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Nostalgia per una Napoli che non c’è più

Nella città di Amendola e Napolitano, di Cortese e Corbino, di Mattioli e Ventriglia, il ballottaggio è tra Lettieri e De Magistris.

Il ballottaggio per diventare sindaco di Napoli è tra Gianni Lettieri, dirigente dell’Unione industriale locale, e Luigi de Magistris, ex Pm in odore di giustizialismo e parlamentare europeo. Il primo è sostenuto da uno schieramento di destra, il secondo dai partiti di sinistra. Quando uno ci mette la faccia per concorrere ad una poltrona scomoda (e quella di palazzo San Giacomo sicuramente lo è) merita rispetto.

Eppure una domanda viene automatica: ma davvero destra e sinistra, con la storia che bene o male hanno avuto a Napoli, non avevano niente di meglio da offrire alla città? Pensiamo alla destra napoletana. E’vero c’è stata la lunga parentesi di Achille Lauro e in seguito la città è diventata anche una specie di cassaforte di voti per i missini di Giorgio Almirante. Ma accanto ad una estrema destra, che suonava vergogna per la città, c’è stato anche uno schieramento che potremmo chiamare conservatore e che certamente aveva una sua intrinseca rispettabilità. Penso a liberali come l’economista Epicarmo Corbino o come il ministro Guido Cortese. Entrambi deputati alla Costituente, il primo ministro del Tesoro nei primi due gabinetti De Gasperi, il secondo ministro dell’Industria nel Governo Segni. Tutti e due con un altissimo senso della cosa pubblica.

A metà degli anni cinquanta i liberali a Napoli avevano anche un quotidiano che si chiamava “Il Giornale”. Andò in crisi di vendite. Cortese era ministro dell’Industria, ma il Giornale chiuse lo stesso: non poteva essere il ministro liberale a salvarlo con un provvedimento che avrebbe comportato una, sia pure piccola, erogazione di denaro pubblico. Altre facce, altro senso dello Stato, altra politica. Ma a Napoli è nobile anche la storia della sinistra, comunisti compresi. Basta pensare alla severa scuola di Giorgio Amendola, alla quale è cresciuta una generazione di politici perbene: dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E sul piano culturale c’era la Rivista “Cronache meridionali” di Mario Alicata e Francesco De Martino , con la quale ha avuto per alcuni anni l’onore di confrontarsi anche con ruvidi argomenti “Nord e Sud”, la rivista fondata da mio padre. Il quale si riteneva di sinistra, ma non esitava a specificare: sinistra non classista e anticomunista. Salvo riconoscere (sono ricorsi di quando ero bambino): “Pensa che grande classe politica avrebbe l’Italia se questi non fossero stati comunisti).

A me, che pure non posso dire di essere anticomunista, visto che non c’è più il muro di Berlino, non verrebbe certo di dire lo stesso a proposito dei Bassolino e dei Cozzolino. Insomma a Napoli, dopo la sconfitta del laurismo, c’è stata una classe dirigente potenzialmente robusta. Non penso solo alla politica. Penso (e qui torniamo alla destra perbene) a Giovanni Ansaldo, direttore del Mattino, con il quale si intatteneva ai tavolini del bar Cristallo in piazza dei Martiri, magari insieme al bibliofilo Gino Doria e all’editore Riccardo Ricciardi, anche il banchiere Raffaele Mattioli, nelle sue brevi visite a Napoli. Fu grazie alle risorse trovate da Mattioli che papà nel 1953 era riuscito a far nascere “Nord e Sud”. Né va dimenticato che anche nel mondo cattolico Napoli e la Campania hanno epresso una buona classe dirigente.

La Dc non è stata solo Gava e gavismo. Nella battaglia contro Lauro era in prima fila il deputato fanfaniano Paolo Barbi. “Il tetto” era una rivista di intellettuali cattolici molto autorevole, spesso schierata nel dibattito culturale alla sinistra di “Nord e Sud”. E poi c’era un banchiere come Ferdinando Ventriglia, talvolta discusso per la determinazione con la quale esercitava il potere, ma quanto mai competente e autorevole nelle indicazioni di politica economica per la città. Oggi in campo però ci sono Lettieri e de Magistris. E c’è da augurarsi che molte delle accuse che i due si sono scambiati in campagna elettorale siano almeno esagerate.

Non credo che Lettieri sia soltanto un clone di Nicola Cosentino, il capo del Pdl campano sul quale pende una richiesta di arresto per contiguità alla camorra. Al tempo stesso, mi sembra eccessivo considerare De Magistris soltanto un giustizialista esasperato. Ma quello che colpisce in entrambi è la grande distanza che li separa dalla necessità di riscatto e di ripresa della politica, con la P maiuscola, della quale la città, sommersa dalla monnezza e dalle polemiche conseguenti, sembra aver bisogno. Sarà anche vero, e io me lo auguro, come dice Umberto Ranieri, che de Magistris sia riuscito a suscitare grandi aspettative e speranze in città. Ma tanto lui, quanto il suo competitore, difficilmente riusciranno a soddisfare una città che è in ginocchio perchè delusa da troppi. E che più che di un sindaco, ha bisogno di una nuova classe dirigente. A cominciare dalla politica. Dove mancano partiti che abbiano la dignità di considerarsi tali.

Recentemente sono stato a Napoli, nella quiete operosa e civile, dell’Istituto di studi filosofici di Gerardo Marotta, dove si ricordava un vecchio amico da poco scomparso: Renato Cappa, segretario di redazione di “Nord e Sud”. A commemorarlo c’erano Enzo Golino e Nello Ajello anche loro passati per la rivista e poi (caso singolare ma fino a un certo punto) approdati in tempi diversi alla guida delle pagine culturali di “Repubblica”. Anche Rosellina Balbi aveva svolto quel ruolo e quel percorso, dopo essere stata vicedirettore della rivista di mio padre.

Mi è venuto naturale pensare ad un’altra coincidenza. Al liceo Umberto di Napoli, al ginnasio, nella stessa classe di mio padre, oltre a Rosellina, c’erano Antonio Ghirelli, il commediografo Giuseppe Patroni Griffi, il regista Francesco Rosi (quello del film “Le mani sulla città” , Leone d’oro a Venezia nel 1963 e tutto incentrato sul malgoverno laurino a Napoli) e lo scrittore Raffaele La Capria. C’era il fascismo, Napoli era più piccola, ma prometteva bene.

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