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Sanità, i tempi d’attesa sono una croce: tagliarli si può, ma come?

I tempi d’attesa dei pazienti per la diagnostica, per la medicina di emergenza e per la chirurgia elettiva sono un problema irrisolto non solo in Italia – Le soluzioni per ridurli sono molteplici ma non tutte funzionano: ecco perchè – Che cosa insegna l’esperienza dell’intramoenia e come riorientarla

Sanità, i tempi d’attesa sono una croce: tagliarli si può, ma come?

I tempi di attesa per la diagnostica, la medicina di emergenza e la chirurgia elettiva sono un problema comune a molti paesi che, come l’Italia, hanno una gestione pubblica (o mista) della sanità.

Con riferimento alla chirurgia elettiva è evidente che attendere fa male soprattutto ai pazienti che hanno maggiori complicazioni e che necessitano di interventi urgenti. In particolar modo, l’evidenza clinica dimostra che aspettare per un’operazione come il bypass aortocoronarico è estremamente dannoso in quanto maggiore è il tempo di attesa per un operazione e maggiore è la possibilità di morire prima dell’intervento e di soffrire ed essere ricoverato di urgenza dopo l’intervento.  Per altre tipologie di intervento come la sostituzione dell’anca o del ginocchio l’effetto è meno drastico, ma l’attesa prolunga sofferenze e stress per il paziente e per chi gli sta vicino.  

A rendere poi meno piacevole l’attesa è la consapevolezza che ad aspettare sono sempre le persone che meno se lo possono permettere in termini economici di rivolgersi alla sanità privata.

Uno studio condotto di recente in vari paesi europei ha rilevato che gli individui con una istruzione più elevata e un reddito maggiore aspettano il 68% in meno in Spagna, il 67% in meno in Italia ed il 34% in meno in Francia. Lo stesso studio ha anche rilevato che i cittadini più abbienti sono anche favoriti nell’accesso a visite specialistiche (pubbliche). Gli autori dello studio rilevano tre possibili cause per spiegare questo strano fenomeno: la prima e che chi è più istruito sa meglio come esercitare pressione sul sistema burocratico e ridurre la propria attesa. Secondo, chi è più istruito ed abbiente conosce più persone (ha un amico medico che conosce un altro amico medico etc. etc). Terzo chi è più abbiente e istruito ha una minore probabilità di non presentarsi all’appuntamento prefissato.

Nel contesto italiano abbiamo un ulteriore fattore che determina l’attesa e cioè dove si risiede.  il federalismo che di fatto ha creato tanti stati nello stato non garantisce un uniforme accesso alla sanità pubblica (vedi esempio lampante dei vaccini e delle politiche di screening che variano da regione a regione). In base ai dati diffusi dal Tribunale dei Diritti del Malato un cittadino su quattro non riesce ad accedere alle prestazioni sanitaria a causa dei tempi di attesa. Ma l’attesa non è uguale per tutti basti pensare che al Sud l’11.5% di residenti rinuncia alle cure questa percentuale al Nord scende al 4.1%.  Molti residenti al Sud per ovviare all’attesa nel pubblico si rivolgono al privato (o all’intramoenia) che ovviamente è più caro e non accessibile a tutti.      

Anche se i modi di misurare i tempi di attesa (da non confondere con la lunghezza delle liste di attesa perché le due misure possono non essere correlate) variano da paese a paese il dibattito sui tempi di accesso ai servizi sanitari è un argomento politico in Italia così come in Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo.  Le politiche volte ad aumentare l’offerta o a ridurre domanda implementate negli ultimi dieci anni nei diversi paesi per combattere tempi di attesa troppo lunghi sono state diverse.

Si è visto per esempio che “iniettare semplicemente soldi” nel sistema non porta ad un miglioramento, ma anzi può peggiorare la situazione; si è osservato infatti che dopo una iniziale diminuzione i tempi di attesa tornano a risalire a livelli anche superiori a quelli prima della politica (vedi quanto successo in Svezia).

Una alternativa è aumentare la produttività degli ospedali (remunerazione basata sul volume delle prestazioni aumentando allo stesso tempo il budget disponibile) ma anche questo, sebbene auspicabile, non ha risolto il problema dei tempi di attesa. Una politica basata su tempi di attesa massimi che, se superati portavano ad una penalizzazione e sanzioni per gli ospedali e per i manager sanitari  (politica soprannominata anche “targets and terror”) in Inghilterra ha avuto effetti molto negativi per la sanità inglese e sebbene abbia ridotto i tempi di attesa ha dimostrato di non essere sostenibile nel lungo periodo in quanto cara e in quanto genera meccanismi perversi (se un paziente ha superato il target di tempo senza essere curato il medico/l’ospedale perde ogni incentivo a farlo) e sembrerebbe generare liste di attesa (occulte) per entrare nelle liste di attesa ufficiali.

Una alternativa sono le politiche sulla riduzione della domanda al settore sanitario pubblico. Esse sono principalmente due: aumentare l’offerta privata (o nel caso Italiano anche l’intramoenia) e/o migliorare con apposite guide linea la capacità dei medici di dare priorità ai pazienti che ne hanno più bisogno.

Parliamo dell’offerta privata. Aumentare l’offerta privata senza finanziarla vuol dire automaticamente che solo i più abbienti aspetteranno meno. Questo che è quello che accade esattamente nei paesi (e nelle regioni Italiane) dove si aspetta di più (vedi le regioni sottoposte al Piano di Rientro). Questa quindi non è una soluzione ma è una cosa che fisiologicamente succede dove il sistema non funziona. Se i più abbienti se ne vanno dalla lista di attesa allora rimangono in meno ricchi a chiedere sanità pubblica ma questo non è giusto anche perché sono proprio i più abbienti a finanziare il SSN e si ritrovano quindi a pagare la stessa prestazione due volte.

Parliamo invece dell’intramoenia, ovvero dottori che sono stipendiati dal SSN ma che privatamente svolgono attività professionale all’interno degli ospedali pubblici fuori dal loro orario di lavoro.  L’attività intramoenia garantisce un guadagno sia per il medico che può utilizzare una struttura pubblica per operare privatamente sia per l’ospedale che “fitta” al medico la sua struttura guadagnandoci. Questa potrebbe apparire come una win-win situation. Ma è realmente così? Superficialmente la risposta sembrerebbe SI. Ma se vediamo la cosa in termini economici questo sistema crea di fatto dei (forti) incentivi per medici ad avere liste di attese pubbliche lunghe per avere domanda privata maggiore. Per evitare questa contraddizione una soluzione potrebbe essere dare la possibilità di fare intramoenia solo a coloro che presentano tempi di attesa entro i limiti stabiliti. Introducendo quindi una quota di intramoenia premiale per coloro che sono più efficienti nel ridurre le attese di tutti.

Ma c’è anche un’altra via che è semplice, economica, sostenibile e soprattutto equa e questa via è offerta dalla riforma sui tempi di attesa recentemente introdotta dal Portogallo, Paese con scarse risorse economiche ma con una forte voglia di rinnovarsi. Nel prossimo articolo spiegheremo come il Portogallo ha in questo campo qualcosa da insegnare a tutti noi. Stai tuned!

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