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Lula e la nuova Petrobras: da gallina dalle uova d’oro per i soci a pedina strategica nei rapporti internazionali del Brasile

Sono mesi di importanti novità per il gigante brasiliano del petrolio, che col nuovo Cda ha detto addio alla generosissima politica dei dividendi per concentrarsi sugli investimenti e soprattutto sulle partnership internazionali, dalla Cina al mondo arabo

Lula e la nuova Petrobras: da gallina dalle uova d’oro per i soci a pedina strategica nei rapporti internazionali del Brasile

Grandi movimenti intorno a Petrobras. Il colosso brasiliano del petrolio è in una fase di importanti novità dopo la rielezione di Lula, visto che il Governo è il primo azionista con il 28,67% del capitale ed influisce sulle strategie di quella che è nota per essere una gallina dalle uova d’oro per i propri soci. Petrobras, infatti, nel 2022 è stata la società al mondo a distribuire più dividendi, toccando il record a 215,7 miliardi di reais, pari a oltre 40 miliardi di euro, il doppio dell’anno precedente. Proprio su questa politica generosa è intervenuto il presidente Lula in persona, convincendo il Cda a cambiare orientamento, al punto che nel secondo trimestre di quest’anno Petrobras ha registrato il maggior ribasso della cedola a livello mondiale rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, tagliando da 24,7 miliardi a meno di 15 miliardi di reais.

La nuova Petrobras di Lula non scuote i mercati

L’operazione, che influisce negativamente sui conti pubblici essendo appunto lo Stato azionista, non ha tuttavia scosso i mercati, anzi Petrobras da maggio ad oggi ha guadagnato il 50% alla Borsa di San Paolo, passando da 22 reais per azione (che per la verità era il minimo da gennaio 2023) a 33 reais, in un rally costante dovuto soprattutto al recente rialzo oltre le attese del prezzo del greggio (Brent oltre i 90 dollari dopo il taglio della produzione annunciato da Russia e Arabia Saudita) e al record di sempre per le esportazioni di Petrobras, che non ha mai venduto tanto “oro nero” all’estero come finora nel 2023. Tra gennaio e luglio, il colosso brasiliano ha esportato in media 1,5 milioni di barili al giorno: solo a marzo ha venduto all’estero quasi 10 milioni di tonnellate, +75% rispetto a marzo 2022. Anche il saldo tra importazioni ed esportazioni di petrolio, derivati e gas ha raggiunto il primato di sempre a 12 miliardi di dollari tra gennaio e luglio, contro i 9,8 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso.

Brasile sempre più vicino a Cina e Russia

Ma importanti novità sono in cantiere anche, e forse soprattutto, sul fronte delle strategie internazionali. In questo caso il discorso si lega a doppio filo con la politica estera del governo Lula, che dopo le posizioni ambigue sulla guerra in Ucraina e i rapporti non proprio idilliaci con Washington e l’Unione europea, ha ulteriormente forzato la mano appoggiando la strategia di Cina e Russia, che hanno deciso di includere tra i Brics nuovi Paesi come Argentina, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Iran, Argentina ed Etiopia. L’intento è chiaro ed è stato anche dichiarato ufficialmente: rafforzare un nuovo asse internazionale da contrapporre al G7, nel quale includere anche – se non formalmente almeno come simpatizzanti – Paesi palesemente ostili all’Occidente come Cuba, l’Iran e il Venezuela.

Per Lula amicizie di convenienza

È facile capire come Petrobras con tutto questo c’entri eccome, visto che in particolare con Pechino il governo Lula sta intensificando l’amicizia: già l’anno scorso il Brasile è diventato il primo partner della Cina a livello globale, e in occasione della visita del presidente brasiliano all’omologo Xi Jinping, lo scorso aprile, i due hanno firmato 15 accordi di collaborazione negli ambiti delle energie rinnovabili, dell’automotive, delle materie prime, della tecnologia, delle infrastrutture e anche dell’educazione e della salute. E non a caso adesso anche per l’azienda petrolifera statale la Cina sembra essere una priorità. Lo stesso ceo Jean Paul Prates, nominato proprio da Lula, ha dichiarato a Reuters che dopo un periodo di raffreddamento delle relazioni sotto il governo Bolsonaro, che invece strizzava gli occhi più agli Usa di Trump, “la compagnia sta riallacciando i rapporti e abbiamo in progetto di aprire una filiale in territorio cinese entro giugno 2024”.

Questo nei piani di Petrobras, e soprattutto del governo di Brasilia, aiuterebbe il Paese sudamericano a ricavarne benefici in termini di investimenti cinesi in Brasile, soprattutto nel campo dell’industria navale, e anche ad inserirsi nei progetti sempre più numerosi che Pechino sta facendo in Africa. Senza dimenticare il mondo arabo, che fresco di ingresso nei Brics è a maggior ragione un partner strategico nel campo del petrolio: Petrobras recentemente ha anche firmato un nuovo accordo con il fondo Mudabala Capital, già attivo in Brasile, per produrre combustibili rinnovabili, a base di oli vegetali, nella raffineria di Bahia.

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