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Ricchezza italiana: solo 22 province sopra i livelli pre-Covid, la metà sono al Sud

Enna al top per crescita di ricchezza prodotta (+2,9%), Milano per reddito pro-capite. Boom dell’edilizia, bene la manifattura, arrancano i servizi

Ricchezza italiana: solo 22 province sopra i livelli pre-Covid, la metà sono al Sud

Solo 22 province su 107 si sono lasciate alle spalle la crisi causata dal Covid nel 2021 superando la ricchezza prodotta nel 2019 a valori correnti, più della metà si trova in Campania e Sicilia. Questi i dati che emergono dall’analisi realizzata dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto provinciale del 2021 e i confronti con il 2019.

I top e i flop

La crescita maggiore in termini di valore aggiunto è stata registrata a Enna, che ha segnato un +2,9%, contro la media nazionale del -1,2%. Ma Milano con 49.332 euro a testa si conferma al primo posto per reddito prodotto pro-capite. Terni è la provincia che scala il maggiore numero di posizioni nella classifica del valore aggiunto pro-capite, passando dal 70esimo al 62esimo posto. In rimonta anche Avellino e Lecco che recuperano quattro ranghi collocandosi rispettivamente all’86esimo e al 27esimo posto. 

Tra il 2021 e il 2019 difficoltà di recupero si riscontrano in particolare lungo tutte le province bagnate dal Mare Adriatico (-1,8%), in Toscana (-2,4%) e nel Triveneto (-2,3%). Sotto il profilo settoriale, invece, è soprattutto l’edilizia, grazie alle misure di sostegno governative, a segnare gli incrementi di valore aggiunto più elevati (+12,6%), con punte superiori al 30% nell’Umbria e in gran parte della Sicilia. In crescita anche l’industria manifatturiera che pure sfiorando solo il 2%, contribuisce in maniera significativa alla ripresa dato il suo peso sull’economia. A fare più fatica è, invece, il comparto dei servizi (-2,7%) su cui pesa la difficile rimonta delle attività connesse al turismo (-27,2%) con riflessi negativi soprattutto sulle città metropolitane. 

“Il Covid ha rimescolato la geografia produttiva del Paese. Registriamo, infatti, la crisi della tradizionale direttrice adriatica dello sviluppo e il rilancio di quella tirrenica, una differenziazione dei fenomeni di crescita nel Mezzogiorno, difficoltà di diverse aree del Triveneto e il rafforzamento delle performances della provincia rispetto a quelle dei grandi centri metropolitani”. È quanto sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, secondo il quale “se le province a maggiore densità industriale hanno dimostrato una maggiore resistenza rispetto alle altre, resta comunque il dato che questo dinamismo non è bastato a riportare in maniera territorialmente diffusa i livelli precedenti alla pandemia”.

Edilizia e manifattura

Per quanto riguarda l’edilizia, è Terni a registrare un boom di crescita (+42%), seguita da Perugia (+39,8%) e Messina (+37,6%). “In generale, Umbria e Sicilia mostrano andamenti nettamente superiori alla media nazionale con tassi di crescita superiori al 30%, ad eccezione di Caltanissetta e Siracusa che comunque evidenziano incrementi tra il 27 e il 28%”, sottolinea il report. Nel complesso tutte le province italiane presentano un trend positivo, salvo Pordenone (-6,7%), Udine (-2,5%) e le province autonome di Bolzano (-0,5%) e Trento (-0,8%). 

Passando invece al manifatturiero, le performance migliori si sono registrate nel Nord Ovest (+ 2,7%) e nelle Isole (+2,3%) e in misura minore dal Centro (+1,8%) e dal Nord-Est (1,5%). Chiude, invece, alla pari il Sud. Tra le province, La Spezia (+16,1%), Genova (+12,4%) e Teramo (+11,9%) sono in testa alla classifica per crescita del valore aggiunto prodotto dal settore. 

Servizi ancora in affanno

Fa ancora fatica il settore dei servizi, che perde il 2,9% di valore aggiunto tra il 2021 e il 2019. A rallentare il passo è la difficoltà di ripresa del turismo che è ancora sotto di un quarto rispetto al periodo pre-Covid. Ma anche le attività artistiche e creative (-25%) e quelle di supporto alle imprese (-11,8%) presentano ancora forti ritardi. Due attività che hanno il loro cuore pulsante nelle grandi città come Milano e Roma, che perdono rispettivamente il 3,1% e il 2,1%. 

Sul fronte opposto, le uniche nove province che hanno superato i livelli di valore aggiunto prodotto dal terziario nel 2019 sono tutte del Mezzogiorno, ad eccezione di Frosinone. È in particolare la Campania a distinguersi per i risultati positivi conseguiti, con Avellino (+2,7%), Benevento (+1,8%), Caserta (+1,7%) e Salerno (0,8%) che occupano i primi quattro posti delle province più performanti. 

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