza, al Mef.

Ma perché la Rai dovrebbe cedere qualcosa del suo patrimonio? In cambio di cosa? Quale potrebbe essere il suo vantaggio da una operazione che, al contrario, sembra avvantaggiare, almeno da un punto di vista finanziario, prevalentemente il suo diretto concorrente? Nello stesso articolo si legge infatti che, con questa operazione, “Cologno realizzerebbe una grossa plusvalenza”, con la quale portare avanti i suoi piani di sviluppo finanziario e operativo in Italia e in Europa, dove da tempo cerca spazio.

Per Viale Mazzini, invece, la faccenda è assai più complicata e non è affatto chiara la cifra dei vantaggi rispetto a quella delle perdite. Tutto sta nel capire quali sono le poste che ognuno mette sul tavolo di questa operazione e chi decide le regole di ingaggio. Argomenti che nessuno, al momento, è in grado di affrontare. Più o meno, siamo al punto di partenza, quando nell’aprile 2018 su questo giornale scrivemmo “Rai Way, conti ok ma polo delle torri nelle nebbie” e nell’articolo si leggeva una parte della Relazione al bilancio presentata agli azionisti: “La perdita della titolarità delle Frequenze da parte dei clienti Broadcaster, in tutto o in parte, e/o la modifica delle Frequenze assegnate ai Broadcaster, anche a seguito del previsto processo di riassegnazione dei diritti d’uso delle frequenze in banda 694-790 MHz, potrebbe tradursi in una perdita di clientela per la Società o nella ridefinizione del perimetro dei servizi prestati alla clientela, con effetti negativi sui suoi ricavi, nonché sulla sua situazione economica, patrimoniale e finanziaria”.

A Viale Mazzini, come sostiene una nostra fonte, per ora, tutto questo è come il fumo agli occhi e, anzi, fa tornare in mente fantasmi del passato, quando, direttamente e indirettamente, sono state realizzate manovre che certamente non hanno avvantaggiato il Servizio Pubblico.

Comunque, un elemento appare chiaro: il polo delle torri, ancora una volta, dovrà attendere tempi migliori per essere realizzato e potrebbero non essere quelli determinati dal prossimo cambio del vertice Rai, posto pure che questo possa avvenire secondo il calendario previsto (tra giugno e luglio). Dopo di che, sostiene sempre la nostra fonte, ci ritroveremo a settembre, quando inizierà la fase della transizione al DVB-T2. Troppo tardi. Il governo Draghi, per ora, ha altre priorità.

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