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Stellantis: Pomigliano in lotta contro i rischi di chiusura. La città dell’auto al fianco dei dipendenti

Il resoconto di una giornata di preoccupazione a Pomigliano. Lo stabilimento è a rischio per le nuove sfide dell’automotive elettrico. Martedì il primo stop. Fuori luogo le prime dichiarazioni del governo

Stellantis: Pomigliano in lotta contro i rischi di chiusura. La città dell’auto al fianco dei dipendenti

Ieri mattina, di colpo a Pomigliano sembrava di essere tornati indietro di anni. Ai tempi in cui sulla palazzina direzionale sventolava la bandiera Fiat e al comando del Gruppo c’era Sergio Marchionne. Anni difficili e tostissimi non solo per uno stabilimento passato dall’Iri agli Agnelli, ma perché era in gioco la capacità del Sud di fare automobili. Dentro di sé Marchionne ci credeva e i fatti lo hanno dimostrato. Se oggi c’è una nuova tempesta è perché le catene di montaggio non si sono fermate.

È stato un fine settimana carico di preoccupazione davanti ai cancelli dello stabilimento “Giambattista Vico” di Pomigliano d’Arco. Vento di tramontana e sole, capannelli di lavoratori e delegati sindacati, bandiere spiegate, discussioni sulle parole di Carlos Tavares e sul botta e risposta con il governo. Pomigliano è lo stabilimento del Gruppo che negli anni ha pagato il prezzo più alto della riorganizzazione produttiva ex Fiat. Oggi ci lavorano 4 mila persone più un migliaio di trasfertisti dagli stabilimenti di Cassino e Melfi.

La città si mobilita

La partita di oggi si gioca sulla richiesta di sussidi pubblici per l’elettrico, mentre qui si producono la Panda e il suv Alfa Romeo Tonale. Martedi la produzione del Tonale si fermerà e non è un buon segno per quello che potrà accadere nelle prossime settimane. Intanto il comune di Pomigliano d’Arco, attraverso il sindaco Raffaele Russo, ha espresso subito preoccupazione per la piega che sta prendendo la vicenda. Lo stabilimento è stato indicato tra quelli dove i posti di lavoro potrebbero essere ridotti e le conseguenze sulla città e sull’hinterland sarebbero molto serie.

Fa strano – si diceva ieri – sentire quelle dichiarazioni dopo che lo stesso Tavares un paio di settimane fa ha giudicato positivamente l’andamento della fabbrica. Con i sindacati si stava discutendo anche di come trovare meccanici specializzati che qui mancano. I capannoni automobilistici non attirano più? Poi si è innescata la tempesta. Tavares ha replicato a muso duro agli attacchi dell’esecutivo Meloni: “Il governo evita di assumersi la responsabilità del fatto che se non ci sono sussidi per l’acquisto di auto elettriche si mettono a rischio gli stabilimenti italiani”. Certo sono i rischi di una nuova rivoluzione industriale che va gestita con equilibrio e senso delle parole. Il manager avrà anche esagerato, però se si vuole tenere alto il senso della rimbombante Nazione, bisogna pensare ai posti di lavoro e il Governo deve fare la sua parte.

Può darsi che il colpo di Stellantis fosse pronto da tempo e quell’attacco di Giorgia Meloni al titolo di Repubblica (alias John Elkann) “Italia in vendita” lo abbia fatto partire molto prima del previsto. Meloni pentita? Macché! Gli operai sanno giudicare e spesso sono anche più saggi di chi li rappresenta. Sui piazzali ricordano la lunga storia della fabbrica tra vittorie e sconfitte. Si va ai ricordi, al referendum del 2010 contro il “Piano Fabbrica” da 20 miliardi di euro, all’insuccesso della Fiom di Maurizio Landini, ai Cobas, alla sinistra che solo dopo ha condiviso tutto e alla mancata chiusura dello stabilimento. Si è ripreso a costruire auto, la Panda, la Jeep, in un ambiente totalmente diverso dagli anni ’80 e ’90. La fabbrica non gode di ammortizzatori sociali ed è pronta a rinnovarsi ancora.

Un problema dell’azienda ?

Dei tempi di SuperSergio Marchionne in tutta l’area industriale è rimasto un sentiment diffuso, per cui tutte le volte, e ovunque, si parli di automotive qui si drizzano le antenne. Abbiamo capito bene -dicono i sindacati- nonostante qualcuno pensi a una malizia comunicativa del CEO perché i lavoratori dovrebbero ricevere un premio di produzione. No, non è una furbizia. Le parole di un CEO come Tavares hanno un senso:l a prospettiva di produrre la Panda elettrica in Serbia, piuttosto che in Italia. Pomigliano è fuori gioco? È presto per dirlo e molto dipenderà non solo dall’azienda ma dal Governo.

Hanno un senso, invece, le parole del Ministro Adolfo Urso? “Se i cittadini italiani hanno preferito acquistare un’auto prodotta all’estero, piuttosto che una fatta in Italia, il problema non è del governo ma dell’azienda”, ha detto. Un distinguo fuori luogo come, purtroppo sentiamo anche molti altri ministri. Con l’aggiunta che Urso ha chiesto a Stellantis di rivedere le proprie politiche: “lo facessero”, ha detto . Ma non è ciò che ha già annunciato il CEO? Tavares è stato molto chiaro nel prospettare un cambio di strategia che sacrifica i siti di Mirafiori e Pomigliano in assenza dei promessi sussidi pubblici. Ha parlato della concorrenza cinese e degli scenari futuri per l’automotive sostenibile. Il Ministro non ha inteso? A Pomigliano, invece, hanno capito benissimo. Altrimenti non sarebbe stato un triste fine settimana.

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