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Portogallo e Grecia: privatizzazioni e pensioni allarmano Bruxelles

L’area mediterranea torna a inquietare Bruxelles – Il nuovo Governo di sinistra di Lisbona ha deciso di bloccare il piano di privatizzazioni previsto dal precedente Esecutivo, mentre il piano di riforma presentato da Tsipras a Bruxelles non sembra aver incontrato il favore dei vertici europei.

Portogallo e Grecia: privatizzazioni e pensioni allarmano Bruxelles

I Paesi del Mediterraneo tornano ad inquietare l’Europa. Le vicissitudini politiche di Grecia, Portogallo e Spagna continuano a preoccupare il vecchio continente che teme di ripiombare nel baratro della crisi dopo la faticosa risalita degli ultimi due anni.

Se a Madrid il pericolo maggiore è dato dall’ingovernabilità scaturita dalle elezioni generali del 20 dicembre che non hanno dato a Rajoy la maggioranza assoluta necessaria per governare, in Portogallo il problema sarebbe proprio il nuovo Esecutivo a maggioranza socialista.

Ieri, il neo Premeir Antonio Costa ha infatti deciso di annullare la privatizzazione del trasporto locale di Lisbona e Porto, le due più importanti città del Paese. Un dietrofront su tutta la linea rispetto a quanto stabilito dal precedente Esecutivo di destra che, nell’ambito del piano di rigore sui conti pubblici, aveva decretato il passaggio della gestione dei trasporti pubblici di Lisbona al gruppo spagnolo Avanza, società controllata dalla messicana Ado.

Per quanto riguarda Porto, la gestione della metropolitana sarebbe dovuta andare alla spagnola Alsa, mentre i mezzi di superfice, secondo i precedenti programmi, sarebbero dovuti passare nelle mani della francese Transdev. Una scelta che non sembra essere piaciuta a Bruxelles che, dati gli squilibri economici del Paese, avrebbe di gran lunga preferito che il nuovo Governo proseguisse nella strada del rigore.

Ma anche la Grecia sembra aver deluso le aspettative dei vertici europei. Secondo le ultime indiscrezioni, la proposta di riforma delle pensioni presentata lunedì quattro gennaio da Alexis Tsipras non avrebbe convinto l’UE poiché non comporterebbe effetti concreti sui trattamenti previdenziali in essere, agendo solo sulle pensioni future.  Una “delusione” che mette a rischio il pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro concordato lo scorso agosto dopo mesi di difficili trattative.

Nel dettaglio, la riforma prevedrebbe la fusione dei sei principali fondi pensionistici delle varie categorie in un unico fondo, ma soprattutto dei tagli sui futuri assegni tra il 15 e il 30%. Il testo stabilisce inoltre dei limiti mensili massimi di 2300 euro per le pensioni singole (- 400 euro rispetto alla normativa vigente) e 3.000 euro per chi accumula più di una pensione (attualmente è a 3.680), e viene poi fissato un limite mensile minimo di 384 euro al mese (il resto dipenderà dai contributi). La riforma proposta introduce infine dei contributi previdenziali più elevati: +1% per i datori di lavoro e +0,5%per i dipendenti.

La proposta di legge sulle pensioni verrà valutata in occasione dei colloqui tra Atene e i suoi creditori sulla revisione del programma del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) che dovrebbero cominciare formalmente intorno al 18 gennaio.

Nel frattempo l’area meditarrea continua a rappresentare un’incognita per il futuro del vecchio continente. 

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