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La crisi dei prezzi gas? Non è finita. E potrebbe diventare strutturale

Prezzi del gas in discesa, ma non abbastanza. Rimangono lontani i livelli pre-crisi. E nuove tensioni sono all’orizzonte, avvertono gli analisti. Birol (IEA): no ad incrementare la produzione di gas in Europa. Per le rinnovabili “bisogna fare di più”

La crisi dei prezzi gas? Non è finita. E potrebbe diventare strutturale

Crisi dei prezzi gas è superata? Niente affatto, nonostante le apparenze. Il costo della materia prima continua la discesa dai picchi del 2022. Il valore di riferimento in marzo è stato di 46,58 euro a megawattora, con nuovi segnali di calo delle quotazioni all’ingrosso. E così il calcolo per le bollette gas di marzo per le famiglie ancora in regime di tutela (quelle ancora non transitate ai contratti sul mercato libero) può godere di un nuovo ribasso del 13,4% rispetto a febbraio, che aveva già goduto di un raffreddamento del 13% rispetto a gennaio, che a sua volta aveva segnato un calo di ben il 34,2% rispetto al mese precedente. E tutto ciò traina al ribasso anche le bollette dell’elettricità, che come sappiamo viene generata in gran parte con il gas metano.

Bene, naturalmente. Ma non così bene come potrebbe sembrare. Per tre motivi. Il primo: le reali cifre in gioco raccontano una storia un po’ diversa rispetto agli entusiasmi accesi dagli ultimi ribassi dei prezzi gas. Il secondo: gli analisti, quelli più attendibili, tracciano uno scenario, per il presente ma soprattutto per il futuro, non privo di pesanti incognite. Il terzo: guai a pensare di compensare almeno un po’ il deficit di import di gas in Europa aumentando le estrazioni di metano, peraltro sempre più difficoltose, nei paesi dell’Unione. “Non conviene e mette fortemente in crisi l’ambiente”, taglia corto da Bruxelles Faith Birol, direttore generale della IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, nella sua ultima relazione al collegio dei commissari Ue.

Crisi gas: tutto come prima? Le vere cifre dicono di no

Guardiamo bene i numeri: come rimarcano gli analisti di eGazette la riduzione maturata a marzo porta la spesa del gas per la famiglia tipo nel cosiddetto “anno scorrevole” (il periodo tra aprile 2022 e marzo 2023 preso a riferimento perché comprende un intero inverno) a 1.561 euro, segnando ancora 0,7% in più rispetto ai 12 mesi equivalenti aprile 2021-marzo 2022, considerando oltretutto che l’Authority di settore, l’ARERA, ha mantenuto d’accordo con il Governo l’azzeramento degli oneri generali di sistema per il gas confermando la piena agevolazione per i consumi fino a 5mila metri cubi l’anno e la riduzione dell’Iva al 5%. Una discesa sussidiata, che peraltro ci porta ben lontano da uno scenario di pieno rientro ai prezzi gas ante crisi.

A questo proposito Giuseppe Gatti, uno dei più stimati analisti del settore, ci invita a mettere insieme correttamente le cifre. Vero è che il gas naturale era arrivato nell’estate al picco di 350 euro a megawattora trascinando l’energia elettrica oltre 800 euro a MWh mentre nell’ultimo mese i prezzi si sono molto raffreddati, con i contratti futures (quelli che riguardano gli acquisti a media e lunga scadenza affiancandosi al mercato spot) che sembrano indicare una stabilizzazione del gas sui livelli attuali, tra i 55 e i 65 euro a MWh. Ma è anche vero che proprio qui c’è una prima incognita dovuta al fatto che gli ultimi cali sono stati determinati anche e forse soprattutto dall’annuncio preso sull’onda dell’accordo tra i paesi Ue di un tetto da imporre al prezzo del gas. Tetto che ha costituito “un efficace messaggio mercati” ma “di così macchinosa applicazione – ammonisce Gatti – che probabilmente non scatterà mai”. È dunque oggettivamente difficile che il solo “effetto annuncio” capitalizzato finora possa determinare un’ulteriore discesa dei prezzi, se non accompagnato da una drastica differenziazione delle forniture che riduca davvero ad una percentuale residuale la dipendenza strutturale dalla Russia.

