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KKR: ecco il fondo Usa che vuole conquistare Tim

Con oltre 400 miliardi di dollari in gestione ed entrate di circa 200 miliardi l’anno, il fondo americano che ha messo gli occhi su Tim è una potenzia finanziaria di prim’ordine. In Europa è il primo azionista della tedesca Axel Springer e in Italia ha il 37,5% della rete Fibercop – Ma la battaglia per la conquista della prima compagnia italiana di tlc resta una scommessa ad alto rischio

KKR: ecco il fondo Usa che vuole conquistare Tim

Non sarà una partita facile quella che il fondo americano KKR ha aperto ieri con il proposito di lanciare un’Opa amichevole sul 100% delle azioni di Tim. Non lo sarà perché la sua pur generosa offerta – 0,505 euro ad azione per un titolo che attualmente ne vale 0,34, con un premio virtuale del 46% – comporterebbe perdite secche per Vivendi e per la Cassa depositi e prestiti, che della compagnia telefonica sono i principali azionisti. E non lo sarà perché resta da capire fin dove potrà spingersi la neutralità del governo Draghi di fronte alla cessione di un asset strategico come la rete di Tim.

Ma KKR è troppo avveduto per non aver valutato queste incognite prima di annunciare la sua voglia di Opa. Ed è troppo potente per potersi permettere di immaginare un’operazione che, al netto delle incertezze politiche, avrà costi elevati. Del resto, la potenza di fuoco di KKR è nota. Secondo la ricostruzione che ne ha fatto ieri il Corriere della Sera, il fondo americano, che è un primattore assoluto della finanza mondiale, ha oltre 400 miliardi di dollari in gestione, circa 1.500 tra dipendenti e consulenti, 470 analisti distribuiti in 20 città e 16 Paesi che generano quasi 200 miliardi di dollari di entrate ogni anno.

Nato a metà degli anni 70 come fondo avvoltoio, quando fu fondato da Jerome Kohlberg, Henry Kravis e George Roberts (da cui l’acronimo KKR), oggi il fondo si è per così dire ripulito e opera come fondo di investimento a tutto campo. In Europa è famoso per essere diventato il primo azionista del maggiore editore del Vecchio continente, la tedesca Axel Springer.

In Italia KKR ha messo da qualche tempo gli occhi su Tim ed è già entrato nella rete FiberCop con un investimento di 1,8 miliardi di euro che gli ha permesso di acquisire il 37,5% della società dell’ultimo miglio della rete di cui Tim mantiene il 58%. Le premesse per il salto di qualità che l’Opa Tim comporta c’erano dunque tutte. Ma entrare in partita è un’altra cosa e prevedere come andrà a finire è per ora solo una scommessa che non mancherà di scaldare la scena finanziaria e politica italiana.

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