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Mediterraneo e sfida delle migrazioni: ci vorrebbe un Piano Juncker per l’Africa

FOCUS BNL – Nel 2040 la popolazione della Nigeria eguaglierà quella dell’Eurozona – Entro lo stesso anno i migranti arrivati in Europa dall’Africa subsahariana potrebbero triplicare – Per gestire il fenomeno serve più crescita su entrambe le sponde del Mediterraneo: meritano attenzione il “Piano Juncker per l’Africa” e il “Migration Compact” proposto dall’Italia

Mediterraneo e sfida delle migrazioni: ci vorrebbe un Piano Juncker per l’Africa

Il Mediterraneo come nuovo Rio Grande delle correnti migratorie globali. È quanto sostengono Gordon Hanson e Craig McIntosh, due eminenti economisti americani, in un interessante saggio pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Economic Perspectives. Differenze nei trend demografici e nelle prospettive economiche di sviluppo hanno negli ultimi trent’anni animato una forte pressione migratoria dal Messico agli Stati Uniti.

Differenze nelle tendenze dei tassi di fertilità e nelle condizioni occupazionali continueranno a sostenere nei prossimi trent’anni la pressione migratoria dall’Africa subsahariana verso l’Europa. Il Mediterraneo prende il posto del Rio Grande. Il movente demografico delle migrazioni si sta velocemente riducendo nelle Americhe, dove il numero di figli per donna fertile è oggi solo marginalmente superiore in Messico rispetto agli Usa.

Lo stesso motore demografico rimarrà invece potente alle nostre longitudini, dal momento che nel 2040 la popolazione di un solo paese dell’Africa subsahariana, la Nigeria, arriverà ad eguagliare il numero dei residenti dell’intera Area euro. La sfida migratoria che si gioca nel Mediterraneo è complessa.

Fino a ieri le correnti migratorie si muovevano tra le due metà del Mondo, tra i paesi più popolosi e poveri e le aree demograficamente meno fertili ed economicamente più sviluppate. Oggi l’asse planetario Nord-Sud è saltato, nel senso che in tutto il pianeta il bacino di aumento della popolazione e di alimentazione dei maggiori flussi migratori si è ridotto alla sola Africa subsahariana.

Anche in Cina come in America latina le popolazioni cominciano ad invecchiare. Nei prossimi decenni la partita delle migrazioni, più che un tema veramente globale, sarà soprattutto una sfida euro-africana. Con l’Italia al centro. Nei prossimi cinquant’anni la popolazione dell’Africa subsahariana crescerà cinque volte l’aumento realizzato in America latina nell’ultimo mezzo secolo.

Solo entro il 2040 la popolazione in età lavorativa residente nei paesi dell’Africa subsahariana aumenterà di 800 milioni di unità. Assumendo che di questi 800 milioni di persone solo l’1-2 per cento si traduca in nuovi flussi migratori, il numero dei migranti di prima generazione presente in alcuni grandi paesi europei potrebbe triplicare. In Italia nel 2015 i nati in paesi stranieri risultavano essere 5,8 milioni pari al 9,5% della popolazione complessiva.

Nel 2015 la quota dei nati all’estero si avvicinava al 13% in Germania e in Spagna e al 12% in Francia. Nel 2015 in Italia la quota dei nati nei paesi dell’Africa subsahariana rappresentava appena il 6% degli stranieri residenti. Parliamo di meno di quattrocentomila persone. I nati nell’Africa subsahariana costituiscono però oltre i tre quarti delle provenienze dei 181mila migranti giunti nel 2016 sulle coste italiane e censiti dalle statistiche dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite.

Solo dalla Nigeria, tra gennaio e novembre 2016 sono giunte via mare in Italia 36mila persone, l’ottanta per cento in più dell’analogo periodo del 2015 e oltre un quinto dell’intero flusso di migranti. Al di là dei modelli degli economisti, bastano i numeri della congiuntura migratoria a indicare come già oggi il Mediterraneo sia il cantiere di un cambiamento strutturale che va conosciuto e va governato.

Una risposta lungimirante dovrà necessariamente miscelare una pluralità di temi e di attori. Accrescere lo sviluppo economico sulla sponda meridionale del Mediterraneo in un quadro di stabilizzazione geopolitica e di efficace contrasto ai traffici criminali rappresenta un passaggio fondamentale per moderare le pressioni migratorie. In questo quadro, la proposta avanzata di recente di un “Piano Juncker per l’Africa” merita attenzione.

Occorre, però, disegnare a monte una strategia ampia ed organica che favorisca più crescita economica sia in Europa sia in Africa, sintonizzando il Fiscal Compact a quell’idea di “Migration Compact” che l’Italia ha proposto all’attenzione dei partner europei. Solo attraverso più crescita sia in Europa sia in Africa l’integrazione sostenibile dei migranti in un contesto europeo di sviluppo potrà coniugarsi a un miglioramento delle prospettive demografiche ed economiche dell’area subsahariana che tuteli il diritto di decine di milioni di persone a realizzare le condizioni per restare nel proprio Paese.

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