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RIFORMA BANCHE POPOLARI – Antitrust: spa solo per le quotate. Assopopolari: spa non obbligatoria

Dopo l’audizione della Banca d’Italia in Parlamento, sulla riforma delle banche popolari la Camera sta raccogliendo il parere di tutti i soggetti in campo – Mentre Assopopolari si è attestata su una linea difensiva chiedendo che la trasformazione in spa non sia obbligatoria, una proposta più ragionevole è venuta dall’Antitrust: spa solo per le quotate.

Trasformazione in spa per tutte le 11 maggiori banche popolari (quelle che superano un totale dell’attivo di 8 miliardi euro), solo per le Popolari quotate o per nessuna. Le audizioni promosse dalla Commissione Finanze della Camera, che sta esaminando il decreto del governo Renzi che obbliga le maggiori Popolari a trasformarsi in spa in 18 mesi superando il voto capitario, stanno prospettando scenari diversi o addirittura alternativi.

Martedì scorso il direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, ha ampiamente motivato il pieno consenso di Via nazionale alla riforma del Governo sulle banche popolari ricordando che la trasformazione in spa e l’abbandono del voto capitario per le maggiori banche popolari è reso urgente dal loro passaggio sotto la supervigilanza della Bce e dalla necessità che possano più facilmente ricorreree al mercato dei capitali qualora la loro situazione patrimoniale, già consideratà debole dagli ultimi stress test, lo richiedesse.

Il Presidente dell’Autorità Antitrust, Giovanni Pitruzzella, pur promuovendo la riforma del Governo ha suggerito però una variante: obbligo di trasformazione in spa non per tutte le 11 maggiori Popolari ma solo per le 7 che hanno liberamente deciso di quotarsi in Borsa, la cui permanenza è incompatibile con lo stato di società cooperativa e la blindatura dell’assetto societario che elimina ogni lontana parvenza di contendibilità.

Sulla difensiva si è invece collocato il presidente di Assopopolari, Ettore Caselli, che nell’audizione di oggi alla Camera ha bocciato la riforma sostenendo che potrebbe aprire le porte a soggetti speculativi (ndr, ma Banca d’Italia e Consob non bastano a vigilare?) e che in particolare la “trasformazione in spa dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti finalizzati a mantenere nel tempo l’attuale carattere di public company indipendente” e non essere un “obbligo cogente ed ineludibile ma solo una sanzione per le Popolari che non completino un percorso evolutivo finalizzato a riconoscere al voto capitario un ruolo non esclusivo ed al voto proporzionale un ruolo non marginale”.

Caselli non ha però spiegato come mai la maggior parte delle grandi popolari non abbia realizzato la trasformazione in spa e come si giustifica la libera scelta di andare in Borsa con un assetto societario poco trasparente e del tutto in contrasto con quello delle altre società che sono quotate e che sono ovviamente spa. Ne ha risposto alla domanda cruciale che la riforma pone: in una democrazia economica le azioni di società quotate si contano o si pesano?

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