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Moody’s e rating, quando le associazioni dei consumatori sbagliano il tiro

Codacons denuncia alla Procura Moody’s per avere danneggiato risparmiatori e cittadini ma in realtà prende fischi per fiaschi, come dimostra l’andamento dei mercati

Moody’s e rating, quando le associazioni dei consumatori sbagliano il tiro

Moody’s a ben vedere salva l’Italia. Ma il Codacons, primaria associazione dei nostri consumatori, denuncia l’agenzia di rating alla procura della Repubblica. Un paradosso, ma è proprio così. La spiegazione, naturalmente, c’è. I paladini del consumerismo italiano hanno preso fischi per fiaschi. In buona compagnia, del resto, visto quello che sta succedendo nei piani alti delle nostre istituzioni governative. Certo, anche Moody’s non è estranea a molti sospetti: a volte rigorosa castigatrice, spesso accusata di essere cieca e muta, se non decisamente orba e fallace, nelle vicende che poi hanno portato a piccoli e grandi crac. Ma questa volta no, decisamente no. Moody’s ha appena riservato all’Italia un ulteriore declassamento del rating di riferimento, ma nel farlo ha confenzionato una radiografia del nostro paese perfino blanda, acquiescente, fiduciosa, incoraggiante.

L’Outlook, ovvero la previsione generale a medio-lungo termine sullo stato di salute della nostra economia e quindi del nostro tessuto sociale, nel giudizio di Moody’s si guadagna uno “stabile”: il rating da spazzatura è vicino ma abbiamo comunque i margini per allontanarlo. Ed è questo forse il dato più sensibile per i mercati finanziari, che del resto avevano già incorporato il declassamento del rating come conseguenza inevitabile dei segnali nefasti sulla gestione corrente della nostra economia che derivano dallo sconcertante teatrino fornito dalla politica. Tant’è che di mattina, proprio mentre i solerti analisti del Codacons erano alle prese con la formalizzazione della denuncia alla procura della Repubblica, i mercati finanziari riservavano l’Italia una provvidenziale anche se momentanea boccata di ossigeno, con Piazza Affari che tirava il fiato e lo spread in forte ribasso. 

L’Italia – rimarca nella sostanza Moody’s – è un paese dalle buone virtù ma dai pessimi atteggiamenti di governo. Questa volta l’agenzia di rating ha semplicemente ragione. E ci fornisce una macro-diagnosi equilibrata, o quanto meno rispettabile. Siamo un paese dal buon tessuto industriale, dal genio immutato, dall’iniziativa ancora prorompente, che può contare sull’appetibilità delle nostre merci e dei nostri prodotti sui mercati internazionali. La nostra impresa continua ad avere iniziativa e estro. Ottime carte da giocare non appena la politica e le variabili internazionali le consentiranno di liberare di nuovo le sue vere forze. La fotografia è quella di un’economia spinta da sotto ma compressa dal suo apparato di governo. Per di più senza una rotta precisa.

Come dare torto a Moody’s? Come non riconoscerle, nella sua diagnosi di outlook stabile nonostante i controversi segnali governativi, un sostanziale incoraggiamento? E invece no, dice il Codacons motivando il suo attacco con una sua interpretazione delle regole, delle procedure e della legittimità delle prerogative che spettano alle parti in causa.

Sostiene il Codacons che quello di Moody’s è un atto illegittimo “che avrà ripercussioni dirette enormi per le tasche dei cittadini italiani e dei risparmiatori”, assunto “prima della pronuncia ufficiale dell’Unione Europea sulla manovra del Governo” con una tempistica che “desta sospetto”. A parte la considerazione che un’agenzia di rating fa (e deve poter fare) semplicemente il suo mestiere, e che comunque le immediate “ripercussioni dirette” della diagnosi di Moody’s sui mercati sono state di segno diametralmente opposto (cosa che dovrebbe indurre gli strateghi del Codacons, peraltro reduci da molte meritevoli battaglie, a qualche riflessione sulle loro argomentazioni), va detto che il Codacons punta ancora più in alto. Mette nero su bianco che la sua annunciata denuncia alla Procura della Repubblica di Roma è il passo propedeutico ad un’altra cosa: una causa collettiva a nome dei consumatori. Si può fare? Chissà. Naturalmente darebbe visibilità all’associazione prima ancora del necessario sprone alle nostre capacità di governare il difficile momento del paese.

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