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Onofri: “Sull’economia italiana pesa l’incognita referendum”

INTERVISTA DEL WEEKEND – Secondo Paolo Onofri, economista e segretario generale di Prometeia, la frenata di primavera dell’economia italiana è legata principalmente al rallentamento dell’economia internazionale ma il referendum sulla riforma costituzionale proietta tutte le sue incertezze sulla scena politica ed economica e un’eventuale vittoria del NO avrebbe “effetti destabilizzanti”- Per il rilancio della crescita servirebbe una miscela virtuosa di interventi per investimenti, consumi, occupazione e riduzioni fiscali per i meno abbienti

Onofri: “Sull’economia italiana pesa l’incognita referendum”

Come si risponde alla frenata dell’economia italiana e alle incognite che il referendum costituzionale proietta sull’intera scena politica ed economica italiana? E’ quanto FIRSTonline ha chiesto a Paolo Onofri, fine economista dell’Università di Bologna, fondatore e segretario generale della società di ricerche economiche Prometeia e autore dei suoi preziosissimi rapporti di previsione sulla congiuntura italiana. Due elementi spiccano nel suo pensiero: la preoccupazione per gli ”effetti destabilizzanti” che una vittoria del NO al referendum avrebbe sull’economia e la convinzione che una ben combinata miscela di interventi sugli investimenti, sui consumi, sull’occupazione e sul fisco potrebbe avere sul rilancio della crescita. Ecco la sua intervista.

FIRSTonline – Professor Onofri, si aspettava la gelata di primavera sull’economia italiana, con crescita zero del Pil nel secondo trimestre dell’anno e previsioni in netto ribasso per l’intero 2016?

ONOFRI – Sì, ce l’aspettavamo anche se la frenata è arrivata soprattutto nell’ultima parte del secondo trimestre, tra maggio e giugno, e non ha nulla a che fare con Brexit o con l’incertezza di altri eventi politici, ma è invece legata principalmente al deterioramento della situazione economica mondiale che ha finito per deprimere anche le nostre esportazioni, che soffrono di scarsa competitività sistemica, che a sua volta rimanda alla stagnazione della produttività, concentrata nelle imprese di piccolissima dimensione. Naturalmente i fatti di politica interna e internazionale che generano incertezza possono aver agito sulle aspettative delle famiglie e delle imprese ma non sono stati decisivi nella congiuntura dell’economia italiana di primavera.

FIRSTonline – Il deterioramento dell’economia mondiale vale per tutti, ma altri Paesi e altri partner europei crescono più di noi: quali sono allora le cause che costringono l’economia italiana a crescere poco o nulla e comunque meno delle economie degli altri Paesi europei?

ONOFRI – Per un Paese in bilico tra stagnazione e micro ripresa come l’Italia l’effetto del deterioramento internazionale è più forte.  Purtroppo per noi la stagnazione viene da lontano ed è addirittura antecedente alla crisi globale cominciata nel 2007 e 2008 e parte dai primi anni del Duemila. Se guardiamo retrospettivamente agli ultimi vent’anni, solo a metà degli anni ’90 l’economia italiana ha conosciuto una parentesi di relativa prosperità. Poi sono emerse tendenze di lungo periodo – dalla bassa produttività alla crisi demografica e all’exploit dei Paesi emergenti – che, a differenza di quanto è successo in Francia e in Germania, hanno pesato tutte insieme e senza elementi compensativi e di controbilanciamento sull’economia italiana, con i risultati che conosciamo.

FIRSTonline – Fino a qualche tempo fa, l’Europa ci rimproverava di non fare le riforme, ma negli ultimi due anni di riforme ne sono state fatte parecchie, eppure il cavallo non beve: perché? Non bastano le riforme fatte o il dividendo delle riforme arriverà più tardi?

ONOFRI – Le riforme, che vanno proseguite con energia, possono dimostrare le buone intenzioni del Governo di intervenire sui nodi strutturali che bloccano l’economia italiana, ma i loro effetti pratici non possono che manifestarsi nel medio-lungo periodo, anche se dal 2014 c’è stata una piccola ripresa delle dinamiche occupazionali che è andata oltre le aspettative, grazie al Jobs Act e agli sgravi contributivi sulle imprese e sul lavoro.

FIRSTonline – Già nel Rapporto previsivo di inizio luglio Prometeia aveva abbassato la stima di crescita del Pil 2016 a +0,8%: quella previsione è ancora valida o va ulteriormente corretta al ribasso?

