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“Le ricette del Convento”: tre monaci siciliani portano la buona cucina in televisione

Su Food Network sono tornati don Salvatore Pellegrino, don Anselmo e don Riccardo per condividere manicaretti e ricette della tradizione nella cucina del monastero di San Martino delle Scale, a due passi da Palermo

“Le ricette del Convento”: tre monaci siciliani portano la buona cucina in televisione

Quando la gola non è un peccato. Su Food Network canale 33 del Digitale Terrestre, tivùsat Canale 53, sono tornati i tre monaci benedettini siciliani di San Martino delle Scale – don Salvatore, don Anselmo e don Riccardo – per condividere i loro segreti in cucina con la seconda stagione de “Le ricette del Convento”, in onda da sabato 21 gennaio alle ore 18:15. La serie sarà disponibile in streaming su discovery+ subito dopo la messa in onda lineare.

Le ricette custodite tra le mura del convento vengono rivelate ogni settimana dalla splendida abbazia tra le montagne palermitane, tra Monreale e Palermo. Cibi semplici e tradizionali, preparati tra qualche aneddoto e canti sacri, come la “finellina in brodo di pesce” (spaghetti sottilissimi che profumano di mare), la frittata Agostina ma anche ricette di recupero come il pane cotto. Spazio anche ai dolci come il “biancomangiare” (budino di latte alla vaniglia) o il “cutumè” (frittelline di ricotta al profumo di cannella), senza dimenticare qualche ricetta vegetariana e alcuni piatti tipici della tradizione siciliana.

“Le ricette del Convento”: chi sono i tre monaci

I protagonisti di questo interessante viaggio culinario sono: don Salvatore Pellegrino, originario di Belpasso, studi all’istituto Alberghiero, in convento a Nicolosi dal 2016 (ora segue Teologia a Palermo), e don Anselmo Lipari, il decano, originario di Alcamo, docente di Teologia, che aiuta nella preparazione e racconta aneddoti e curiosità storiche o religiose sui piatti. E infine il più giovane: don Riccardo Tumminello di Monreale che compare al termine di ogni puntata, intonando canti gregoriani e inni sacri prima di assaggiare le pietanze. Un modo particolare per raccontare in televisione la buona cucina di questo antico convento, secondo quello che è il motto che da sempre accompagna la tradizione benedettina, capace di sintetizzare lo spirito delle prescrizioni del lavoro e della preghiera, dal latino “ora et labora” prega e lavora.

«Tutto è nato per caso – ha raccontato don Salvatore – siamo stati contattati e abbiamo pensato che potesse essere utile per far conoscere questo antico convento, per la comunità. Un mondo che non viene mostrato comunemente. Molte persone sono venute a trovarci soprattutto per scoprire la realtà monastica, che cosa si fa in monastero, com’è la vita dei monaci. Poi, una volta arrivati qui, si resta colpiti dalla bellezza del luogo. Tanti palermitani non sapevano neanche della sua esistenza». Stare davanti alle telecamere all’inizio non è stato facile. È stata avventura. Io mi sentivo in imbarazzo, c’era la paura di sbagliare, ci sono i tempi, le riprese da ripetere. Ma tante persone sono venute in monastero perché ci hanno visti e questa è una bella cosa».

L’abbazia di San Martino delle Scale

Il monastero, fondato nel 1347, è una splendida struttura immersa nel bosco con tre chiostri, due cortili e una basilica con un antico organo. Ci vivono 16 monaci che rispettano rigorosamente le regole di un tempo. Don Anselmo si occupa del refettorio, don Salvatore cura l’orto, don Riccardo accoglie gli ospiti.

Nell’abbazia c’è anche una foresteria, spiega don Salvatore: “C’è chi vuole restare qualche giorno con noi, chi vuole trovare conforto nella preghiera, chi vuole fare un ritiro spirituale. Vengono gruppi in visita, gli scout, i parrocchiani. Gli ospiti in monastero non mancano mai “.

Recentemente, l’Abbazia ha prodotto una birra artigianale chiamata Hora benedicta, una scura e l’altra bionda (e in lavorazione c’è la rossa), con cui hanno pure vinto dei premi. Ma per poter degustare la bevanda dei monaci di San Martino bisogna entrare nel monastero e visitare la bottega dei frati. Il prodotto non viene commercializzato ma prodotto solamente per passione. “La nostra associazione contribuisce alla produzione di diverse centinaia di bottiglie ogni anno – ha spiegato Carmelo Di Fatta, vice presidente dell’associazione Hora Benedicta –. Per poter trovare il prodotto finito sullo scaffale occorrono circa tre mesi di lavoro, ma siamo sicuri che il nostro prodotto è genuino”.

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