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Niger, il colpo di Stato e il rovesciamento del Presidente Bazoum cancellano l’ultimo baluardo dell’Occidente in Sahel

Gli occhi di tutto il mondo sono adesso puntati soprattutto sulla Francia che ha finora garantito la sicurezza del Niger con l’occhio alle materie prime del Paese africano e soprattutto del preziosissimo uranio – Sette colpi di Stato in Africa in soli due anni

Niger, il colpo di Stato e il rovesciamento del Presidente Bazoum cancellano l’ultimo baluardo dell’Occidente in Sahel

Non si tratta dell’ennesimo colpo di Stato in Africa al quale (colpevolmente) ci siamo abituati: caduto il Niger dopo che l’esercito ha dichiarato il suo sostegno ai golpisti della guardia presidenziale e arrestato il Presidente Bazoum, sparisce l’ultimo baluardo dei partner occidentali in Sahel, quel grande pezzo di Africa, da Ovest a Est che, come una cintura, stringe il continente appena sopra il deserto del Sahara. D’altronde è proprio questo che significa Sahel in arabo, “bordo del deserto”.

Nello specifico il Niger, quasi quattro volte l’Italia, poco meno di 23 milioni di abitanti, è “un Paese fondamentale per la stabilità del Sahel”, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.  Uno dei pochi Paesi dell’area – aggiungiamo – ad aver mantenuto un rapporto stretto con l’ex madre patria, la Francia, dalla quale il Niger ottenne l’indipendenza nell’agosto del 1960.

Niger: cosa succede adesso? Occhi sulla Francia

Gli occhi sono puntati proprio sulla Francia che garantisce la sicurezza del Paese con i 2.000 militari della missione Barkhane, giunti a Niamey dopo il ritiro dal Mali e da Burkina Faso. 

Sicurezza, tuttavia, sulla quale hanno investito anche Stati Uniti e Ue: gli americani con mezzo miliardo di dollari, gli europei con la missione Takuba, di cui fa parte anche l’Italia con 300 soldati. 

Che cosa faranno ora questi pezzi da novanta di fronte alla possibilità di perdere per sempre il fondamentale tassello necessario alla stabilità della regione? 

Non si sa, ma qualcosa dovranno fare, anche perché il Niger è l’unico Paese dell’area che i mercenari russi della Wagner non hanno ancora inghiottito e ai quali però fa gola. Non fosse altro che per le miniere di uranio, minerale ricercatissimo del quale il Paese è il quinto estrattore al mondo. 

Niger: Paese ricco di materie prime, ma tra i più poveri al mondo

E a proposito di ricchezze, vale la pena di ricordare che il Niger possiede anche oro e petrolio, oltre a carbone, ferro e fosfati, ma, che, come spesso accade in Africa, e non solo, nonostante tanto ben di dio, il Paese occupa l’ultima posizione nelle classifiche di sviluppo e qualità della vita, 189esimo su 189; così che l’aspettativa di vita dei suoi abitanti, metà dei quali ha 15 anni, non arriva ai 60. 

Insomma il 74% dei nigeriani vive in totale povertà. Cosa che non impedisce al Paese di essere fra i più ospitali di Africa, accogliendo le migliaia di migranti che sostano proprio in Niger in attesa di raccogliere il necessario per raggiungere la costa per poi imbarcarsi verso l’Europa. E, cosa curiosa, proprio la città di Agadez, punto di incrocio e di raccolta dell’umanità più dolente, è uno dei tre siti nigerini dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità. 

Putin dietro al colpo di Stato?

Tornando al colpo di Stato, è legittimo chiedersi se dietro quel gruppo di nove militari che, presentandosi mercoledì in tv come Centro nazionale per la salvaguardia della patria, hanno annunciato di aver posto fine al regime del presidente Bazoum, ci sia Putin e i suoi mercenari della Wagner visto che al puzzle in formato russo manca proprio il pezzetto Niger. 

Alla Farnesina non ci credono, più probabile, sostengono gli esperti del nostro ministero degli esteri, che stiamo di fronte a una congiura di palazzo. 

Non a caso tutto è partito – spiegano – da “un cambiamento di umore” da parte della guardia presidenziale che mercoledì ha messo praticamente agli arresti domiciliari il presidente. Anche se non è ancora chiaro quale sia stato il motivo che ha spinto i pretoriani a sequestrare il presidente. 

Il Niger prima del colpo di Stato

Mohamed Bazoum, 63 anni, al potere dal 2021, viene considerato un alleato degli occidentali forte e leale, in una regione che, maggioranza musulmana sunnita, è diventata l’epicentro africano del jihadismo. L’esplosione di violenza terroristica è stata enorme e proprio nella zona a ridosso del Niger, fra il Burkina Faso e il Mali, ci sono stati 1.800 attacchi e 4.600 vittime solo nei primi mesi di quest’anno, secondo i numeri che ha fornito Omar Touray, presidente della Commissione dell’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale. 

Dalla sua indipendenza dalla Francia in realtà il Niger ha conosciuto più anni di instabilità politica che di tranquillità, con almeno quattro diversi colpi di stato, dal primo nel 1974 a quello del 2010; poi nel 2021, proprio due giorni prima che Bazoum prestasse giuramento; e nel 2022, quando il ministro dell’interno aveva tentato di prendere il potere mentre il presidente era all’estero. 

In realtà il richiamo della foresta dell’autoritarismo non riguarda solo il Niger. Il colpo di stato sembra tornato di moda in molta parte dell’Africa, come spiega l’ottimo libro dell’ambasciatore Giuseppe Mistretta, “Sabbie mobili”, edito da Luiss University Press. 

Mistretta, diplomatico di lungo corso, occupando vari ruoli, sia sul campo (Libia, Angola, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia) sia alla Farnesina, (direttore degli affari dell’area sub sahariana) si chiede se la democrazia nel continente sia stata messa in un angolo. La domanda è pertinente visto che in due anni ci sono stati sette colpi di stato. Il fatto è che l’Africa in questi ultimi anni, come si sa, è stata nelle mire di Paesi in cui la democrazia o non esiste (Cina) o è declinata in maniera poco credibile (Turchia, Russia). 

E mentre le democrazie occidentali stavano a guardare, i “Tre della democratura” si impadronivano delle ricchezze africane in cambio talvolta di infrastrutture talaltra di sicurezza. E in entrambi i casi si occupavano di instillare nei leader africani il veleno del disimpegno nei confronti della democrazia e dell’Occidente. 

E quindi, come si chiede Mistretta: che Africa nascerà da questo scontro fra democrazia e autoritarismo? Chissà che la risposta non venga anche da come andranno le cose in Niger. 

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