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Tirole, premio Nobel anche nei sistemi di pagamento

UNA TESTIMONIANZA PERSONALE – Il neo Premio Nobel per l’economia Jean Tirole ha dato un contributo essenziale anche sul funzionamento dei moderni sistemi di pagamento, che sono l’ossatura del’economia digitale, frenando l’eccessivo ottimismo sull’autoregolazione dei mercati – Ecco perché le banche centrali debbono occuparsene

Tirole, premio Nobel anche nei sistemi di pagamento

Tirole e i pagamenti. Una testimonianza diretta. Gerardo Coppola E’ con piacere che ho accolto la notizia del Nobel al prof. Jean Tirole. Egli lavora al prestigioso IDEI di Tolosa, gradevolissima cittadina francese ai piedi dei Pirenei che visitai per un convegno di alcuni giorni organizzato da lui e dal prof. Rochet sulle carte di credito e sulle commissioni interbancarie (cd. Interchange fee) oltre dieci anni fa. Ero allora un dirigente della Banca d’Italia con responsabilità nell’area dei pagamenti e avevo avuto l’incarico di organizzare la funzione di supervisione sui sistemi di pagamento creata nel 1999, ai sensi dell’articolo 146 del Testo Unico Bancario. 

I moderni sistemi di pagamento per le transazioni interbancarie o per i pagamenti alle famiglie e alle imprese sono un’area di lavoro meno nota dell’attività scientifica di Tirole, ma di non minore interesse per le implicazioni che ne scaturiscono. La sua opera ha approfondito tematiche essenziali per il funzionamento di questi sistemi: la formazione dei prezzi, le questioni inerenti alla naturale tendenza al formarsi di monopoli, o perché sia importante che in alcuni casi siano le banche centrali a gestire infrastrutture come Target o promuovano aree ottimali come la Sepa. Si è disposti anche ad accettare incongruenze nelle regole di governance di queste sistemi se essi, in specie le piattaforme dei pagamenti all’ingrosso, sono funzionali alla trasmissione degli input di politica monetaria, o ai pagamenti veloci ed efficienti quali i pagamenti elettronici ovvero al diffondersi di circuiti di regolamento a livello mondiale come nel caso delle carte di debito e di credito o della moneta elettronica. 

La complessità di questi sistemi è paragonabile alle industrie delle telecomunicazioni o di rete come Internet con peculiarità tali da imporre regole ad hoc per contenerne il potere enorme di violare la privacy, fare monopolio o sfruttare il predominio che possono acquisire nella vita sociale e politica di un paese. In questo ambito, Tirole ha avuto a mio giudizio tre meriti fondamentali. Partendo dalla commissione interbancaria delle carte di pagamento ha dimostrato che questi circuiti sono vere e proprie industrie di rete e come tali fissano prezzi comuni proprio per il raggiungimento di equilibri volti a massimizzare il benessere sociale. E quindi gli interessi di Tirole nei pagamenti sono pienamente compatibili con i suoi più generali studi sull’economia della concorrenza. Ne conseguono due punti importanti. I sistemi di pagamento sono l’ossatura per sviluppare l’economia digitale, rilevanti non solo ai fini dell’antitrust ma anche per il contenimento dei rischi sistemici e per la stabilità finanziaria, soprattutto con riguardo alle infrastrutture. 

In questo senso il nuovo premio Nobel e’ colui che ha dimostrato perché le banche centrali debbono gestire e controllare i sistemi di pagamento, sviluppando policy ad hoc per migliorarne efficienza e stabilità. Dagli studi accademici di Tirole escono significativi contributi, con una netta presa di distanza dalle ottimistiche visioni neoclassiche sul solido funzionamento dei mercati finanziari e sul loro ininterrotto progresso verso il bene comune. Al pari degli studi sulla finanza d’azzardo, l’economia industriale o l’economia digitale o dei servizi, così come raccontata da Tirole, dà spazio a ricerca, a nuovi investimenti e, in definitiva, alla creazione di posti di lavoro, la via più difficile da tracciare per l’Italia e l’Europa. 

Per il nostro Paese la lezione di Tirole è tutta ancora da apprendere in termini di maggiore concorrenza nel campo dei pagamenti e delle resistenze che promanano dalla industria bancaria e finanziaria nazionale. Ne sono evidenza il commissioning ancora elevato dei servizi, le incertezze tecnologiche che caratterizzano le politiche di investimento e, soprattutto, le prospettive condizionate dalla volontà di difendere peculiarità e strumenti di pagamento resi obsoleti dal passaggio alla Sepa, come, per esempio, i bollettini postali e le ricevute bancarie.

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