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Innovazione: gli italiani la amano ma la temono

EDISON INNOVATION WEEK – Secondo una ricerca del Censis presentata oggi all’evento milanese di Edison gli italiani sognano un Paese più innovativo ma hanno paura dei risvolti sociali e occupazionali delle nuove tecnologie, come sempre succede nei periodi di transizione

Innovazione: gli italiani la amano ma la temono

Agli italiani piacerebbe vivere in un paese più innovativo, ma esprimono anche molte paure sugli effetti delle nuove tecnologie sul piano sociale ed in particolare sull’occupazione e sul divario tra i redditi elevati e quelli medi e bassi. Una ricerca curata dal CENSIS e finanziata da Che Banca!, e presentata in apertura della Innovation week promossa dalla Edison a Milano, offre molti spunti di grande interesse per capire quale è il livello della cultura dell’innovazione nel nostro paese,e quale spinta viene dai cittadini verso coloro che hanno responsabilità di proporre e gestire il cambiamento e cioè, Governo ed imprese.

Gli italiani quindi capiscono e condividono la necessità dell’innovazione quale spinta a superare i confini del proprio orto, cambiare le abitudini, rompere le regole tradizionali, ed anche come occasione di crescita economica. Piace soprattutto il progresso nel campo delle telecomunicazioni, ma si attendono con impazienza anche i progressi nel campo dei trasporti, in particolare per quel che riguarda l’auto elettrica o ibrida  o della sanità.

Giudizio positivo anche sul ruolo che sta svolgendo il Governo, anche se le innovazioni promesse con l’agenda digitale ancora non si vedono concretamente e non stanno cambiando la vita dei singoli e delle imprese. Nel complesso molti concittadini ritengono che l’innovazione nasca da intuizioni di geni isolati, ma che siamo incapaci di fare sistema, e questo crea scetticismo, specie tra i giovani che sono impazienti di vedere concretamente applicate le innovazioni di cui si sente parlare.

Negli ultimi tempi si sono fatti grandi passi avanti. Sono stati pubblicati i primi bandi di gara per la posa in opera della banda ultraveloce, è stata varato il motore centrale della identità digitale unica che consentirà a tutti i cittadini di accedere a qualsiasi informazione o servizio pubblico, è stato approvato il Foia, e cioè il sistema che consentirà a tutti i vedere gli atti della PA. Ma bisogna ora accelerarne l’attuazione hanno detto Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, e Marco Gay, presidente dei Giovani di Condindustria, per sentirsi rispondere però dal Ministro Madia che certo il suo impegno sarà massimo nell’implementazione della legge, ma che per farlo veramente serve l’apporto di tutti, cittadini e soprattutto categorie produttive a cominciare dalla imprese e dalle banche che devono entrare nel sistema dell’identità digitale unica.

Quanto alle paure che l’innovazione possa portare alla fine del lavoro, sia Catania che Gay hanno sottolineato che nei paesi più avanzati, dove già hanno applicato una più vasta digitalizzazione, il rapporto tra distruzione dei posti di lavoro e quelli nuovi creati è di uno a tre. Naturalmente il cambiamento comporta la distruzione di lavori di vecchio tipo e la nascita di lavori nuovi, che magari oggi ancora non esistono, per cui occorre gestire con accortezza una fase di transizione che richiede un welfare adeguato e grossi investimenti nella formazione.

Quanto all’aumento dei divari sociali, con aumento delle diseguaglianze, non è detto che in tutti i paesi debbano verificarsi fenomeni analoghi tra i vincitori e la massa di quelli rimasti indietro. Anche questo problema in Europa potrà essere gestito con accortezza vista la nostra lunga esperienza nei sistemi di welfare che però dovrebbero essere adattati alle caratteristiche di una maggiore mobilità personale e territoriale.

La spinta dell’innovazione che tutti capiscono essere positiva ed inarrestabile se si vuole proseguire sulla strada del progresso, genera anche paure che sono tipiche delle fasi di transizione, paure che possono essere strumentalizzate ( come sta accadendo in molte parti dell’Europa) da chi ci specula sopra per costruirci una corriera politica, o da chi non vuole cambiare nulla. Occorre quindi una loro accorta gestione da un lato mostrando il più rapidamente possibile i benefici delle innovazioni e dall’ altro assistendo coloro che rischiano di rimanere indietro.

L’Italia appare comunque pronta a compiere il gran salto per diventare un paese pienamente inserito nella fila di testa dei paesi avanzati. Si tratta di non perdere tempo, di coagulare intorno a precisi progetti forze sufficienti a farli andare avanti con rapidità. Gli italiani sembrano desiderosi di vedere che qualcuno riesce a rimettere in moto il Paese.

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