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Procedura d’infrazione Ue: tutte le conseguenze per l’Italia

La possibile apertura della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia potrebbe avere ripercussioni pesantissime sul nostro Paese: dall’aumento delle tasse a quello della spesa per interessi, passando per la manovra correttiva, ecco cosa potrebbe succedere

Procedura d’infrazione Ue: tutte le conseguenze per l’Italia

Tecnicamente si chiama procedura d’infrazione per deficit eccessivo, ma in realtà il problema alla base è il debito pubblico. L’Italia non ha rispettato le regole europee che prevedono di ridurre annualmente (di un ventesimo) il debito allo scopo di avvicinarsi all’obiettivo verso cui tutti gli Stati Membri devono tendere, vale a dire avere un debito pubblico sotto il 60% del PIL. Il mancato rispetto di questo diktat comporta delle conseguenze pesanti che non si traducono solo nella proposta e nella possibile applicazione di una procedura di infrazione, ma hanno ripercussioni correlate addirittura più pesanti della “punizione” inflitta dall’Ue in sé e per sé. Dalla perdita della fiducia degli investitori nei confronti del nostro Paese al possibile aumento delle tasse, passando per l’incremento dei rendimenti sui titoli di Stato e la stangata sulla spesa per interessi.

DEBITO PUBBLICO: LA SITUAZIONE DELL’ITALIA

Come detto, gli Stati Membri ogni anno devono ridurre il proprio debito pubblico. Cosa ha fatto l’Italia? Nel 2018 il nostro debito si è attestato al 132,2% del PIL. Un livello altissimo che ben palesa la gravità della situazione, ma che diventa ancor più preoccupante se si tiene conto del fatto che rispetto all’anno precedente la percentuale è addirittura salita (nel 2017 eravamo al 131,4%) e che nei prossimi anni si prevede una vera e propria impennata: secondo le stime della Commissione Ue raggiungeremo il 133,7% nel 2019 e addirittura il 135,2% nel 2020. Parlando in termini pro-capite, è come se ogni cittadino italiano nascesse con un debito personale di 38.400 euro. Finanziarlo costa mille euro l’anno per ciascun abitante.

Il problema però non è solo questo. L’aumento del debito pubblico è accompagnato da una crescita stentata e dalla mancata riduzione del deficit strutturale, nonostante la promessa del Governo italiano di abbassarlo dello 0,3%. In realtà l’Italia ha fatto l’esatto contrario: dal 2015 ad oggi ha sempre aumentato il disavanzo: quest’anno dovremmo arrivare al 2,4%, mentre proseguendo di questo passo nel 2020 raggiungeremo il 3,6%.

PROCEDURA D’INFRAZIONE: ECCO PERCHÉ

I dati sono questi. Bisogna inoltre sottolineare anche che lo scorso novembre la Commissione europea, bocciando la Manovra italiana, aveva già acceso il faro sul nostro debito eccessivo, decidendo però un mese dopo di graziarci e di non proporre una procedura di infrazione dato che il Governo si era impegnato a ridurre deficit e debito. I numeri però dicono l’esatto contrario e le stime sono sempre più allarmanti anche date le numerose promesse fatte dal Governo italiano sull’anno prossimo, soprattutto quelle riguardanti la costosissima Flat Tax di Matteo Salvini e la “decisa riduzione delle tasse” di Luigi Di Maio.

La congiuntura economica più debole, secondo Bruxelles “spiega solo in parte l’ampio gap” nel rispetto della regola, e la “retromarcia” su alcune riforme pro-crescita del passato, come quella delle pensioni, e il deficit proiettato oltre il 3% nel 2020, rappresentano “fattori aggravanti”, specifica la Commissione.

Da sottolineare che fino ad oggi, l’Unione europea non ha mai applicato nei confronti di nessuno Stato membro una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione del criterio del debito. Nel caso in cui la proposta della Commissione venisse approvata dall’Ecofin, l’Italia conquisterebbe dunque un primato di cui andare poco fiera.

PROCEDURA D’INFRAZIONE: LE CONSEGUENZE

Le conseguenze pratiche di questa procedura di infrazione potrebbero essere molteplici. Se il governo non riuscirà a correggere la rotta prima del 9 luglio, l’Italia diventerà a tutti gli effetti una “sorvegliata speciale” e sarà soggetta a un monitoraggio rafforzato ogni tre/sei mesi attraverso il quale Bruxelles verificherà che il nostro Paese attui misure severe per invertire il trend di crescita di debito e deficit. Le richieste di Bruxelles potrebbero tradursi in una manovra correttiva da 3-4 miliardi da adottare subito, e altre misure correttive da attuare secondo un calendario ben preciso stabilito da Bruxelles.

Nel caso in cui l’Italia non facesse quanto richiesto, arriverebbe da Bruxelles un secondo invito ad adottare un nuovo piano di rientro. Se l’Italia dicesse “No” un’altra volta, su richiesta dalla Commissione, l’Ecofin potrebbe chiedere al nostro paese un deposito su un conto fruttifero per un ammontare variabile da 4 a 9 miliardi di euro, cifre che in termini percentuali corrispondo allo 0,2 e lo 0,5% del PIL. In questo caso l’Italia avrebbe 3-6 mesi di tempo per adottare le misure necessarie. Non solo. I trattati europei prevedono che in situazioni limite, la Banca europea per gli Investimenti (Bei) possa riconsiderare la propria politica di investimenti nei confronti del Paese sanzionato, chiudendo i rubinetti. Una decisione pesantissima, dato che l’Italia è al secondo posto (ma anche al primo a seconda degli anni) nella classifica dei beneficiari delle operazioni Bei.

Queste le conseguenze dirette. Diverse, ma forse più pesanti, quelle indirette. Gli investitori avranno sempre meno fiducia nei confronti del nostro Paese. Tanti penseranno “e chi se ne importa”. In realtà non è così semplice dato che è proprio ai mercati che l’Italia chiede soldi in prestito per realizzare queste misure. Se la sfiducia sale, non solo l’Italia avrà meno soldi per fare ciò che deve, ma dovrà pagare anche interessi molto più alti su quelli che riceve in prestito, riducendo parallelamente gli investimenti su tutti gli altri comparti (sociale, lavoro, ecc.) che potrebbero creare sviluppo.

L’esempio pratico si può fare su quanto sta accadendo già oggi ai titoli di Stato italiani, con i rendimenti dei titoli quinquennali che qualche giorno fa hanno superato addirittura quelli della Grecia e lo spread in continua salita.

PROCEDURA D’INFRAZIONE: IL CALENDARIO

La Commissione, per ora, ha solo proposto l’avvio di una procedura di infrazione, ma la decisione finale spetterà all’Ecofin. A questo punto, la palla passerà nelle mani del Comitato economico finanziario formato dagli sherpa degli Stati Mambri, che sarà chiamato a pronunciarsi sulla questione. Il 13 giugno toccherà all’Eurogruppo che poi passerà il tutto all’Ecofin in programma per il prossimo 9 luglio. Saranno i ministri dell’economia e delle finanze ad avere l’ultima parola. Potranno decidere di aprire ufficialmente la procedura d’infrazione, rinviarla per permettere all’Italia di adeguare misure necessarie o sospenderla nel caso in cui il Governo italiano prenda ulteriori impegni per ridurre i preoccupanti parametri economici del Paese.

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