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Sanità, scuola, industria e l’obbligo di vaccinazione: parla Ichino

INTERVISTA a PIETRO ICHINO, giuslavorista e già parlamentare del centrosinistra – “Apprezzo la linea di gradualità sul Green Pass di Draghi” ma bisogna andare avanti – Colossali invece le contraddizioni della linea “talebana” del Garante della Privacy che “sacrifica il diritto alla salute sull’altare della riservatezza dei dati personali” – Ecco che cosa si può fare per estendere le vaccinazioni in campo sanitario, nella scuola e sui luoghi di lavoro

Sanità, scuola, industria e l’obbligo di vaccinazione: parla Ichino

Basta la parola. Mario Draghi non ne spreca mai una, ma quando parla colpisce. In tre parole magiche – con il famoso Whatever it takes – ha salvato, esattamente nove anni, fa l’euro e insieme l’Europa. Giovedì con poche parole il nostro premier ha demolito il populismo No Vax di Matteo Salvini e Giorgia Meloni e l’indecoroso balbettio di Maurizio Landini sull’obbligo di vaccinazione nelle fabbriche a tutela dei lavoratori. A Draghi è bastato dire che “Non vaccinarsi è un appello a morire” per vedere in molte regioni italiane un boom di prenotazioni delle vaccinazioni. Proprio come era successo in Francia quando il presidente Emmanuel Macron annunciò l’obbligatorietà del Green Pass che ora anche l’Italia in parte replica. Con la sua immensa cultura giuslavorista, Pietro Ichino, intellettuale controcorrente ed ex parlamentare scomodo del centrosinistra, spiega in questa intervista a FIRSTonline come utilizzare al meglio le norme già esistenti e quali nuovi leggi varare al più presto per accelerare con il Green Pass il piano di vaccinazioni e mettere al sicuro l’Italia in piena sintonia con la coraggiosa linea Draghi. Sentiamolo.

Professore, con il Governo Draghi il piano di vaccinazioni anti-Covid ha fatto, per generale ammissione, un grosso passo avanti in Italia. Ma la lotta alla pandemia non è ancora vinta: resta da superare la renitenza alla vaccinazione di almeno un italiano su quattro in tutte le categorie decisive per la ripartenza del Paese. Che cosa pensa delle misure adottate dal Consiglio dei Ministri di giovedì in materia di green pass?

“Penso che in astratto l’ideale sarebbe una norma che imponesse il green pass per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro, come è già previsto per ospedali, case di cura e presidi sanitari. Ma, viste le resistenze che si registrano in seno alla maggioranza, capisco e apprezzo la scelta della gradualità adottata da Draghi: per ora green pass solo per ristorazione e spettacoli, ma con l’avviso che la settimana prossima si parla di scuola e di altri luoghi di lavoro”.

Non sembra che la parola d’ordine “vaccinarsi tutti” possa considerarsi di sinistra piuttosto che di destra. Come si spiegano le resistenze nell’ala destra della maggioranza?

“Si spiegano con la concorrenza serrata fra Lega e Fratelli d’Italia: Matteo Salvini non vuole lasciare a Giorgia Meloni il monopolio della rappresentanza di quel 20 o 25 per cento dei no-vax e dintorni. Ma ad alimentare questa resistenza un po’ opportunistica ha contribuito fortemente la campagna contro l’obbligo di vaccinazione e contro la relativa certificazione condotta ormai da mesi dal Garante della Privacy, in nome di una concezione talebana del diritto alla riservatezza”.

In che senso “talebana”?

“Nel senso che il Garante sembra essersi dimenticato della necessità di un bilanciamento tra il valore della riservatezza dei dati personali e quello, di rilievo costituzionale anche maggiore, della protezione della salute e sicurezza dell’intera collettività. Per fortuna le indicazioni fornite dal Garante, contrarie alla possibilità di chiedere l’esibizione del Green Pass alle persone, non sono legge dello Stato: è giusto tenerne conto con la massima attenzione, ma, date le circostanze, fanno benissimo il Governo e gli imprenditori che decidono di non sentirsene vincolati. Del resto, lo stesso Garante è in grande imbarazzo quando lo si pone di fronte alla grande crepa interna alla sua posizione”.

Quale crepa interna?

“Tutta la nostra disciplina in materia di protezione dei dati personali non è altro che attuazione di una disciplina di fonte europea. Ora, lo stesso Parlamento Europeo ha approvato il green pass, come strumento indispensabile per ripristinare il diritto alla libera circolazione nel continente: dunque è lo stesso ordinamento UE che sancisce la legittimità della richiesta ai cittadini del certificato di immunità per poter circolare e accedere ai luoghi di lavoro o di svago. Il che dimostra l’errore in cui cade il nostro Garante quando pretende di sacrificare il diritto alla salute sull’altare del diritto alla privacy”.

Dunque chiunque può chiedere l’esibizione del Green Pass?

“Finché non c’è una norma che obblighi tutti a vaccinarsi contro il Covid, come quella che è già in vigore contro il vaiolo, la poliomielite, o la difterite, ciascuno è libero di non vaccinarsi; ma anche ogni albergatore, ristoratore, o gestore di trasporti pubblici è libero di chiedere il certificato di immunità a chi vuole avvalersi dei suoi servizi, piaccia o no al Garante”.

