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Privatizzazioni: dalle Poste alle Ferrovie, tempi lunghi e strada in salita. Ecco cosa potrebbe succedere

Nella conferenza stampa di fine anno la premier è tornata sul dossier privatizzazioni. Mps? “Un bel segnale”, ora si punta ad altre due controllate statali. Le tempistiche

Privatizzazioni: dalle Poste alle Ferrovie, tempi lunghi e strada in salita. Ecco cosa potrebbe succedere

La vendita del 25% di Mps sembra aver dato al Governo il morale necessario per accelerare sul dossier privatizzazioni. L’obiettivo? È scritto nero su bianco nella Nadef: portare nelle casse dello Stato 20 miliardi di euro in tre anni. Un’utopia secondo molti, una partita difficile secondo i più ottimisti, ma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni rassicura: “L’impostazione del governo è lontana anni luce dal passato, quando erano regali milionari a fortunati imprenditori ben inseriti”, ha detto nel corso della conferenza stampa di fine anno. 

Privatizzazioni: Meloni su Mps, Poste e Ferrovie

“Penso che abbiamo dato un bel segnale con il Monte dei Paschi di Siena, per anni abbiamo parlato dello Stato che metteva dei soldi. Ma alcune di queste risorse sono rientrate e lo considero un bel segnale”, ha affermato Meloni. “La mia idea – ha continuato Meloni – è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e riaffermarla dove lo è. Questo riguarda il tema della riduzione di quote di partecipazione statale che non riduce il controllo pubblico”. 

Il riferimento è soprattutto a due delle principali controllate statali: “questo potrebbe essere il caso di Poste – ha spiegato la Premier – mentre penso ci sia la possibilità di fare entrare i privati in società dove c’è il totale controllo pubblico come in Ferrovie”.

Le controllate pubbliche si aprono al mercato

Ad oggi Poste Italiane è partecipata dal Mef con il 29,02% e da Cdp con il 35%, mentre Ferrovie dello Stato, società per azioni interamente controllata dal ministero dell’Economia, e a sua volta controlla il 100% di Trenitalia. 

Secondo alcune stime, nel caso in cui sul mercato finissero una quota fino al 49% di Fs e un’altra inferiore al 30% di Poste, lo Stato incasserebbe tra i 4,7 e 6,7 miliardi a cui potrebbero aggiungersi 1,6 miliardi di euro derivanti dalla cessione del restante 39% di Mps in mano allo Stato.

La partita però è tutt’altro che semplice e con ogni probabilità si procederà per gradi. Il punto di partenza sarà Mps dopo il “bel segnale”, così lo ha definito la Premier, lanciato a novembre con la vendita sul mercato del 25% per 920 milioni di euro. Non a caso, ieri le azioni del Monte dei Paschi hanno registrato un rialzo dello 0,9% e oggi guadagnano oltre l’1%, realizzando la miglior performance della seduta a fronte di un Ftse Mib in rosso dello 0,6%.

Poi si passerà alla cessione di una quota di Poste. Il modello da seguire potrebbe essere quello già seguito con Terna, ad oggi detenuta per il 29,85% da Cdp Reti mentre il resto delle quote è in mano ad altri investitori istituzionali e retail. L’obiettivo potrebbe essere dunque quello di mantenere il controllo della governance, cedendo in parallelo un’ampia quota (fino al 30%, come detto) sul mercato.

E Ferrovie? Per ammissione della stessa Meloni la tempistica “soprattutto su Ferrovie richiede una serie di passaggi abbastanza lunghi, non dipende solo da me”. In questo caso, infatti, sarebbe necessario modificare norme e regolamenti, step che allungherebbero i tempi dell’operazione e non di poco. 

I 20 miliardi in tre anni? Per ora restano solo sulla carta. 

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