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Nasce a Verucchio il museo delle cose ritrovate. Nella città dei Malatesta la sfida con l’ecodesign

Un nuovo Museo dove esporre oggetti della vita di tutti i giorni per attrarre turisti e valorizzare tutto ciò che vive con noi.

Nasce a Verucchio il museo delle cose ritrovate. Nella città dei Malatesta la sfida con l’ecodesign

“L’ufficio delle cose perdute” cantava Gino Paoli nel 1988. A Verucchio, la città dei potenti Malatesta ricordati da Dante nell’Inferno (“galeotto fu il libro e chi lo scrisse“), uno dei borghi più belli d’Italia, nasce il Museo dele cose ritrovate. Un sito permanente di oggetti ritrovati destinati ad una nuova vita in quanto esposti. Strutture come queste se ne contano già in Francia e Spagna, e non è detto che presto potremmo trovarci dinanzi ad un nuovo fenomeno di arte e costume. Uno dei motivi di questo eventuale sviluppo sta nella ricerca delle industrie e dei designer di creare oggetti della vita quotidiana che non abbiano il destino segnato dalla spazzatura. L’ecodesign è una disciplina che sta entrando nei processi industriali tipizzati dalla sostenibilità ambientale. L’Unione europea ne ha stabilito in qualche modo i contenuti per ridurre l’impatto dei rifiuti. Ma il mondo dell’arte già negli anni ’80 aveva sviluppato idee promettenti. Andy Warhol, padre e teorico della pop art diceva: “Un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha bisogno, ma che egli pensa sia buona idea darle”. Molti progettisti si pongono oggi l’obiettivo di una long life delle cose che creano. Aprono la strada alla durata degli oggetti , ma con stile e inventiva.

Il Museo dà valore a beni essenziali

A Verucchio l’idea del Museo è venuta a Gabriele Geminiani, ideatore del Green Festival Montefeltro e San Marino che nelll’esposizione trasferisce tutta la sua curiosità di “speciale trovarobe”. Quando sarà pagheremo per visitare rifiuti in bella mostra ? No, perche Geminiani in quello che raccoglie ci vede la storia delle persone, l’anima, sensazioni esistenziali. Racconta che sin da piccolo aveva questa propensione a cercare oggetti nei campi, lungo i fiumi, sotto la neve. Con l’adolescenza e la maturità non l’ha abbandonato al punto da voler trasmettere agli altri il senso del tempo che passa attraverso l’osservazione di cose utili e anche no, appartenute a persone in carne ed ossa. “Gli oggetti quando nascono hanno un valore intrinseco che le persone non sempre percepiscono ” dice. Il nascente Museo si raccorderà al Museo Villanoviano, che custodisce un corredo di reperti straordinario. Il tentativo è di bilanciare la produzione artistica fine a se stessa con oggetti, attrezzi, strumenti della quotidianità. Un ideale collegamento tra ecologia ed estetica. Viaggiatori e collezionisti vi troveranno relitti di barche, tronchi trascinati nei fiumi, portaocchiali, oggetti di casa, piccoli libri stampati in tipografie con caratteri mobili e tanti altre cose. La sindaca di Verucchio, Stefania Sabba, sostiene il progetto non solo per arricchire il prestigio del Comune, ma per attrarre altri turisti. ”Le politiche di cultura ambientale oggi parlano unicamente di raccolta differenziata, e non puntano abbastanza sulla necessità di ridurre l’acquisto e il consumo di cose e merci soggette ad una fine programmata” è stato detto alla presentazione. Non puntano ancora abbasta, aggiungiamo, perchè è tutto in divenire. I promotori di Verucchio ci credono davvero e spingono perchè anche istituzioni, potenziali finanziatori, cittadini, diano una mano. Conla Sindaca e Geminiani c’è anche la project manager della cooperativa Atlantide, Federica Casoni. Ciò che animerà la realizzazione del Museo, in fondo, è la voglia di trasmettere sensazioni ed emozioni di cui gli oggetti esposti sono privi, semplicemente perchè non sono opere d’arte, non nascono dall’ingegno dell’uomo. Sono i bisogni, le necessità, la vita reale che con l’uso gli danno un valore “senza età” come scrive Gino Paoli nella sua canzone. E Verucchio sa bene quello che fa.

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