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Rinnovabili, gas, carbone: Draghi cambia la politica energetica italiana. Ecco come e perché

Nell’informativa alla Camera sulla guerra in Ucraina Mario Draghi ha parlato di interventi importanti per la politica energetica non lesinando critiche alle scelte del passato

Rinnovabili, gas, carbone: Draghi cambia la politica energetica italiana. Ecco come e perché

L’Italia non ha mai avuto una seria politica dell’energia, almeno dai tempi del referendum sul nucleare del 1987. E quella che ha avuto negli ultimi decenni è stata quantomeno imprudente. La guerra in Ucraina ha messo a nudo tutte le nostre fragilità in questo settore strategico. Ora si cambia, ma come? Lo ha spiegato il premier nella sua informativa in Parlamento, di cui riportiamo qui sotto la parte cruciale dedicata all’energia. Gas, rinnovabili e rotte strategiche: Draghi cambia la politica energetica dell’Italia. Basta Nimby e fine della burocrazia. Maggiori quantitativi di gas da Tap (Azerbaijan), TransMed (Algeria) e GreenStream (Libia). E nell’emergenza della guerra Ucraina- Russia, anche carbone. Con buona pace del M5S – che è stato feroce avversario del Tap in Puglia – e della Lega, da sempre appiattita su Putin.

Rinnovabili e gas, torna il carbone? L’emergenza

Il ritorno in auge del carbone è solo un’opzione – al momento – in caso di emergenza, se la Russia chiudesse i rubinetti del gas per ritorsione nella guerra con l’Ucraina. La crisi Ucraina-Russia non sarà breve né facile da risolvere. Occorre prepararsi da un lato a fronteggiare l’emergenza, dall’altro a promuove interventi strutturali. E’ questo il senso del discorso di Mario Draghi.

Partendo dal carbone, le centrali in Italia sono sette e, secondo il Piano nazionale (Pniec), dovranno essere chiuse o convertite entro la fine del 2025 per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione della Ue. Ne abbiamo una in Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Puglia e altre due in Sardegna. Cinque di queste sono targate Enel, una A2A e una è del gruppo cecoslovacco EPH.

In caso di crisi di fornitura, nell’immediato è prevista anche una maggiore “flessibilità” nei consumi di gas. Il che vuol dire sospensioni per le industrie o anche per la produzione elettrica, con ricadute anche sui consumi domestici.

Rinnovabili e gas, tre pilastri per cambiare

L’informativa del presidente Mario Draghi ha richiamato la necessità di interventi importanti. Cerchiamo di spiegare quali, leggendo tra le righe del suo discorso.

Prima di tutto diversificare i flussi, potenziando il corridoio Sud. Il che vuol dire fare passare più gas algerino, libico e azero nei gasdotti italiani e ridurre l’import dalla Russia nel contempo. Poi bisogna riportare il volume della produzione italiana di gas almeno al 20% dell’import (oggi intorno ai 70 miliardi complessivi). Ravenna e Sicilia sono le aree a cui guardare. Il punto è chiaro: il gas sarà indispensabile nella transizione energetica che sarà lunga. E quindi è illusorio pensare di poterne fare a meno nel breve-medio periodo.

Nella diversificazione bisogna pensare ad aumentare i rigassificatori. Vale ricordare che per quello di Rovigo ci sono voluti 12 anni (anziché 2-3) e battaglie campali per vincere le resistenze.

Per le rinnovabili, la battaglia è sulla burocrazia che rallenta le autorizzazioni o le blocca. Quindi sono da prevedere semplificazioni o anche sostituzione dello Stato centrale sugli enti locali inadempienti.

Ma ecco, qui di seguito, le parole di Mario Draghi pronunciate alla Camera venerdì mattina 25 febbraio.

Il testo dell’informativa di Mario Draghi in Parlamento

“La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa.
Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni.
In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi”.

 “Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future. 
Il Governo monitora in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee.
Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili”. 

“Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture. 
Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. 
Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania”.

“La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni. 
L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. 
Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva sul tema”.

“Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica
Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati.
Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico”.

“Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative.
Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo”. 

“Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione.
Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture”.

“Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia.  
Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”.

“Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Sì, è necessario”.

“Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro”.

“Ho parlato del gas, ma la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti.
A questo proposito vorrei notare che gli ostacoli a una maggiore speditezza su questo percorso non sono tecnici, non sono tecnologici, ma sono solo burocratici

“Ma il gas resta essenziale come combustibile di transizione.
Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni.
Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro.
La crisi di portata storica che l’Italia e l’Europa hanno davanti potrebbe essere lunga e difficile da ricomporre, anche perché sta confermando l’esistenza di profonde divergenze sulla visione dell’ordine internazionale mondiale che non sarà facile superare”.

Fonte: Ucraina, informativa del presidente Draghi in Parlamento venerdì 25 febbraio 2022

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