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Pensione integrativa: il Fondo Inps e il nodo dei contributi

Il presidente dell’istituto, Tridico, rilancia l’idea di un fondo pubblico per le pensioni complementari e la ministra Catalfo potrebbe parlarne a fine mese con i sindacati (che sono contrari) – La contribuzione volontaria rischia però di mettere in pericolo la sostenibilità del sistema previdenziale

Pensione integrativa: il Fondo Inps e il nodo dei contributi

Creare un fondo previdenziale integrativo pubblico, gestito dall’Inps, per evitare che i giovani di oggi si ritrovino fra qualche decennio con pensioni da fame. L’idea non è nuova – ne hanno parlato nei mesi scorsi il presidente dell’Istituto di previdenza, Pasquale Tridico, e la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo – ma di recente si è fatta più concreta.

“Credo che il ministero del Lavoro stia pensando a una legge delega e a un confronto con i sindacati”, ha detto martedì Tridico davanti alla commissione parlamentare sugli enti di previdenza. In realtà, un incontro fra Catalfo e i rappresentanti dei lavoratori è già in programma per lunedì 27 gennaio per parlare di riforma delle pensioni e dal ministero fanno sapere che forse si parlerà anche dell’ipotesi di un fondo integrativo Inps. Ma il confronto non si annuncia semplice, visto che già nei mesi scorsi i sindacati si sono detti contrari al progetto, posizione ribadita da Cgil e Uil dopo l’audizione di Tridico.

Secondo il presidente dell’Inps, invece, un fondo complementare pubblico aiuterebbe a raggiungere anche “chi non ha redditi elevati”: un obiettivo primario, dal momento che oggi la previdenza integrativa è sfruttata “solo dal 25% dei lavoratori, prevalentemente uomini e ricchi”.

Rimane da capire come strutturare il sistema di contribuzione. Di sicuro, non è immaginabile un ulteriore aggravio dei versamenti obbligatori. Dall’ultimo Pensions Outlook dell’Ocse emerge che, fra i Paesi industrializzati, l’Italia è già quello con la contribuzione previdenziale obbligatoria più alta. E non di poco: siamo al 33%, seguiti dall’Ungheria con un distacco di due punti percentuali. Del resto, anche se un margine esistesse, un eventuale ampliamento del cuneo contributivo peserebbe nell’immediato su occupazione e crescita, risultando quindi impraticabile sul piano politico.

Di conseguenza, se mai nascerà, il fondo per la pensione integrativa gestito dall’Inps sarà forzatamente a contribuzione volontaria. Una caratteristica che però rischia di creare delle difficoltà in ottica distributiva sul lungo periodo. Come scrive nell’ultimo Ibl Focus Marco Abatecola – responsabile Welfare di Confcommercio, membro dei Cda di diversi fondi ed ex segretario di Assofondipensione – la volontarietà della contribuzione “mal si concilia con i sistemi unfunded”, come quello italiano, “dove le pensioni in erogazione sono pagate con i flussi di contributi dei lavoratori attivi e non con gli accantonamenti individuali di ciascuno”.

Se teniamo conto delle previsioni demografiche sfavorevoli, emerge quindi il pericolo che “i contributi delle future generazioni in età da lavoro – continua Abatecola – non riescano a pagare le maggiori prestazioni che saranno dovute domani in forza dei contributi aggiuntivi versati oggi da una platea, peraltro, piuttosto limitata e non stabilmente identificabile nel tempo”.

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