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Infrastrutture al palo: perché l’Italia non riparte

Pubblichiamo l’intervento del direttore generale di Assonime, Stefano Micossi, nell’ambito del workshop “Giustizia amministrativa, appalti e buon funzionamento del mercato”

Infrastrutture al palo: perché l’Italia non riparte

Di seguito pubblichiamo l’intervento d’apertura del direttore generale di Assonime, Stefano Micossi, nell’ambito del workshop “Giustizia amministrativa, appalti e buon funzionamento del mercato” tenutosi a Roma martedì 8 maggio. Durante il seminario si è svolta inoltre una tavola rotonda sul tema “Le esigenze dell’economia e alcune proposte”.

L’intervento di Stefano Micossi:

Tavola rotonda “Le esigenze dell’economia e alcune proposte”

Negli ultimi dieci anni sono state intraprese numerose riforme per riportare l’economia italiana a un vigoroso percorso di crescita, attraverso decreti dai nomi benauguranti (Cresci Italia, Sblocca Italia, Semplifica Italia, decreto sviluppo e così via). Resta tuttavia la percezione di un Paese ingessato, che opera molto al di sotto delle sue potenzialità.

Per rendersi conto delle criticità non occorre fare riferimento alle classifiche internazionali sul business environment che collocano l’Italia in posizioni poco lusinghiere come contesto nel quale investire. Basta guardare all’economia italiana dall’interno, in particolare all’interfaccia tra attività d’impresa e settore pubblico.

L’andamento degli investimenti infrastrutturali è sintomatico. Dalla crisi in poi, in tutti i paesi avanzati si è registrata una contrazione della quota di investimenti infrastrutturali rispetto al Pil. In Italia tuttavia l’impatto della crisi è risultato particolarmente accentuato. Il settore delle costruzioni ha subito una contrazione enorme: dal 2007 al 2016 gli investimenti in costruzioni si sono ridotti del 37 per cento circa. Mentre negli altri paesi dell’area euro gli investimenti in costruzioni non residenziali e ingegneria civile da qualche anno sono tornati ai livelli di prima della crisi, noi non siamo ancora riusciti a risalire la china.

È quindi cruciale, guardando al futuro del nostro Paese e anche pensando alle giovani generazioni, interrogarsi su quali siano i fattori di blocco che frenano gli investimenti.

Ai primi posti nella lista vi è la scarsa qualità e l’instabilità della normativa, insieme al quadro frammentato delle competenze legislative disegnato dal Titolo V della Costituzione. La sfortunata vicenda del referendum costituzionale ha avuto tra le sue conseguenze anche la mancata razionalizzazione dell’articolo 117 sulle competenze legislative, rispetto alla quale si sarebbe potuto trovare un accordo trasversale tra le forze politiche.

Un punto di grande debolezza del sistema resta il funzionamento della pubblica amministrazione, sempre più incapace di assumersi la responsabilità di scelte. Pesa la morsa di un sistema di controlli in cui prevale l’attenzione per gli aspetti formali e procedurali rispetto agli aspetti sostanziali, ossia la capacità di produrre risultati per i cittadini e la collettività, e la minaccia di procedimenti individuali per danno erariale.

Per i contratti pubblici vi è il problema dei ritardi di pagamento delle amministrazioni e vi sono criticità connesse al nuovo Codice dei contratti pubblici e al ruolo dell’Anac. Vi è poi la spiccata tendenza alla litigiosità che si traduce in un elevato contenzioso, con l’effetto di rallentare i tempi di realizzazione delle iniziative.

Su tutti questi fronti resta molto lavoro da fare per sbloccare l’Italia e il compito è urgente.

È pertanto fonte di grande preoccupazione, nell’attuale situazione di difficile governabilità, una sentenza come quella adottata dalla Corte costituzionale lo scorso 7 marzo (sentenza n. 74/2018). La Corte, in questa sentenza ha dichiarato illegittime le disposizioni della legge di bilancio per il 2017 che stanziavano i fondi per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese sino al 2032. I settori interessati vanno dalla sicurezza stradale alla rete idrica, dal dissesto idrogeologico all’edilizia scolastica, dalla prevenzione del rischio sismico alla riqualificazione urbana e alla sicurezza delle periferie. Il problema riscontrato dalla Corte è che, trattandosi per lo più di materie di competenza concorrente dello Stato e delle regioni, la legge avrebbe dovuto prevedere che nelle scelte da parte delle amministrazioni centrali sull’allocazione dei fondi fosse assicurata l’intesa con gli enti territoriali interessati. In assenza dell’intesa, la legge è in contrasto con la Costituzione.

