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Riforma costituzionale: l’incognita del premierato e la trappola della legge elettorale

Il premierato a elezione diretta e il premio di maggioranza al 55% previsto della futura legge elettorale sono i punti più controversi di una proposta costituzionale che parte in salita

Riforma costituzionale: l’incognita del premierato e la trappola della legge elettorale

Ci vorrà tempo per capire se la proposta di riforma costituzionale presentata dal Governo Meloni è solo una bandiera identitaria per le prossime elezioni europee o ha reali possibilità di decollare. Di sicuro è un progetto di riforma che parte in salita: non tanto per il diffuso dissenso delle opposizioni, di cui non si conosce finora una compiuta proposta alternativa, ma per la confusione e le contraddizioni di cui il testo è tuttora costellato. Rafforzare la Presidenza del Consiglio all’insegna della stabilità non è un’eresia e non lo è nemmeno parlare di premierato (che è sempre meglio del presidenzialismo), ma dipende da come lo si fa. Lo spartiacque è certamente l’elezione diretta o meno del premier, ma ci sono altre norme che accompagnano il premierato che seminano dubbi e incertezze e che rischiano di provocare cortocircuiti istituzionali. Non è detto che la riforma arrivi al traguardo e non è detto che il testo finale assomigli davvero al disegno di legge iniziale, ma per ora il risultato è quello illustrato a “Repubblica” dall’ex premier ed ex Presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato secondo cui il Ddl Casellati (dal nome del ministro proponente) ha l’innegabile effetto di “stravolgere il sistema istituzionale” indebolendo il Parlamento e togliendo autorevolezza al Quirinale. Non basta dire che la funzione di garanzia del Presidente della Repubblica non si tocca, se poi si immagina di sottrargli il potere di nomina del Presidente del Consiglio e il potere di sciogliere le Camere.

Riforma costituzionale: la mina vagante della nuova legge elettorale

Ma, oltre al premierato, c’è un altro aspetto della riforma che finora è rimasto un po’ nell’ombra, anche perché il testo non è stato ultimato, ma che rischia di diventare una mina vagante ed è la nuova legge elettorale che dovrà accompagnare il premierato. L’articolo 3 della proposta di riforma ipotizza un premio di maggioranza per la coalizione che vincerà le elezioni che garantisca il 55% dei seggi alle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio eletto a suffragio diretto. Ma la cosa più stravagante e più inquietante è che non si definisce la soglia minima per ottenere il premio. Senza indicazioni precise e ragionevoli sarebbe assurdo che la coalizione che prende anche soltanto il 27 o 28% dei voti degli elettori possa fare cappotto e portarsi a casa il 55% dei seggi parlamentari. La definizione di una soglia ragionevole per far scattare il premio di maggioranza non è un dettaglio ma è un altro passaggio cruciale della futura legge elettorale che ci dirà se serve a rafforzare e a rinnovare realmente la democrazia italiana o a muovere passi pericolosi in direzione non di una maggiore democrazia ma di una democratura di cui gli italiani non avvertono proprio il bisogno.

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