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Mediobanca: conto alla rovescia per l’assemblea di fuoco del 28 ottobre che si deciderà all’ultimo voto

Chissà se varrà ancora la celebre frase di Cuccia “Le azioni si pesano e non si contano”. Ogni schieramento ha il suo asso nella manica. Fino all’ultimo sono possibili colpi di scena

Mediobanca: conto alla rovescia per l’assemblea di fuoco del 28 ottobre che si deciderà all’ultimo voto

Probabilmente verrà scritta negli Annales di Mediobanca come l’assise più vivace degli ultimi anni. Sabato prossimo, il 28 ottobre, si terrà l’assemblea dei soci dell’istituto fondato da Enrico Cuccia che dovrà deliberare il rinnovo del Consiglio di amministrazione. Fin dalla primavera scorsa il dibattito è stato acceso sulla sua composizione, con il primo azionista Delfin che ha minacciato di presentare una lista alternativa a quella del consiglio di amministrazione uscente.

“Le azioni si pesano e non si contano”. E’ ancora così?

Celebre la frase di Cuccia: “Le azioni si pesano e non si contano”, come se nelle assemblee degli azionisti contasse il prestigio e il peso dei patti parasociali. Ma è ancora così. I due schieramenti che partono da posizioni diverse. Da una parte il management di Mediobanca appoggiato dal patto di consultazione (con, tra gli altri, Mediolanum, Gavio, Ferrero). Dall’altra Delfin – che raccoglie gli eredi di Leonardo Del Vecchio guidati dal manager Francesco Milleri – e il costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, che l’anno scorso si mise a capo di un progetto (fallito) per prendere il controllo delle Generali sottraendolo a Mediobanca.

Delfin ha richiesto profondi cambiamenti nella governance e un presidente di garanzia, indipendente. Anche Romano Minozzi, imprenditore azionista con l’1%, ha fatto sentire la sua voce di rinnovamento sostenendo che “i banchieri non devono chiudersi in una casta” e che Delfin può portare una “visione imprenditoriale, un’aria fresca”. Il consiglio di amministrazione uscente è sorretto da un accordo di consultazione tra alcuni soci che mette insieme circa il 10 per cento del capitale. Il primo azionista Delfin sfiora il 20 per cento. Se al suo fianco si schierasse Caltagirone gli apporterebbe circa il 10 per cento. Poi c’è Edizione, finanziaria della famiglia Benetton. I due fronti raccolgono circa il 30% dei voti ciascuno.

La lista di minoranza di Delfin: due di sicuro nel cda

Delfin ha risposto alla lista del consiglio uscente con una lista di minoranza presentata a inizio ottobre e composta da cinque candidati e non più i sette ipotizzati precedentemente: l’ex chief risk officer di Generali, Sandro Panizza, l’ex consigliera di Generali, Sabrina Pucci, l’ad di Illy Caffé e consigliera di Essilux, Cristina Scocchia, l’ex segretario generale della Fondazione Crt, Massimo Lapucci, e il presidente di Covivio Jean-Luc Biamonti. I primi due entreranno sicuramente in cda: infatti, secondo quanto previsto dallo statuto di Mediobanca, Delfin – che possiede una partecipazione del 19,8% della banca d’affari – se arriverà seconda potrà nominare due consiglieri. Se invece arriverà prima potrà nominare tutti e cinque e in ogni caso anche il presidente del collegio sindacale.

Delfin invece non ha dato indicazioni per le posizioni di amministratore delegato e di presidente. Così nelle due poltrone dovrebbero essere confermate per Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Delfin aveva puntato sulla figura del presidente, chiedendo un candidato alternativo e condiviso. Ma Nagel è stato inamovibile e così al vertice di Mediobanca sabato prossimo verrà confermato il vertice che ha guidato la banca negli ultimi quindici anni, compreso il direttore generale Francesco Saverio Vinci.

Il titolo a Piazza Affari ha perso appeal nelle ultime settimane. Il 2 ottobre l’azione Mediobanca veniva scambiata a 12,68 euro, venerdì scorso ha toccato gli 11,045 euro, i livelli di luglio, anche se oggi punta a chiudere a 11,16 euro in rialzo dell’1,13%.

