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Petrolio, dazi, Brexit ed elezioni affondano le Borse

Giornate nera per le Borse sia in Europa che negli Usa – L’effetto Guardiola sulla Juve si esaurisce e nel Ftse Mib (-2,12%, ai minimi da tre mesi) chiude sopra la parità solo Italgas.

Petrolio, dazi, Brexit ed elezioni affondano le Borse

Giovedì nero sui mercati, con il petrolio che crolla e la fiducia nel futuro che vacilla, a causa dei toni crescenti fra Usa e Cina sui dazi, dei deludenti dati macroeconomici europei, del cammino accidentato della Brexit, delle prospettive politiche Ue dopo la lunga maratona elettorale cominciata oggi in Olanda e Gran Bretagna e che terminerà domenica sera.

Piazza Affari perde il 2,12% e scende ai minimi da tre mesi a 20.136 punti con tutte le blue chip in calo, a parte Italgas +0,07%. Anche la Juventus, -0,14%, viene inghiottita da questo deserto rosso, dopo aver resistito quasi tutta la seduta in rialzo grazie al sempre più probabile arrivo in panchina di Pep Guardiola al posto di Max Allegri. I maggiori ribassi del giorno sono quelli di Stm -5,67%; Saipem, -5,17%; Tenaris -4,23%; Unipol -3,95%. Ma non c’è settore che si salvi, dalle banche all’auto.  

La seduta è leggermente negativa per l’obbligazionario: il tasso del Btp 10 anni resta stabile al 2,64%, ma quello del Bund si abbassa e lo spread si amplia a 275.90 punti base (+1,4%). Il grande freddo tocca tutta l’Europa e Wall Street, mentre petrolio s’inabissa: Brent 67,8 dollari al barile, -4,49%; Wti 58,31 dollari al barile, -5,06%.  

Francoforte -1,77%; Parigi -1,81%; Madrid -1,26%; Londra -1,42%. Le tensioni commerciali pesano sugli automobilistici, con Daimler (-6,75%), che soffre l’addio dell’amministratore delegato Dieter Zetsche, che ha lasciato ieri in assemblea, mentre Fca perde il 3% a Milano. Giù Deutsche Bank (-2,54%), il cui ad Christian Sewing ha invocato “cambiamenti di ampia portata” in assemblea.

A New York i tre indici principali stanno accelerando al ribasso e il Dow Jones rischia di archiviare la quinta settimana di fila in rosso. All’origine di una sfiducia così diffusa c’è in primo luogo l’escalation nella guerra commerciale fra Usa e Cina, con i toni che si fanno più accesi. Pechino ha detto che Washington deve correggere le sue “mosse sbagliate” affinché i negoziati possano procedere dopo la messa al bando di Huawei la scorsa settimana. Gli investitori temono adesso che la politica dell’”occhio per occhio, dente per dente” tra le due superpotenze mini la crescita globale, colpendo principalmente il settore tech.

L’Europa ha ragione di preoccuparsi, anche alla luce dei deludenti dati macro: indice Ifo tedesco e Pmi manifatturiero e servizi. Secondo Commerzbank il “manifatturiero continua a essere in recessione, dato che un recupero della domanda globale, in particolare dalla Cina, non sembra all’orizzonte” e i dati di oggi “confermano che la crescita sostenuta del primo trimestre era dovuta a effetti non ricorrenti e l’economia sarà più debole nel secondo trimestre, con la Germania che potrebbe addirittura vedere un calo congiunturale del pil”.

La preoccupazione abita nelle stanze delle banche centrali e la Bce, nel resoconto dell’ultimo meeting scrive “Le prospettive globali restano soggette al rischio continuo di un’escalation della guerra commerciale e all’incertezza legata all’addio del Regno Unito dall’Ue”. Euro-dollaro poco mosso a 1,116, anche se il biglietto verde nel pomeriggio arriva a toccare un massimo da circa due anni, per poi ripiegare dopo dati deludenti sui disoccupati settimanali. Oro in ripresa a 1285,93 dollari l’oncia (+0,97%).

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