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Non scambiate Renzi per Mandrake: troppo profondi i guasti del passato per superarli d’incanto

Troppo grandi i problemi che l’Italia ha ereditato dal passato perché un premier li possa risolvere in breve tempo – Ma la minoranza del Pd sa solo dire di no e finora non ha presentato alcun progetto alternativo – Protestare è facile, riformare un po’ meno – Le acute analisi di Michele Salvati ed Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere della Sera”

Non scambiate Renzi per Mandrake: troppo profondi i guasti del passato per superarli d’incanto

Alla vigilia dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica non sorprende che il sistema politico nel suo insieme e ogni singolo partito per proprio conto entrino in visibile fibrillazione. E’ sempre stato così ed è del tutto fisiologico che succeda anche stavolta, tanto più che l’annuncio ufficiale di dimissioni di Giorgio Napolitano arriverà prima del previsto ma ha già colto tutti un po’ di sorpresa. 

Il Movimento 5 Stelle è ormai allo sbando non solo per il mezzo passo indietro e i comici gesti autoritari di Beppe Grillo ma per il suo nullismo politico, la Lega di Matteo Salvini pensa di assicurarsi un futuro inseguendo la Le Pen e parlando come sempre alla pancia degli italiani, Forza Italia è ormai senza controllo anche se Giuliano Ferrara non sbaglia nel ricordare che senza Silvio Berlusconi il centrodestra non esiste e, infine, il Pd è attraversato da divisioni mai tanto profonde tra il suo leader Matteo Renzi e una minoranza interna che sa solo dire di no a tutto e a tutti, come la Cgil di Susanna Camusso che ogni volta che apre bocca fa rivoltare nella tomba Giuseppe Di Vittorio, Luciano Lama, Bruno Trentin e tanti altri grandi sindacalisti. 

Ma dietro l’incognita del Quirinale, stavolta c’è qualcosa di più profondo nel malessere e nel disorientamento della politica italiana. Il sistema dei media, essendo parte integrante della crisi, di solito – è amaro dirlo ma è purtroppo così – non aiuta a capire dove stiamo realmente andando e raramente è in grado di offrire ai cittadini analisi approfondite che non si limitino a riflettere pregiudiziali scelte di schieramento di chi scrive ma offrano ai lettori intelligenti chiavi di lettura.

Nei giorni scorsi però due eccezioni sono affiorate dalle colonne del “Corriere della Sera” che meritano di essere segnalate. La prima, di giovedì scorso, in un editoriale di Ernesto Galli della Loggia, chiaro fin dalla sua titolazione: “Le illusioni della sinistra Pd: La vocazione minoritaria” e la seconda di ieri a cura di Michele Salvati, anch’essa altrettanto esplicita nella sua titolazione: “Italia da ricostruire: servono anni di riforme senza l’assillo del voto”.

Si può dire e pensare di tutto su Matteo Renzi e sul suo innegabile dinamismo, che non sempre è riuscito a centrare gli obiettivi annunciati ma che ha indubbiamente smosso, con la sua capacità innovativa e la sua determinazione nell’abbattere totem e tabù, la morta gora della politica italiana, come riconosceva qualche tempo fa il politologo Angelo Panebianco. Ma non si può pretendere che Renzi sia Mandrake o, come scrive Salvati, un nuovo Alessandro Magno. Troppo grande il groviglio di problemi da affrontare. 

“Né Renzi né chiunque altro – osserva Salvati – riuscirebbe a guarire d’incanto il malato italiano e temo che chi lo critica – anche giustamente, su singoli atti o provvedimenti – non valuti in modo realistico o la gravità della situazione italiana o la necessità di un continuo consenso cui un governante è tenuto in democrazia, o entrambe le cose”. Per quanto azzeccate possano essere le mosse di cambiamento, sono troppo profondi i guasti ereditati dal passato perché – è il ragionamento del direttore de “Il Mulino” – se ne possano vedere i frutti in tempi brevi. 

Ecco perché, per realizzare le riforme e raccoglierne i risultati sarebbe necessario un orizzonte temporale di qualche anno in cui il Governo non si debba preoccupare di misurare in ogni momento il consenso elettorale. Ma anche governare tra Scilla e Cariddi, come è costretto a fare Renzi, per l’assenza di una maggioranza parlamentare sicura, non è bel vivere. Ed è proprio qui che particolarmente incalzanti arrivano le osservazioni di Galli della Loggia.

Fa parte del gioco che l’opposizione interna al Pd dica di no a tutte le mosse di Renzi: dall’articolo 18 agli 80 euro, dall’Italicum alla riforma del Senato per non dire della riforma della Pa e della scuola e naturalmente del Patto del Nazareno e dei risultati elettorali. Ma il punto cruciale è un altro e non ammette scorciatoie: oltre ad opporsi a Renzi, quali proposte nuove e alternative – domanda Galli della Loggia – avanzano i Civati, i Fassina, i Cuperlo, le Bindi ma anche i Bersani e i D’Alema? Qual è il loro progetto di Italia per l’oggi e per il domani? “Che cosa farebbero se fossero loro a governare? Nessuno lo sa e sospetto – annota argutamente l’editorialista del Corriere – che non so sanno neppure loro”.

Opporsi è facile, mettere in campo un progetto politico alternativo che sappia parlare a tutto il Paese e non solo a una parte dei metalmeccanici, dei precari e dei pensionati è un po’ più difficile. E finora non se n’è vista nemmeno l’ombra. Sotto l’opposizione, niente. O, al massimo, solo nostalgia di un passato che non tornerà.

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