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Le utilities europee e la crisi globale. Quali strategie per fronteggiare l’incertezza?

RAPPORTO DELL’OSSERVATORIO DI AGICI – Considerate fino a pochi anni fa un porto sicuro, ora anche le utilities europee accusano il colpo – Le soluzioni? Razionalizzazione della struttura e nuove strategie di crescita, puntando su energie rinnovabili, mercati emergenti, estensione dell’offerta e sviluppo di risorse non convenzionali.

Le utilities europee e la crisi globale. Quali strategie per fronteggiare l’incertezza?

Sono passati ormai quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers e dalla conseguente deflagrazione della crisi globale. Tuttavia la situazione economica dell’Eurozona non sembra essere cambiata di molto: le criticità persistono e il loro superamento non sembra essere una prospettiva realistica nel breve e forse anche nel medio periodo.

La crisi globale ha toccato anche le grandi utility europee, fino a pochi anni fa considerate un porto sicuro quasi impermeabile a crisi e speculazioni, stanno accusando il colpo. Ciò emerge chiaramente dalle analisi sui 40 maggiori gruppi energetici europei contenute nel Rapporto 2012 “Strategic Actions in a Time of Sustained Uncertainty” dell’Osservatorio di Agici sulle Utility che sarà presentato il 17 febbraio a Milano a Palazzo Clerici (http://www.agici.it/eventi/17_02_12.php).

Se da un lato il fatturato delle maggiori utility europee ha continuano a crescere anche durante la crisi (+12% nel 2011 rispetto al 2008 ), la stessa cosa non si può dire della redditività. A partire dal 2009 l’utile aggregato delle maggiori utility europee è costantemente sceso, passando da 51 miliardi di € del 2009 a 34 miliardi di € del 2011 (-33%). Le principali cause sono la stabilità della domanda, la sovraccapacità produttiva che costringe a rimanere fermi molti impianti, nonché la crescente concorrenza che sta spingendo al ribasso i prezzi dell’energia, soprattutto del gas. Sole grandi imprese Oil&Gas rimangono “indenni” da questo trend grazie, approfittando della crescita della domanda e delle quotazioni nei grandi mercati in via di sviluppo nonché del controllo strategico delle riserve.

Le grandi utility europee sono sempre più consapevoli di queste criticità e stanno cambiando, in molti casi in modo radicale, le proprie strategie. Da un lato si assiste a una razionalizzazione e a un efficientamento della loro struttura societaria e organizzativa. Questo si esplica sostanzialmente in due tipologie di azioni:
1)    Dismissione di asset e di partecipazioni non strategiche (non abbastanza redditizi, riguardanti mercati a bassa crescita o quote di minoranza dal carattere “simbolico”). Nel 2012 le dismissioni delle maggiori utility europee hanno raggiunto il valore di 21 miliardi di €, che si aggiungono ai 27 miliardi del 2010 e agli oltre 5 miliardi del 2009 (anno in cui questo tipo di strategia ha iniziato a prendere piede).
2)    Razionalizzazione della struttura aziendale, con azioni volte al recupero dell’efficienza e allo sfruttamento delle sinergie derivanti dalle grandi operazioni di M&A condotte da queste aziende negli ultimi 5 anni. Lo studio Agici Accenture “Developing Winning Moves for Merger and Acquisition Integration in European Utilities”, (anch’esso sarà presentato il 17 febbraio a Palazzo Clerici) mostra come le undici maggiori utility europee hanno in programma al 2014 9 miliardi di € di risparmi di costo derivanti dallo sfruttamento delle sinergie post merger. 

Accanto a queste azioni aventi effetto “all’interno” dei gruppi, vi sono nuove strategie di crescita e sviluppo. “Congelatesi” momentaneamente le grandi acquisizioni, le utility puntano soprattutto a:
1)    Crescita nelle tecnologie pulite e nelle rinnovabili. Nonostante la costante riduzione degli incentivi in tutti i principali paesi europei, le utility stanno continuando a investire nelle rinnovabili. Il rapporto 2012 dell’Osservatorio calcola in oltre 75 miliardi di € gli investimenti pianificati dalle grandi utility europee nelle rinnovabili al 2020.
2)    Crescita nei grandi mercati emergenti.  Alle utility è ormai chiaro che crisi e aumento dell’efficienza energetica faranno con ogni probabilità rimanere stabile la domanda europea di gas ed elettricità. I player stanno quindi puntando a crescere nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Estremo Oriente e in Sud America. Anche il Nord Africa, per il suo elevato potenziale nelle rinnovabili e per lo stabilizzarsi della situazione geopolitica, è considerata un’aerea di interesse.
3)    Estensione dell’offerta: i servizi per l’efficienza energetica. L’efficienza energetica si sta trasformando da minaccia a opportunità per le grandi utility europee. Vista la domanda stangante, questi servizi sono considerasti attrattivi in quanto non regolati (e quindi con un redditività  potenzialmente più elevata) e poiché rafforzano il legame con la clientela, particolarmente sensibile in questo periodo di crisi a offerte in grado di generare dei risparmi. Le utility europee stanno fornendo ai clienti una gamma sempre più vasta di servizi post contatore: dalle diagnosi energetica, alla sostituzione della caldaia, all’isolamento termico, fino all’installazione di pannelli solari.
4)    Sviluppo delle risorse gas non convenzionali. La sicurezza degli approvvigionamenti e la riduzione della dipendenza energetica è considerato da sempre un tema cruciale. La recente crisi del gas ne è l’ennesima dimostrazione. I grandi gruppi energetici europei, per questa ragione, stanno sviluppando le risorse di gas non convenzionali che si trovano in grandi quantità anche in paesi, come la Polonia o l’Ucraina, che non sono gli storici fornitori  dell’Europa. L’Osservatorio ha monitorato nel 2011 ben 10 accordi per lo sviluppo di queste fonti.

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