Condividi

Pd nella bufera: Prodi e Calenda per “andare oltre”

Di fronte alla nuova disfatta elettorale, sia Prodi che Calenda ipotizzano di “andare oltre il Pd” creando una nuova formazione politica, la cui identità è però ancora avvolta nelle nebbie: le riforme realizzate vanno rinforzate e continuate o cancellate? Il nodo Renzi e il dovere di una battaglia antipopulista di stampo europeo che sappia però parlare ai giovani, ai ceti meno abbienti e alla classe media

Pd nella bufera: Prodi e Calenda per “andare oltre”

“Ormai lo salva solo il Padreterno” commenta l’ex premier Romano Prodi vedendo le macerie del Pd dopo la nuova stangata elettorale che ha cancellato anche le Regioni rosse. Secondo il padre dell’Ulivo ci vorrebbe una cura choc: “Occorre un pensiero nuovo, magari anche una formazione nuova. Sicuramente qualcosa che vada oltre il recinto del Pd”.

Pur partendo da presupposti diversi, il pensiero di Prodi arriva a conclusioni non lontane da quelle dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che da tempo chiede la formazione di un Fronte repubblicano antipopulista contro il Governo Lega-Cinque Stelle. Ma la tentazione di andare oltre il Pd ce l’aveva avuta e forse ancora ce l’ha anche l’ex segretario Matteo Renzi, che dopo la sconfitta del 4 marzo si è chiamato fuori.

“Ciclo finito” commenta il Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, tentato di scendere in campo al prossimo congresso del Pd dopo la parentesi Martina.

Ma quel che non è chiaro è su quali basi programmatiche e politiche dovrebbe nascere l’eventuale nuova formazione. Le riforme realizzate nella scorsa legislatura per modernizzare il Paese restano uno spartiacque, pur con tutti gli aggiustamenti del caso, oppure devono essere sacrificate in nome di un sotterraneo populismo di nuovo conio? Prima ancora del veicolo (Pd o oltre) è l’identità politica e la direzione di marcia che non è chiara. Zingaretti sembra un nostalgico dell’Ulivo ma Calenda la pensa in tutt’altro modo e guarda di più a un riformismo trasversale sul modello di Macron.

Nelle scorse settimane l’economista e politologo Michele Salvati ha lanciato, dalle colonne del Foglio, un Manifesto per un Pd riformista, europeista ed antipopulista. Ma la discussione è solo alle prime battute  e sarebbe deludente se si riducesse a un referendum Renzi Sì – Renzi No senza capire che i problemi della sinistra italiana vanno ben oltre il temperamento di un singolo leader, prima osannato e poi sconfessato, e devono invece fare i conti e cercare risposte alle sfide epocali del nostro tempo (globalizazzione, immigrazione, nuove tecnologie, Intelligenza artificiale e suoi effetti sull’occupazione e sui salari, crisi demografica e via dicendo) ma collocandole nel vivo della battaglia in corso sull’Europa e trovando un asse portante che permetta di riannodare il dialogo tra una classe dirigente da rinnovare e la classe media, i ceti meno abbienti e le nuove generazioni. Senza saper parlare ai ceti medi e popolari e alle nuove generazioni sfuma il concetto stesso di forza progressista.

La battaglia per la crescita e per il lavoro e la ferma difesa dei redditi degli italiani contro le deliranti tentazioni anti-euro potrebbero essere una bandiera illuminante per una nuova formazione riformatrice se finissero le piccole ripicche e le beghe da pollaio che dilaniano il Pd.

Commenta