E lo può anche l’imprenditore nei confronti dei dipendenti?

“La tesi mia, che mi sembra corrisponda a un orientamento maggioritario fra i giuslavoristi, è che l’imprenditore possa, a norma dell’articolo 2087 del Codice civile, sentito il medico competente, chiedere la vaccinazione ai dipendenti in tutti i casi in cui la ritiene necessaria per garantire la massima sicurezza possibile nel posto di lavoro. Se l’imprenditore ha adottato questa misura, egli ha poi ovviamente la facoltà di verificarne il rispetto da parte di ciascuno dei dipendenti”.

Ma i giudici del Lavoro che cosa ne pensano?

“Ci sono già almeno due sentenze di giudici del Lavoro (di Udine e di Belluno) che sanciscono il potere-dovere del datore di lavoro di adottare questa misura, proprio in applicazione di quelle norme generali. E non mi constano sentenze in senso contrario”.

Uno dei grossi terreni di scontro resta l’obbligo di vaccinazione dei docenti in vista della ripresa dell’anno scolastico possibilmente in presenza: su questo Lei è tra i primi firmatari di una lettera aperta al Presidente Draghi per chiedere una legge che renda ineludibile l’obbligo di vaccinazione per i docenti. Qual è la ratio della vostra iniziativa  e che possibilità di successo ha?

“La ratio sta in questa domanda: che senso ha obbligare a vaccinarsi medici e infermieri – come è stato fatto con il decreto-legge n. 44 del marzo scorso – e non obbligare anche gli insegnanti e il personale amministrativo della scuola, per la quale si profila altrimenti il rischio di un altro anno di didattica a distanza, con i risultati rovinosi che i test Invalsi hanno impietosamente mostrato?”.

Lei sostiene che non sarebbe nemmeno indispensabile una legge, perché basterebbe applicare le norme che già ci sono per obbligare a vaccinarsi anche il personale della scuola. Come stanno esattamente le cose e a chi tocca applicare le norme in questione?

“L’articolo 2087 del Codice civile, di cui ho parlato prima, così come gli articoli 15 e 20 del Testo Unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro, si applicano al rapporto di lavoro pubblico degli insegnanti esattamente come a qualsiasi rapporto di lavoro privato. Dunque il ministero dell’Istruzione, in applicazione di queste norme, ben potrebbe già oggi dare indicazione a tutti i dirigenti scolastici di esigere la vaccinazione di tutto il personale che da loro dipende. Logica politica, però, vuole che una decisione di questo genere sia il Governo a prenderla, e non solo per il personale della scuola”.

A quali conseguenze va incontro oggi il personale della sanità che non intende vaccinarsi?

“Il decreto-legge n. 44 prevede, dove possibile, l’assegnazione di mansioni diverse, anche inferiori, che consentano l’isolamento del medico o infermiere renitente. Dove questo non sia possibile, il decreto dispone la sospensione dal lavoro senza retribuzione. Questa è una sanzione meno severa rispetto a quella che colpisce normalmente il lavoratore che rifiuti di applicare una misura di sicurezza: la regola generale è che in questo caso si può arrivare fino al licenziamento”.

Negli ultimi giorni ha fatto clamore l’iniziativa della Confindustria secondo cui si potrà lavorare solo con il certificato di vaccinazione. I sindacati sono insorti ma secondo Lei la mossa della Confindustria è legittima e risulterà anche efficace?

“Confindustria ha fatto bene a sollecitare il Governo a emanare una misura di questa natura: liberi tutti di non vaccinarsi, ma non di mettere a repentaglio la salute altrui. Però rimprovero a Confindustria una eccessiva timidezza nell’indicare ai suoi associati la via dell’adozione diretta, in ciascuna azienda, della richiesta della vaccinazione come misura di sicurezza, in applicazione delle norme già vigenti che ho indicato prima”.

E come giudica la reazione dei sindacati?

“È sbagliato generalizzare: molti sindacalisti, anche al vertice, hanno preso una posizione diversa da quella assunta da Maurizio Landini. A quelli che invece la condividono, allineandosi con le forze politiche più di destra, pongo una domanda: che senso ha rivendicare una intensificazione della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, chiedendo che i rischi vengano azzerati, e poi opporsi all’obbligo della vaccinazione, che costituisce l’arma più efficace contro un pericolo gravissimo che minaccia la salute delle persone e la vita stessa delle aziende?”.

One thought on “Sanità, scuola, industria e l’obbligo di vaccinazione: parla Ichino

  1. IO non vedo l’ora di vaccinarmi, non con il metodo attuale, ma VIA ORALE, ci sono molte industrie farmaceutiche che stanno testando il metodo, esiste anche in Italia, il LECOVAX2 vaccino in comperesse, pare molto promettente, forse meglio degli attuali.
    Non tutti sono novax, sono sicuro che, se esce velocemnte il vaccino via orale, si vaccinerammo
    quasi il 100×100 delle persone, io per primo. FATE PRESTO GRAZIE!!!

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