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Recessione Germania e rischio contagio: la produzione di auto piange. Parla Alessandro Marino

Intervista a Alessandro Marino, Segretario generale della Camera di Commercio italo-tedesca sulle cause della frenata della Germania: quali ricadute può avere sull’industria e sull’economia italiane e perché

Recessione Germania e rischio contagio: la produzione di auto piange. Parla Alessandro Marino

L’intensità della recessione tedesca rappresenta la grande variabile per le previsioni della crescita dell’eurozona nei prossimi mesi. Se la debolezza del primo paese in ordine di importanza industriale in Europa dovesse prolungarsi a lungo, il rischio di un contagio sulle altre economie, in primis quella italiana, sarebbe quasi inevitabile. Sull’economia tedesca pesano il calo della domanda interna e il rallentamento dei rapporti commerciali con la Cina.

Per quanto riguarda lo strategico settore dell’automotive, nei primi cinque mesi del 2023, i quattro big automobilistici tedeschi hanno prodotto circa 500.000 veicoli in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. “La Germania è il più importante partner commerciale dell’Italia, nel 2022 l’interscambio tra i due paesi ha raggiunto il livello record di 168 miliardi di euro, +18% in termini tendenziali. Sono ormai due economie profondamente integrate e complementari”, spiega Alessandro Marino, segretario generale della Camera di Commercio italo-tedesca, uno degli organismi più influenti per quanto riguarda le relazioni economiche tra Roma e Berlino.

Da cosa è dettata principalmente la frenata dell’economia tedesca?

“Ci sono una serie di concause, in primis l’alta inflazione ha ridotto il potere d’acquisto anche in Germania, indebolendo la domanda interna. Ha influito anche l’aumento dei costi energetici e una contrazione della domanda dall’estero. Anche il settore edilizio mostra segnali di rallentamento”.

In che misura nei prossimi mesi l’Italia sarà coinvolta dal rallentamento tedesco?

“Alcuni settori della manifattura italiana sono sicuramente più esposti di altri, come la componentistica meccanica e il comparto dei macchinari. Il calo dei consumi interni potrebbe avere effetti visibili anche sull’export alimentare italiano, mentre la contrazione nell’edilizia avrà impatti sulle filiere italiane collegate ai prodotti per l’edilizia”.

Quali sono i settori che stanno soffrendo di più in Germania?

“L’industria alimentare sta rallentando molto, l’abbigliamento è in calo, il commercio al dettaglio è in difficoltà. Mentre nella ristorazione ancora non si vedono contrazioni all’orizzonte. Per l’automotive e la componentistica si incrociano però più questioni. Sicuramente il settore automobilistico tedesco non ha superato il gap produttivo rispetto al 2019, ma va detto che sul mercato globale è in corso una riconversione delle filiere verso l’auto elettrica che giocoforza sta cambiando tanti punti fermi rispetto al passato”.

Stanno frenando anche gli investimenti della grande manifattura tedesca?

“Il Presidente dell’Unione delle Camere di Commercio ed Industria tedesche, Martin Wansleben, nei giorni scorsi ha reso noto un sondaggio su un campione di 21mila aziende tedesche. Solo il 28% delle imprese ha comunicato di avere pianificato nuovi investimenti e addirittura il 24% annuncia di ridurre la quota aziendale di investimenti. Con queste percentuali di investimenti si farà fatica a compensare le perdite del periodo Covid. L’aumento dei tassi di interesse sta mettendo in stand-by molti piani industriali, soprattutto per le spese in nuovi macchinari”.

La transizione in atto nell’automotive che impatti avrà nelle esportazioni italiane verso la Germania?

“Le auto elettriche necessitano di una componentistica molto più ridotta rispetto al motore termico. La sfida per le aziende italiane è quella di restare fornitrici anche per le nuove tecnologie elettriche. È un tema complesso, anche perché il futuro non riguarda solo il passaggio all’elettrico. Nel medio termine, lo scenario sarà quello del “driverless car”, l’auto senza conducente e più in generale della “sharing mobility”, nuovi paradigmi che cambieranno completamente l’industria automobilistica. Diventeranno cruciali le partnership tra le case automobilistiche e le società tecnologiche produttrici di software. Gli analisti prevedono grandi cambiamenti anche nell’economia tedesca: nel giro di qualche anno i livelli occupazionali nell’automotive potrebbero arrivare a dimezzarsi. È plausibile una compensazione con le nuove offerte di lavoro innescate dal settore dell’elettrico, delle ricariche e delle batterie. In ogni caso, per il momento in Germania non esiste un problema occupazionale, anzi si fa fatica a reperire forza lavoro”.

La rimodulazione nelle catene globali del valore, in termini soprattutto di accorciamento delle filiere, renderà più solide le relazioni commerciali tra Italia e Germania?

“Il rientro in Europa di alcune lavorazioni potrebbe avvantaggiare i paesi più vicini alla Germania e rafforzare in generale l’industria europea. È prevedibile quindi una nuova centralità logistica dell’Italia, in una logica di maggiori flussi in entrata e uscita dalla Germania verso l’Africa e il Medioriente, sfruttando la rete dei porti italiani nel Mediterraneo. Il governo tedesco ha detto chiaramente che la Cina è cambiata e dovrà cambiare per forza di cose anche la politica economica e commerciale della Germania, in un’ottica di riduzione della dipendenza strategica verso i prodotti cinesi. Il problema principale concerne la dipendenza dalle materie prime cinesi, ma al momento non sembra facilmente risolvibile. Si tenga presente che il primo partner commerciale della Germania è la Cina, con quasi 300 miliardi di interscambio commerciale”.

Quali settori industriali tedeschi potrebbero riportare alcune produzioni in patria o nell’Unione Europea?

“Il governo tedesco considera ambiti sensibili la farmaceutica, la produzione di semiconduttori e di microchip. Per questi ultimi servono le terre rare, materie che la Germania importa quasi totalmente dalla Cina. Non sarà semplice cambiare in breve tempo la struttura dell’import tedesco”.

Gli imprenditori tedeschi sono più preoccupati da un’inflazione che rimane alta o da una possibile fase recessiva prolungata?

“In questo momento gli imprenditori tedeschi esprimono maggior preoccupazione per i tassi alti che stanno congelando le scelte di investimento. Temono, a ragione, che in questa fase determinante nella transizione energetica, industriale e tecnologica sia necessario non perdere il treno degli investimenti strategici, pena la perdita della competitività tedesca nel lungo periodo. In primis nell’automotive, dove vedono il rischio potenziale di essere superati in alcune tecnologie dalle case produttrici cinesi o coreane”.

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