Condividi

L’attacco alla stampa primo passo verso il “regime”

La sonora sconfitta dei Cinque Stelle e della Lega al Parlamento europeo sulla tutela del copyright è una bella notizia ma non deve farci abbassare la guardia di fronte ai propositi liberticidi della libertà di stampa espressi da Di Maio con l’intimidazione alle società pubbliche di togliere la pubblicità ai giornali che criticano il Governo

L’attacco alla stampa primo passo verso il “regime”

La sonora sconfitta dei 5 Stelle (e della Lega) al Parlamento europeo nella votazione sulla tutela del copyright può farci tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, ma non deve farci abbassare la guardia nei confronti dei ripetuti propositi liberticidi della libertà di stampa espressi con vigore da Di Maio, dal sottosegretario all’ informazione Crimi e da altri pappagalli dell’alleanza giallo-verde.

Il Parlamento europeo, con una maggioranza schiacciante, ha posto fine a una battaglia che i colossi di internet, con l’aiuto dei grillini, combattevano da vari anni. È passata la normativa sulla tutela del diritto d’autore che obbliga i giganti di internet a pagare per la pubblicazione di articoli, filmati o altri contenuti prodotti dalle case editrici, e riportati sui loro siti. Finora molti giganti di internet riproducevano gratuitamente i contenuti dei giornali o i filmati TV senza pagare alcunché ai loro autori . In tal modo si rischia di aggravare la crisi dei produttori di informazione la cui elaborazione costa o è il risultato della creatività artistica, che in quanto tale deve ricevere un corrispettivo se viene pubblicata da un diverso editore ( come quello internettiano) che assemblando gratuitamente i contenuti altrui ne tra un profitto, spesso anche di ragguardevole entità.

La questione è sicuramente delicata. Non ci si deve sorprendere quindi se il dibattito intorno a questi temi sia durato alcuni anni e di come sia stato faticoso elaborare una proposta di legge che mettesse insieme la difesa della libertà di espressione con i diritti degli autori in un quadro di rafforzamento dei principi della democrazia. La soluzione trovata appare come un corretto passo verso una equilibrata regolamentazione delle potenzialità della rete senza calpestare i diritti individuali degli autori e delle società editoriali.

L’affermazione di molti dirigenti dei 5 Stelle secondo la quale regolare la rete vuol dire imbavagliarne le potenzialità e quindi ridurre il tasso di democrazia del popolo sono false e gravemente fuorvianti. La democrazia si difende solo se non si calpestano i diritti dei singoli o di alcuni soggetti economici in nome di un indistinto “popolo” le cui possibilità di libera espressione non vengono affatto toccate, anzi, eventualmente potranno essere valorizzate se messe in contatto con un ambiente in grado di dare una giusta remunerazione alle capacità individuali . Capacità che invece vengono di fatto mortificate o coartate se sono convogliate in maniera forzosa e non garantita ,attraverso strumenti come la piattaforma Rousseau,che non offrono alcuna garanzia di trasparenza.

Certo, non sarà da queste nuove norme che i giornali tradizionali potranno ricevere garanzie sul loro futuro. Se la gente compra sempre meno giornali o se le TV generaliste soffrono, non è solo colpa di Google. Gli editori ed i giornalisti dovranno pur cominciare a chiedersi se sono veramente credibili e se i loro prodotti sono sufficientemente attraenti per gente sempre più affannata in mille occupazioni e priva dei necessari strumenti culturali per comprendere molti problemi del mondo moderno.

Ma questo non toglie che i motivi di preoccupazione per le posizioni di Di Maio nei confronti della libera informazione continuino ad essere più che fondati. La minaccia di togliere la pubblicità delle società statali ai giornali che “non fanno che parlar male del governo” è pericolosa proprio per la libertà e la democrazia. Nulla impedisce ai ministri ed ai parlamentari di criticare i giornalisti e far rilevare i loro errori. Anzi, questo stimolerebbe la categoria a prepararsi meglio quando si fanno le interviste o quando si scrivono articoli che riportano il pensiero di questo o quel politico. Ma è proprio questo che Di Maio e soci non vogliono: guai a trovarsi di fronte a giornalisti preparati!

Molto meglio intimidire i singoli e minacciare gli editori (che per la verità in Italia non sono proprio puri) per asservire l’informazione e trasformarla in strumento di propaganda, che lavorare per l’affermazione di una informazione veramente libera da qualsiasi condizionamento e capace di svolgere quel ruolo di controllore del potere per cui è nata. È questo sarebbe il governo del cambiamento? Cioè il superamento dell’attuale situazione, certamente non perfetta, con il ritorno all’oscurantismo dei decenni più bui del secolo passato? Attenzione ai segnali premonitori. La tempesta spesso è annunciata da sordi brontolii di tuoni lontani. Ma il viandante accorto riesce a valutarli per tempo e trovare adeguati ripari.

Commenta