Gli assi nella manica dei due schieramenti

Nagel la scorsa primavera ha presentato un piano industriale che è stato ben accolto dal mercato, soprattutto per la focalizzazione sul segmento del wealth management, con la nascita dal prossimo gennaio di Mediobanca Premier, e ha dimostrato di saper parlare la lingua della finanza internazionale. Ma anche le istanze di Delfin hanno motivo di accoglienza sui mercati della finanza. Sul tema dell’indipendenza del presidente, emerso anche nelle raccomandazioni dei proxy advisor.

La differenza in partenza potrebbe venire colmata dagli investitori istituzionali e dai fondi comuni di investimento che sarà decisivo. Un anno fa partecipò al voto il 72 per cento circa degli aventi diritto, ma Caltagirone non era parte all’assemblea. Gli esperti suggeriscono che tanto più i partecipanti supereranno il 70 per cento degli aventi diritto, tanto più sarà avvantaggiato Nagel e la sua lista. Ma Delfin, fino all’ultimo, giocherà la sua partita.

Sugli indecisi influiranno anche le opinioni espresse dai proxy advisor. Nell’ultima settimana si sono manifestati in quattro: tutti a favore della lista del consiglio. È stato il caso di Iss e Glass Lewis, ma anche di Pirc e Egan-Jones, questi ultimi molto influenti rispettivamente tra i fondi pensione britannici e americani. Pirc in particolare è stato critico con Delfin.

Non esclusi i colpi di scena dell’ultimo minuto

Restano poi le mosse dell’ultimo minuto. Solo gli azionisti che erano in possesso di azioni Mediobanca lo scorso giovedì 19 ottobre potranno partecipare all’assemblea. Quindi è ininfluente acquistare azioni questa settimana, ma i titoli possono però essere prestati e le azioni si possono presentare per il voto fino al giorno stesso dell’assemblea. Quindi si potrebbero vedere anche colpi di scena.

Nelle scorse settimane Poste ha messo le mani su una quota di azioni Mediobanca stimata tra l’1 e il 3 per cento, estremi esclusi, anche se il gruppo a controllo pubblico ha annunciato che non eserciterà il diritto di voto in assemblea e che l’acquisto è stato effettuato come normale attività di investimento.

Quali sono i nomi sicuri?

Statuto e regolamenti alla mano l’esito del rinnovo del consiglio di amministrazione di Mediobanca di sabato prossimo è già deciso all’80 per cento. Dodici consiglieri sono già sicuri del loro posto. Si tratta di Alberto Nagel, Renato Pagliaro, Francesco Saverio Vinci, Laura Cioli, Valérie Hortefeux, Laura Penna, Vittorio Pignatti Morano, Angel Vilà Boix e Virginie Banet (questi della lista del consiglio uscente), oltre ai due rappresentanti della lista Delfin, Panizza e Pucci – e al rappresentante degli investitori istituzionali Angela Gamba, che negli ultimi mesi ha lavorato come lead independent director alla compilazione della lista del consiglio di Mediobanca.

Dei quindici totali, restano dunque tre posti da occupare. Se la maggioranza dei voti premierà Nagel, si siederanno in consiglio Marco Giorgino, Mana Abedi e Maximo Ibarra. Se prevarrà la lista presentata da Francesco Milleri per Delfin, i tre posti ancora liberi saranno occupati da Massimo Lapucci, Cristina Scocchia e Jean-Luc Biamonti.

Lo sguardo va oltre, fino alle Generali

Delfin e Caltagirone mirano a condizionare la gestione di Mediobanca, che oggi vive dell’attività di m&a, di gestione del risparmio con Che Banca! e di credito al consumo con Compass. Il vero obiettivo è però il controllo delle Generali di cui Mediobanca ha in mano solo il 13,1%: troppo poco per poter aumentare il capitale sociale, pena la perdita del premio di maggioranza. Ma in tal modo al Leone di Trieste è impedita la crescita per via esterna, necessaria per stare al passo con i competitor Allianz e Axa.

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