Per il futuro, il problema si può risolvere sul piano formale con un intervento legislativo correttivo che preveda espressamente l’intesa con gli enti territoriali. Per i progetti di investimento già avviati, tuttavia, si crea una situazione di enorme incertezza. La stessa Corte costituzionale se ne è accorta. Nella parte finale della sentenza, osservando che bloccare gli investimenti antisismici nelle scuole potrebbe avere effetti indesiderabili, cerca una via d’uscita affermando, in modo piuttosto anodino, che la dichiarazione di illegittimità costituzionale non produce effetti sui procedimenti in corso laddove questi riguardino i diritti costituzionali delle persone.

A valle di una sentenza come questa, occorre grande attenzione e sensibilità sul duplice piano del diritto e dell’economia, per evitare un ulteriore gravissimo blocco delle attività di investimento infrastrutturale in Italia.

Questa sentenza è solo un esempio del quadro generale in cui si trova ad operare chi oggi intenda investire nel nostro Paese. Preoccupa soprattutto l’atteggiamento ostile e conflittuale ancora diffuso, tra le amministrazioni e i cittadini, rispetto alla realizzazione di opere già approvate. Spesso gli oppositori di queste opere fanno leva su valori importanti – tutela del paesaggio, salvaguardia degli ulivi temporaneamente espiantati e così via –  ma spesso in modo visibilmente pretestuoso.

In questo contesto abbiamo voluto organizzare oggi questo workshop su “Giustizia amministrativa, appalti e buon funzionamento del mercato”. Lo spunto è fornito da un recente volume e dai dati ancora più aggiornati dell’Ufficio studi della giustizia amministrativa sull’effettivo funzionamento dei Tar e del Consiglio di Stato.

Studi di questo tipo sono importanti perché, dati i molti fronti su cui intervenire per migliorare l’interfaccia tra settore pubblico ed economia nel nostro paese, occorre individuare correttamente i target su cui concentrare l’attenzione. In questo senso, sono poco utili le critiche generalizzate di alcuni economisti al sistema della giustizia amministrativa: occorre un’analisi più approfondita. È essenziale comprendere cosa funziona, cosa non funzionava ma è già stato corretto e quali sono invece gli ambiti che ancora non sono soddisfacenti e che occorre sistemare.

I dati, che verranno illustrati nel Convegno, indicano che ci sono stati progressi in termini di riduzione dei tempi dei processi, e quindi in termini di efficienza.

Per valutare il contributo della giustizia amministrativa al funzionamento dell’economia occorre però anche guardare agli aspetti sostanziali. Spetta al giudice, ad esempio, decidere se in caso di contenzioso accordare o meno una sospensiva alla realizzazione dell’opera tenendo conto anche dell’importanza della stessa per la collettività. Una questione cruciale, quindi, è quella delle scelte compiute dai giudici amministrativi nell’adozione di misure cautelari.

Spetta inoltre al giudice valutare, rispetto al mancato rilascio o alla revoca delle autorizzazioni, se le scelte delle pubbliche amministrazioni siano legittime tenendo conto non solo dei profili formali ma anche dell’impatto sull’attività d’impresa.

Nel workshop di oggi, le questioni che vogliamo affrontare sono principalmente due:

  1. Quale ruolo può svolgere la giustizia amministrativa, che a volte è stata messa sul banco degli imputati come emblema di una visione giuridico-formalistica, per rendere l’Italia un sistema più favorevole agli investimenti e all’attività d’impresa?
  2. Come prevenire a monte il contenzioso in materia di investimenti infrastrutturali, evitando così gli effetti di rallentamento nella realizzazione delle opere?

Abbiamo una serie di relatori di grande prestigio e autorevolezza e sono previste le conclusioni del Presidente del Consiglio di Stato. È con grande piacere quindi che apro i lavori del workshop.

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