ONOFRI – Il rischio di un’ulteriore limatura al ribasso della crescita del Pil 2016 c’è, ma i problemi maggiori riguarderanno il 2017, perché, se l‘anno prossimo comincia con un’economia in rallentamento, sarà molto difficile arrivare a una crescita dell’1% che potrebbe essere raggiunta solo nel 2018.

FIRSTonline – In questo scenario già di per sé poco entusiasmante, quanto pesa sulle aspettative dell’economia italiana l’incertezza legata al referendum costituzionale d’autunno?

ONOFRI – Pesa molto perché sarà un passaggio chiave non solo per l’Italia ma per l’intera Europa dopo Brexit e dopo le imminenti elezioni in Austria e in Olanda. Il nostro referendum è un elemento cruciale degli equilibri europei e i suoi effetti sull’economia saranno rilevanti, sia nel caso che vinca il SI’ sia, a maggior ragione, nell’ipotesi che prevalga il NO.

FIRSTonline – Perché?

ONOFRI – Perchè il referendum italiano fa parte di quelle che noi di Prometeia abbiamo definito le “incognite note” e cioè quegli avvenimenti di natura politica noti perché programmati e conosciuti con largo anticipo ma per definizione impossibili da prevedere, perché i loro effetti, a differenza del passato, rappresentano oggi altrettanti punti di svolta sul piano istituzionale e crocevia fondamentali per la crescita economica con potenziali rischi sistemici. L’impennata del rischio politico preoccupa soprattutto nei Paesi europei più fragili come l’Italia ed ecco perché il referendum costituzionale sarà determinante sia sul piano politico che economico.

FIRSTonline – Prometeia propende a ritenere che nel referendum costituzionale vincerà il SI’ ma avverte che in caso contrario “le ricadute sulla politica economica potrebbero essere destabilizzanti”: da dove nascono queste valutazioni?

ONOFRI – Scommettiamo sul SI’ non sulla base dei sondaggi demoscopici e nemmeno di una qualche analisi politologica ma perché riteniamo che nella campagna referendaria si rafforzerà la consapevolezza dei rischi di una bocciatura della riforma costituzionale e questo incrementerà la partecipazione al voto rafforzando la spinta stabilizzante e favorendo l’affermazione del SI’. Se invece dovesse succedere il contrario, non occorre essere dei raffinati politologi per comprendere le ricadute negative sulla stabilità politica e i conseguenti effetti destabilizzanti sulla politica economica.

FIRSTonline – Con l’occhio alle incognite politiche che pendono sull’Italia, quali dovrebbero essere, secondo Lei, le priorità di una politica economica che punti realmente a rilanciare la crescita italiana?

ONOFRI – Tutti gli interventi che rafforzano la domanda sia attraverso il sostegno diretto agli investimenti pubblici sia attraverso misure che facilitino gli investimenti privati, i consumi e il consolidamento dell’occupazione attraverso il permanere degli sgravi contributivi sulle imprese e sul lavoro. Sarebbe importante anche rivedere e ridurre i sussidi alle imprese e la giungla delle detrazioni fiscali ma non mi sembra di facile attuazione nel breve periodo.

FIRSTonline – C’è spazio, nelle attuali condizioni della finanza pubblica, per qualche abbassamento delle tasse, oltre alla riduzione dell’Ires promessa dal Governo per l’anno prossimo?

ONOFRI – Dipende dai margini di flessibilità che ci concederà l’Europa. Realisticamente non vedo le condizioni per una riduzione generalizzata delle aliquote Irpef che avrebbe costi elevati, ma riduzioni fiscali mirate, specie per i lavoratori e per i pensionati a più basso reddito, vanno certamente messe nell’agenda del Governo, pur sapendo che la strada è stretta, che le incertezze sono molte e che le rivendicazioni sono infinite.  

FIRSTonline – Professor Onofri, ai tempi dei governi Prodi, Lei ha visto dall’interno il funzionamento della macchina politica e istituzionale, ma con il referendum alle porte è realistico pensare a una Legge di Stabilità di svolta?

ONOFRI – Sarebbe illusorio credere che il referendum non incida sulla gestazione della Legge di Stabilità ma mi accontenterei di una manovra economica che, pur senza impossibili voli pindarici, consolidi la ripresa combinando insieme misure di sostegno agli investimenti pubblici e privati, ai consumi, agli sgravi contributivi sul lavoro e alla riduzioni fiscali per i meno abbienti e che prepari il terreno, referendum permettendo, per rilanciare la politica delle riforme anche nell’ultima parte di questa legislatura.

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