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Materie prime rare: parametri europei, che succede dopo il voto del Consiglio della Ue?

Il regolamento sulle materie prime critiche deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue: vanno limitate le importazioni dalla Cina e riprese le esplorazioni in Europa

Materie prime rare: parametri europei, che succede dopo il voto del Consiglio della Ue?

Ancora un conto alla rovescia prima della chiusura del Parlamento europeo per le elezioni e su un altro provvedimento strategico per l’energia. Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il regolamento per la gestione delle materie prime critiche. La necessità per i Paesi dell’Unione di avere un quadro cui fare riferimento per le lavorazioni è da tempo sui tavoli politici. Finalmente il Critical raw materials act (Crma) è passato con l’ambizione di ridurre le importazioni, in particolare dalla Cina, di materiali per le produzioni elettroniche e a tecnologia avanzata. Prima di arrivare nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue deve essere firmato dal presidente del Parlamento e dal presidente del Consiglio europei.

Il testo introduce parametri e scadenze per le autorizzazione a estrarre. I parametri sono: almeno il 10% del consumo annuo deve arrivare da estrazioni all’interno dell’Ue; il 40% deve provenire da trasformazione di prodotti dentro i Paesi Ue; almeno il 25% del consumo deve provenire da riciclo interno; non più del 65% del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima. Tanto la Cina ha avuto mano libera nel mondo per cercare, estrarre e vendere le materie rare, quanto in Europa bisognerà rispettare parametri di garanzia ambientale e piani di esplorazione.

Materie prime critiche, una leva per la competizione

In generale il provvedimento dovrebbe riequilibrare le distorsioni nel mercato e gli accordi bi-trilaterali tra Paesi per avere a disposizione il cuore degli affari tecno. L’Europa in questo momento sconta l’assurdità di regolamenti e leggi nazionali che hanno vietato per anni di sfruttare la ricchezza del sottosuolo. Non è semplice dimenticare il ritardo con il quale siamo arrivati a questa svolta, sebbene sia tutta da verificare. L’unità dei Paesi è messa alla prova anche da queste scelte che non riflettono solo l’urgenza di far tenere il passo all’industria ma soprattutto la capacità di sfidare la concorrenza cinese o americana.

Con il Crma vogliamo trasformare le sfide delle nostre dipendenze in autonomia strategica e un’opportunità per la nostra economia, ha scritto il Consiglio dell’Ue. È tutto il settore minerario che dovrà preoccuparsi di competere con i Paesi “proprietari”. L’Europa non è stata attenta a quello che accadeva in Africa, in America Latina e più di recente nel Mare del Nord. Il conto salato pagato dalle industrie dei 27 Paesi va intestato a chi riteneva che le estrazioni danneggiassero il pianeta mentre nessuno ha saputo fare a meno di strumenti di litio, cobalto, nichel. La storia ha insegnato che le contraddizioni in economia si pagano sempre con prezzi altissimi.

Le grandi aziende che producono tecnologie strategiche, batterie e generatori rinnovabili dovranno fare una valutazione del rischio delle loro catene di approvvigionamento per identificare le vulnerabilità. Da qui dovrebbe scaturire la ripartenza delle ricerche o la definizione di linee di approvvigionamento. La questione, però, si intreccia con i tempi e la velocità delle aziende di produrre senza avere tempi morti.

II progetti di estrazione riceveranno i loro permessi entro un periodo massimo di 27 mesi, sta scritto nel Crma. Per quelli di riciclaggio e di lavorazione devono essere rilasciati entro 15 mesi. Vedremo presto se, chi e quando rispetterà queste prescrizioni. Visto che il conto alla rovescia per firme e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è iniziato, è il caso di iniziare a prepararsi.

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