Un prezzo all’ingrosso del gas tra 50 e 60 euro megawattora da considerare fisiologico per il prossimo futuro? Ottenere di meglio non sarà facile, come abbiamo visto. Anzi, il rischio peggioramento del quadro di riferimento non è da escludere, come spiegheremo più avanti. In ogni caso c’è poco da stare allegri. Si tratta comunque di un livello di tre volte superiore ai 20 euro a MWh del periodo precedente gli sconquassi di mercato prima della pandemia (o meglio, della fase di superamento della pandemia che dall’aprile 2021 ha riacceso la domanda di gas prima depressa) e poi della guerra in Ucraina. Guerra che i russi, lo ricordiamo, hanno preparato anche con una manovra forzosa sulle forniture di gas all’Occidente per far crescere il prezzo e incamerare comunque nuove entrate per finanziare il tentativo di invasione.

Rischio forniture e nuove tensioni sui prezzi del gas

Nuovi tremori, anzi, potrebbero non mancare sia sul fronte delle forniture che su quello, direttamente conseguente, dei prezzi. Il monito arriva da EntsoG, l’Associazione dei gestori dei sistemi di trasporto europei del gas, nella sua ultima analisi sulle prospettive per la prossima estate e l’inverno 2023-2024. Solo se tutto filerà liscio i paesi dell’unione europea potranno ridurre efficacemente nei prossimi 12 mesi la dipendenza dalle forniture russe. L’incremento delle forniture di Gnl (il gas liquefatto trasportato via nave) e l’incremento garantito dalla produzione norvegese dovrebbero consentire da qui al fine di settembre di riempire almeno al 90% gli impianti di stoccaggio europei limitando a pochi punti percentuali le forniture dalla Russia, con i paesi dell’Europa occidentale (Belgio, Spagna, Francia e Portogallo) che potrebbero raggiungere il 100% di riempimento.

A quel punto la garanzia di un inverno senza problemi dovrà fare i conti sia con quel minimo necessario di forniture russe sia con le temperature medie: se riprodurranno quelle di questo inverno ci metterebbero al sicuro, in caso contrario potrebbero creare problemi portando gli stoccaggi al di sotto del livello critico del 30% (al di sotto del quale i stoccaggi perdono il loro equilibrio tecnico di funzionamento) con tutte le immaginabili conseguenze, a partire dall’esigenza di ridurre la domanda fronteggiando inevitabili tensioni sui prezzi determinate dalla richiesta di forniture aggiuntive sul mercato spot. Più che opportuna, a questo riguardo, l’iniziativa messa in campo dal nostro Governo per rafforzare i nostri stoccaggi, con risultati che ben difficilmente potranno però arrivare in tempo per la prossima stagione termica.

No a nuovi giacimenti gas europei. “Spingere sulle rinnovabili”

Affiancare la corsa ai nuovi rigassificatori di Gnl e alle nuove rotte importazione alternative alla Russia, come l’Italia sta già facendo con l’Algeria, anche con l’incremento delle estrazioni il suolo europeo? Pessima idea per l’ambiente. Meglio spingere al massimo sulle rinnovabili. Questo, in sostanza, il messaggio già più volte lanciato e ora reiterato da Faith Birol a fine febbraio parlando a Bruxelles al collegio dei Commissari europei. A quanto riferiscono le agenzie di stampa citando i verbali della riunione, il direttore della IEA “con riferimento al potenziale utilizzo di giacimenti di gas naturali negli Stati membri dell’Ue, ha raccomandato di evitare di adottare qualsiasi misura di questo genere, a meno non sia assolutamente necessario”.

“La geologia dell’Europa – ripete Birol – è molto complessa e l’estrazione potrebbe non essere economicamente sostenibile“. Nel confronto con i Commissari Ue Birol avrebbe citato ancora una volta il caso del giacimento di gas di Groningen, in Olanda, scoperto alla fine degli anni Cinquanta e considerato uno dei più grandi del mondo: fonte di indubbia ricchezza, per il territorio e per l’intera nazione, ma accusato (anche se le diagnosi non sono univoche) di aver provocato a partire dagli anni Ottanta quei terremoti che hanno danneggiato le abitazioni nelle aree operative. In ogni caso a partire dal 2012 l’attività degli impianti è stata progressivamente ridotta.

Meglio, molto meglio – insiste Birol – approfittare dell’esigenza di rendere l’Europa indipendente energeticamente dalla Russia puntando sullo sviluppo delle energie rinnovabili e sulle tecnologie ad esse collegate, anche perché “in Europa i prezzi dell’energia resteranno comunque elevati“. Birol, lo ricordiamo, fa parte di quella scuola di economisti dell’energia strenuamente convinti che un’accelerazione dell’intera filiera del “verde” costituisca l’unica vera strategia in grado di conciliare ambiente, nuova occupazione, sviluppo, con la creazione di nuovo “ponte” economico e sociale tra i popoli.

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