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Riforma fiscale, una Commissione sul modello Cosciani-Visentini

Il premier Draghi ha fatto benissimo a richiamare l’importanza che ebbe agli inizi degli anni ’70 la Commissione Cosciani-Visentini per la riforma del fisco: è una strada da percorrere anche oggi

Riforma fiscale, una Commissione sul modello Cosciani-Visentini

Ricordavo nel mio ultimo articolo pubblicato su FIRSTonline, che il presidente Mario Draghi non avrebbe potuto evitare di fare riferimento alla riforma tributaria, data la sua incivile pervasività nella vita economica e sociale italiana. Ricorda infatti Joseph Schumpeter che la storia del bilancio pubblico è la storia della civiltà politica di un paese. Dato il peso quantitativo e qualitativo del fisco nel bilancio pubblico italiano, la struttura esistente del nostro fisco getta una cupa ombra sulla civiltà politica e sociale del nostro paese (vedi l’enorme evasione fiscale).

Bene dunque ha fatto il presidente Mario Draghi a sottolineare l’importanza della riforma del fisco per il rinnovamento della società italiana. Di grande impegno e da seguire sono le modalità con cui il presidente Mario Draghi ha delineato l’azione del suo governo per avviare la riforma tributaria. Non a caso, a questo proposito, ha richiamato la commissione guidata nei primi anni settanta da Cesare Cosciani e Bruno Visentini. Questi furono i principali costruttori del nuovo sistema tributario, che con l’aiuto di molti esperti e tramite l’importante strumento della legge di delega al governo, disegnarono il nuovo sistema fiscale in coerenza con l’assetto dell’economia e della finanza italiana che usciva dalla ricostruzione post bellica.

Oggi, in coerenza con il discorso del presidente Mario Draghi, vale la pena di ricordare e a titolo di esempio da ripercorrere, come venne allora costruito il sistema che avrebbe disegnato il nuovo fisco coerentemente con tutte le interazioni tra redditi, patrimoni e scambi. Tutti questi correlati con coerenza fra di loro dando così vita a un sistema tributario che rispondeva alle esigenze dell’economia e della finanza di allora. 

Inizialmente, dopo l’esame parlamentare delle leggi di delega, furono pubblicati diciannove decreti, tutti in data 26 ottobre 1972, che introdussero l’imposta sul valore aggiunto (n. 633) e l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (n. 643), nonché modificarono le imposte di registro (n. 634), successioni (n. 637), ipotecarie e catastali (n. 635), bollo (n. 642), contenzioso tributario, imposta comunale sulla pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni (n. 639), imposta sugli spettacoli (n. 640) e tasse sulle concessioni governative (n. 641).

Il 1° gennaio 1973 entrarono in vigore tali provvedimenti, salvo quello sulla riforma del contenzioso tributario, che trovò faticosa applicazione solo nei primi mesi del 1974. Successivamente furono emanate le disposizioni sulle imposte dirette. La loro entrata in vigore ebbe luogo il 1° gennaio 1974, con la sostituzione delle vecchie imposte reali (ricchezza mobile, fabbricati, terreni, redditi agrari) e personali (complementare sul reddito, imposta di famiglia), con le nuove imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle persone giuridiche (IRPEG) (D.P.R. 29 settembre 1973, nn. 597 e 598) nonché l’imposta locale sui redditi (ILOR) (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599).

Un apposito provvedimento (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) raccolse norme comuni in materia di accertamento delle imposte sul reddito, mentre con altri decreti delegati furono dettate le linee fondamentali delle agevolazioni tributarie (D.P.R. n. 601), furono riformati la riscossione delle imposte dirette (n. 602) e i servizi relativi (n. 603), nonché furono stabilite disposizioni sulla revisione degli estimi e del classamento del catasto terreni e fabbricati. Fu creata, infine, l’Anagrafe tributaria.

Purtroppo il sistema politico cominciò fin da allora a smontare il sistema tributario introducendo nuove esenzioni e le più diverse erosioni delle basi imponibili. Ad esempio, già nel 1974 (in occasione dell’istituzione della Consob), con grande disapprovazione di Bruno Visentini, venne introdotta la cedolare secca su gli utili di impresa nell’illusione, commentò lo stesso Visentini, di fare rientrare in Italia i capitali fuggiti all’estero.

Da allora una inarrestabile legislazione di natura torrentizia ha pervasivamente smontato il sistema tributario. Come è noto, il processo della manipolazione del sistema tributario è continuato in omaggio ad esigenze momentanee di politica economica, ma più spesso per esigenze di micro interessi politici ed elettorali. È però vero che gli assetti legislativi (vedi il diritto societario, bancario e finanziario) e quelli reddittuali  patrimoniali e degli scambi sono profondamente mutati nel corso degli ultimi decenni, (si vedano le indagini di Banca Italia e dell’Istat sulla ricchezza finanziaria delle famiglie e delle imprese non finanziarie oltre che le proposte di riforma tributaria di Banca Italia, del CNEL e dell’UPB).

Ma come allora, occorre l’istituzione di una commissione di esperti nelle più diverse materie giuridiche ed economiche che sappiano disegnare e proporre i principali e puntuali principi e criteri direttivi per le nuove leggi di delega al governo coerenti tra di loro e in linea con le linee di politica economica e industriale oggi richieste dalla UE per la ricostruzione dell’Italia, per la crescita dimensionale delle imprese non finanziarie, per la riduzione delle diseguaglianze economiche. Sono atti necessari per contribuire alla uscita dalla stagnazione economica dell’Italia che perdura da alcuni decenni. Ma sarebbero anche atti che contribuirebbero allo sviluppo di una maggiore civiltà politica e sociale, come direbbe Joseph Schumpeter.

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